Rotazione degli incarichi dirigenziali

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Il giudice del lavoro dichiara l’illegittimità dell’automatica rotazione degli incarichi dirigenziali

Francesco G. Nuzzaci

Con sentenza emessa il 14 settembre u.s. il giudice del lavoro di Lecce ha accolto le doglianze di una ricorrente dirigente scolastica, statuendo il suo diritto a permanere nella stessa sede senza limiti di tempo, contrariamente a quanto disposto dall’USR della Puglia che aveva applicato in modo automatico la normativa c.d. anticorruzione ex legge 190/2012.

Ha quindi sposato in pieno la ragionata posizione che DIRIGENTISCUOLA, sindacato rappresentativo della dirigenza scolastica, aveva, inutilmente, espresso sia in sede di confronto ministeriale – di fornire in materia agli UU.SS.RR. indicazioni omogenee e cogenti per evitare che gli stessi continuassero a procedere in modo ondivago e creativo – sia nella susseguente informativa in sede locale. Ovvero che:

  1. la rotazione degli incarichi non è affatto un generale principio dell’ordinamento, in quanto la vigente versione dell’articolo 19 del D. Lgs. 165/2001 (e conformemente l’articolo 12 del CCNL 2016-2018) dice che “gli incarichi sono rinnovabili”, senza introdurre alcun limite temporale e senza citare alcuna rotazione; che d’altronde a suo tempo la c.d. legge Frattini 145/2002, sul riordino della dirigenza statale e come precisato nella successiva circolare esplicativa del 10.09.2002, ne escludeva l’applicazione ai dirigenti scolastici, “atteso il particolare meccanismo di reclutamento, la disciplina specifica che li riguarda, l’applicabilità solo parziale dell’articolo 19 ss, nonché i contenuti e le specificità della funzione”;
  2. la legge 190/2012, art. 1, commi 5 e 10, prescrive la rotazione o le previste alternative (e non solo per i dirigenti, bensì per tutti i pubblici dipendenti) negli ambiti in cui “è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione”. E l’ANAC (nell’Allegato 2, PNA 2019, in www.anticorruzione.it) puntualizza che nell’attuazione della misura ogni amministrazione deve prima aver chiarito nel proprio PTPCT i criteri posti alla base di un programma predeterminato per evitare che la rotazione “possa essere intesa o effettivamente utilizzata in maniera non funzionale alle esigenze di prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione” (p. 6).  Epoi, e soprattutto, a conferma che i provvedimenti devono essere discreti e non tradursi in meri automatismi, ha rimarcato che vanno pur sempre adottati “dopo che sono state individuate le aree a rischio corruzione e al loro interno gli uffici maggiormente esposti a fenomeni corruttivi” (p. 4). Sicché “la rotazione deve essere calibrata in relazione alle caratteristiche peculiari di ogni struttura … (per cui) … dovranno essere considerati, innanzitutto, gli uffici più esposti al rischio di corruzione, per poi considerare gli uffici con un livello di esposizione al rischio più basso” (ivi);
  3. la stessa ANAC definisce le istituzioni scolastiche a basso rischio corruttivo (Delibera 430/2016). Per cui, nel caso che si volesse dar luogo all’applicazione della normativa anticorruzione, addirittura in misura generalizzata e/o indistinta, si dovrebbero allegare evidenze tali da far ritenere che tutte le istituzioni scolastiche della regione (o di più regioni o dell’intero Paese) sono a elevato rischio di corruzione! Ovvero, il che è lo stesso, tutte potenzialmente interessate alla “prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione”.

Il giudice ha quindi ordinato all’Amministrazione di riassegnare alla vittoriosa ricorrente la precedente sede.