Contratto scuola, si parte da 50 euro netti di aumento. I sindacati non si illudono e chiedono subito i soldi per i lavoratori

da OrizzonteScuola

Di Fabrizio De Angelis

Domani, martedì 7 giugno, nuovo incontro all’Aran per il rinnovo del contratto scuola. Se il primo incontro era di carattere generale, quello previsto domani dovrebbe iniziare a trattare il tema delle risorse. Quello più spinoso.

Si tratta di un incontro molto atteso anche perchè è il primo dopo lo sciopero generale del 30 maggio scorso, che rivendicava, fra le altre cose, un rinnovo contrattuale soddisfacente per quanto riguarda gli aumenti.

L’obiettivo prefissato dal Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è di un aumento di 100 euro per ogni docente anche se la cifra reale di partenza è ferma intorno ai 90 euro.

Andando nello specifico, secondo gli ultimi dati, con le risorse a disposizione che ammontano a circa 2 miliardi, si punta a riconoscere al corpo docente, un incremento del 3,8%, cioè circa 90 euro lordi, dunque 50-55 euro netti in busta paga.

Con le risorse per gli arretrati ancora da quantificare, verrebbe ricompreso nell’aumento il cosiddetto elemento perequativo da 11,50 euro medi previsto dal precedente CCNL 2016-2018. In quel caso erano stati garantiti ai docenti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (da 80,40 euro minimi a 110 massimi, in base ad anzianità e grado di scuola).

Alle risorse finora esposte bisogna aggiungere il taglio cuneo fiscale e i 200 euro decisi dal governo contro l’aumento dei prezzi, previsti nel mese di luglio.

Per il personale Ata, invece, le risorse aggiuntive sono previste dalla manovra 2022, legate alla revisione dei sistemi di classificazione: fino a un massimo dello 0,55 (secondo primissimi calcoli sindacali si tratterebbe di 10-12 euro aggiuntivi)

E’ vero che il Governo considera i 90 euro lordi una base di partenza ma è altrettanto vero che non bisogna aspettarsi cifre tanto lontane da questa per il rinnovo del CCNL. E questo i sindacati lo sanno bene.

Pino Turi, segretario generale Uil Scuola, alla vigilia del nuovo round all’Aran ha detto: “Gli stipendi della scuola non coprono nemmeno l’inflazione, arrivata per cause veramente non prevedibili (pandemia e guerra) al 7%“.

Secondo il sindacalista, bisogna “dare subito i soldi ai lavoratori della scuola che sono in credito con il loro datore di lavoro (Stato) per averli già maturati nel corso di un triennio già scaduto (2019/2021)“.

Non distante il pensiero di Marcello Pacifico, presidente Anief: “L’Istat ci ha detto di un incremento nell’ultimo anno del 6% dell’aumento del costo della vita. Diamo al personale statale immediatamente un po’ di ‘ossigeno’. Sappiamo bene che si tratta di cifre ben al di sotto di quelle attese, appena un centinaio di euro lordi medi a dipendente, più 2-3mila euro di arretrati, ma intanto è meglio farglieli avere, piuttosto che attendere nuove risorse, che comunque non andranno ad influire sul periodo 2019/2022”.

A giudicare da queste posizioni, l’obiettivo sindacale sembrerebbe quello di chiudere al più presto questo contratto con le (poche) risorse a disposizione e subito dopo guardare al prossimo CCNL, con la speranza che possa avere migliori risultati.

D’altronde, anche prima dello sciopero, in un comunicato congiunto, le organizzazioni sindacali avevano detto chiaramente, a proposito delle risorse per il contratto: “Quei soldi sono vecchi, stanziati da ben tre leggi di bilancio, riguardano un contratto scaduto da tre anni e cinque mesi; un docente senza anzianità avrà circa 60 euro lordi (50 netti). Inoltre l’atto di indirizzo arriva fuori tempo massimo”.