In Italia l’istruzione conta al 2% e alla politica non interessa

da Tecnica della Scuola

In Italia l’istruzione conta al 2% e alla politica non interessa
di Pasquale Almirante
Nel corso di una ricerca è stato chiesto ai cittadini europei quali fossero i due problemi più importanti per la loro Nazione; in Italia si scopre che solo il 2%, all’ultimo posto per importanza, ritiene che l’istruzione sia un problema prioritario, mentre in Germania è sentito dal 21% della popolazione: al secondo posto per importanza
Per il prof Antonio Cocozza, dell’università Roma Tre, i “risultati del ‘Rapporto sulla sicurezza in Italia e in Europa’ diffusi alla stampa in questi giorni, mettono in evidenza un fenomeno molto preoccupante per le politiche educative e per il ruolo dell’istruzione nel nostro Paese.”
La ricerca è stata diretta da Ilvo Diamanti, sulla base di una serie di domande poste ai cittadini europei tendenti ad individuare i due problemi più importanti che il loro Paese deve affrontare. L’obiettivo è anche quello di elaborare una possibile “Agenda dei cittadini in Italia e in Europa”, anche in funzione della campagna elettorale in corso nel nostro Paese, all’interno della quale però, come è facile individuare nei lunghi e tortuosi dibattiti televisivi, le questioni legati all’istruzione e alla scuola sono assolutamente marginali o addirittura ignorati.
In questa Agenda politica ideale, dice il prof Cocozza, “in generale, l’economia si conferma in testa alla lista delle emergenze indicate dalla maggioranza dei cittadini italiani ed europei. Il dato che più colpisce riguarda il fatto che in Italia i primi tre posti sono occupati da fenomeni di carattere economico: la disoccupazione (49%), la situazione economica generale (42%) e la crescita dell’inflazione (28%).”
Se però “confrontiamo questi dati con quelli della Germania, si scopre che la preoccupazione per la disoccupazione (17%) si colloca solo al terzo posto, mentre al primo posto (30%) troviamo l’attenzione per la crescita dell’inflazione e al secondo posto (21%) l’adeguamento dell’istruzione.”
“Dal punto di vista strutturale la differenza con i dati della situazione italiana è notevole, ma quello che più inquieta è che la distanza culturale è abissale, poiché solo il 2% dei cittadini italiani (ultima priorità indicata, insieme al pericolo del terrorismo, tra quelle previste) ritiene che l’istruzione sia un problema importante da affrontare.”
In altre parole, dall’esame di questi dati, risulta una differenza abissale fra le emergenze individuate dai tedeschi per migliorare la loro nazione e quelle messe al primo punto dagli italiani per i quali l’istruzione sarebbe assolutamente marginale, all’ultimo posto, per consentire al paese di migliorarsi e crescere, ma che per i tedeschi sale addirittura in posizione centrale, al secondo posto fra le priorità.
E Cocozza aggiunge: “Per superare definitivamente la crisi, i cittadini tedeschi ritengono che sia necessario ripensare al peso e al ruolo dell’istruzione.”
Assolutamente condivisibile dunque la sua considerazione: “Un dato negativamente significativo che dovrebbe far riflettere i partiti e le forze politiche che sono impegnati nella campagna elettorale e spingerli ad assumere impegni tesi a mettere davvero al centro delle politiche per lo sviluppo sociale, economico e civile del Paese il rilancio del ruolo della scuola autonoma, responsabile e aperta al dialogo, dell’università e della ricerca, attraverso lo stanziamento di adeguate risorse e cospicui investimenti per migliorare i risultati complessivi.”
“Si tratta di una ricetta finalizzata ad uscire positivamente dalla difficile crisi globale non solo con politiche di austerity e di rigore monetario, ma attraverso investimenti volti a migliorare e a rilanciare la propria capacità competitiva, l’adeguamento della qualità delle competenze, il potenziamento della ricerca e una maggiore diffusione dell’innovazione produttiva, tecnologica ed organizzativa.”
Ora al di là del fatto che una competizione politica è anche incentrata su due differenti, ma anche di più, visioni del mondo, per cui potrebbe essere anche vero che “con la cultura non si mangia”, appare credibile suggerire a chi pensa che la cultura possa dare invece crescita e benessere, sfamando anche chi di cultura non vive, di spostare il focus dei dibattiti e gli interventi degli interlocutori politici, sempre all’inseguimento di propagandistiche Imu e tasse, anche, e forse soprattutto, sui versanti dell’istruzione e della cultura, dell’università e della scuola.
E il prof Cocozza conclude: “È necessario, dunque, che i partiti e le forze politiche italiane prestino maggiore attenzione al ruolo strutturale che svolgono la cultura e l’innovazione a favore della crescita e dello sviluppo, poiché i dati che arrivano dalla Germania dimostrano che: “non è vero che con la cultura non si mangia”.