Alternanza scuola-lavoro

Alternanza scuola-lavoro: dispersione di talenti e vittime

di Gabriele Boselli

La cronaca mette in evidenza i lutti provocati dall’alternanza ma non considera gli incidenti minori e le invalidità conseguenti. Ignora poi completamente la dispersione del potenziale scientifico e di creatività di cui i docenti e gli studenti in diverse condizioni potrebbero far dono alle aziende, ricevendone in cambio la lezione del reale.

1. Dispersione del potenziale scientifico

Le aziende che vanno meglio sono quelle che hanno capacità innovativa e questa viene eminentemente dalla partecipazione al progresso scientifico.
Come sempre le indicazioni ministeriali tentano di fissare dettagliati obiettivi ma nulla dicono del fine, risultando così vane su entrambi i fronti. Il fine dell’ alternanza scuola-lavoro potrebbe essere da un lato quello di dare ai ragazzi, in condizione di sicurezza fisica e psichica, realismo e profondità alla visione e insegnare a muoversi nel mondo con buone probabilità di successo. L’alternanza è particolarmente valida per dar spazio ai ragazzi che hanno desiderio di avventurarsi nel conoscere, d’imparare, di trovare, nel nuovo mondo che loro si apre, un lavoro che non sia solo vendita del proprio tempo di vita. Servirebbe una solida cultura tecnica, forte propensione alla fatica, un sapere esperto disponibile a mettersi i gioco anche attraverso la dura esperienza aziendale.
In fabbrica dovrebbero andare anche i docenti, per mettere alla prova del reale il loro potenziale teorico e teoretico. Lo stabilire connessioni con le imprese è infatti utile per entrambi i mondi: l’azienda insegna ai giovani a sostenere in cambio di poco la fatica, la precarietà e il rischio. Potrebbe consentire alle aziende di apprendere da studenti e docenti i fondamenti scientifici di quelle innovazioni tecnologiche che continuamente rivoluzionano il mondo della produzione di beni, materiali e immateriali.

2. Dispersione di vite

La cattiva applicazione del concetto in sé condivisibile dell’alternanza scuola-lavoro condanna a morte solo quest’anno tre giovani vite: ragazzi che svolgevano lavori teoricamente destinati ai lavoratori normalmente assunti e operanti in condizioni di non-sicurezza. Tre sono morti, ma molti altri sono rimasti probabilmente colpiti e altri ancora resi permanentemente invalidi senza che i media se ne occupassero. Le aziende sono a corto di manodopera e troppe ricorrono a qualsiasi mezzo per ottenerne, presumibilmente pagando in nero gli studenti.
Lavorare in modo non sicuro è purtroppo quel che accade per gran parte dei lavoratori ordinari ma nel caso degli studenti, spesso minorenni, la cosa è particolarmente grave sul piano giuridico, morale e pedagogico. Le norme per la sicurezza esistono ma molte aziende. sospinte dalla necessità di rispettare i tempi e le condizioni di profittevolezza e consapevoli della prospettiva di impunità, le ignorano. Il controllo da parte delle scuole e del ministero del lavoro è pressochè inesistente: gli ispettori del lavoro sono pochissimi e quelli dell’istruzione pressochè estinti. I gruppetti di “esperti” sindacal-confindustriali che da vent’anni governano di fatto il Ministero dell’istruzione in perfetta indipendenza dai ministri di turno hanno infatti sabotato ogni tentativo di ricostruzione di un corpus ispettivo composto di uomini di scuola di alta preparazione culturale e scientifica che promovessero lo stato delle scienze e controllassero la qualità del servizio scolastico.
La strage è favorita anche da una ideologia politica che insegna come “lacci e lacciuoli” possano e debbano elusi in nome del profitto aziendale.

Conclusione

Nel complesso l’esperienza scuola-lavoro può considerarsi positiva. Ma il rapporto scuola-lavoro soffre di una normativa di sicurezza buona ma sostanzialmente elusa e di una normativa didattica senza spessore culturale che non coinvolge i docenti nel comunicare il potenziale scientifico di cui sono detentori. Così com’è attualmente regolamentato e applicato, l’insieme non giova né a studenti e docenti, né alla dirigenza tecnica delle aziende né ai lavoratori ordinari. La tecnologia aziendale potrebbe essere illuminata dalla scienza di chi insegna nelle scuole ma rarissimamente questo accade. Per converso la scienza dei docenti non viene sollecitata a progredire dal confronto con i profili del reale che la fabbrica potrebbe offrire.