C. Lucarelli, Léon

Lucarelli ancora riuscito

di Antonio Stanca

   Con la riedizione di Léon, un romanzo che Carlo Lucarelli pubblicò l’anno scorso, è iniziata la serie “Essenza Noir” promossa dal Gruppo GEDI. Saranno pubblicazioni settimanali e riguarderanno opere tra le più note del genere noir. Léon è stata la prima e tra le più riuscite può essere considerata.

   Lucarelli è nato a Parma nel 1960 ed ha esordito nella narrativa intorno agli anni ’90. Aveva trent’anni e subito sarebbe diventato famoso anche perché versioni cinematografiche e televisive avrebbero avuto primi romanzi quali Carta bianca (1990)e Almost blue (1997). Al genere noir sarebbero appartenuti e in quello lo scrittore avrebbe continuato fino ai giorni nostri. Non sarebbe stata solo questa la sua attività ché saggista, regista, sceneggiatore, conduttore televisivo sarebbe pure stato. E anche giornalista. Insegna, inoltre, Scrittura Creativa presso la Scuola Holden di Torino. Ha sessantadue anni e molto ha fatto e ancora fa Lucarelli. In molte lingue sono tradotte le sue opere, in televisione sono note le serie dedicate al Commissario De Luca e all’Ispettore Coliandro, suoi personaggi. Sempre, ovunque è presente Lucarelli: all’inclinazione per la scrittura narrativa unisce l’impegno intellettuale, il proposito di operare, incidere nel sociale, sensibilizzare, muovere l’opinione pubblica, richiamarla, formarla, renderla capace di scegliere, stabilire, ottenere. E’ soprattutto nel suo giornalismo, nelle sue operazioni in televisione che emergono questi intenti, questo spirito didattico, questa volontà di migliorare la società, la vita.

    A ben guardare anche nei romanzi, nei noir, si può cogliere una simile intenzione. Qui è volta a mettere ordine, a fare pulizia, a preparare per una vita, un mondo migliore. Le forze di polizia e in particolare chi le comanda, gli ufficiali, i magistrati, i commissari, gli ispettori, sembrano tutti presi dal desiderio di eliminare il male, punirlo, toglierlo dal contesto affinché si possa stare meglio. Il criminale, anche il più crudele, finisce sempre per soccombere, per liberare il campo dal guasto, dal pericolo, dalla paura che rappresenta. E l’ispettore, il commissario che più si era distinto nella sua cattura non era solo un bravo poliziotto ma anche un salvatore, un benefattore. La sua azione positiva andava estesa all’ambiente, al contesto dove era avvenuta. Così sarà per quella Grazia Negro, che faceva parte della polizia di Bologna e che i più pericolosi criminali aveva arrestato. “Una cacciatrice di mostri” era stata ed anche in Léon lo sarà. La prima volta era comparsa in Almost blue nel 1997 e poi, con una presenza più volte ripetuta, era diventata uno dei personaggi celebri di Lucarelli.

   In Léon prenderà maggiore evidenza poiché le sarà richiesto d’intervenire nonostante sia diventata madre da poco tempo. Aveva avuto un cesareo, erano nate due bambine e le si chiedeva di collaborare poiché evaso era l’Iguana, lo spietato assassino che anni prima aveva catturato. Accetterà nonostante risenta ancora delle conseguenze del parto e non sappia staccarsi dalle neonate. Più difficile della prima volta si rivelerà questa “caccia all’uomo”, molte complicazioni presenterà, si creerà confusione, le forze dell’ordine, i loro capi avranno momenti di smarrimento ma sarà di nuovo lei, la Grazia, a non perdersi, a intuire, riflettere, scoprire. Stavolta non era più l’Iguana ad uccidere ma un’umile, modesta infermiera, Marta, diventata sua amica nella “casa sorvegliata” dove era stato mandato dopo il carcere. Ad un corpo a corpo arriveranno Grazia e Marta, cruenta, orribile sarà la scena finale dell’opera anche perché avvenuta nella stanza delle piccole figlie. Ancora una volta, però, malvagità e ferocia saranno punite e Grazia tornerà ad essere quello che voleva il suo autore, un esempio di amore per la vita, per il bene, per la pace.

     Più articolata delle altre è la trama del romanzo. Intricata, contorta la si potrebbe dire perché tante sono le rivelazioni, le scoperte, le novità alle quali fa assistere. Questo non lo ha reso difficile, non lo ha appesantito ché sempre scorrevole è rimasta la lingua del Lucarelli, sempre capace, grazie anche ad una certa comicità, di coinvolgere il lettore.