Una nuova tappa sull’inclusione scolastica: la legge 107/2015 sulla “Buona scuola” e il decreto attuativo n. 66

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da OrizzonteScuola

Di Tony Caronna

Nell’aprile del 2017 il Governo ha approvato in via definitiva gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla legge 107/2015 e in particolare il decreto legislativo n.66 che include le “norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione a norma della art. 1 commi 180 e 181 lettera c) della legge 13 luglio 2015 n. 107”.

In tale Decreto viene ribadito con forza che l’inclusione scolastica:

a) riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno, nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità vita.

b) si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisone del progetto individuale fra scuola, famiglia e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio.

Le disposizioni del decreto riguardano gli studenti con disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 della legge 104/1992 che individua i soggetti di diritto e definisce la situazione di handicap grave: “quale la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”. Per tali alunni viene elaborato, sulla base della diagnosi certificata dall’ASP un PEI (piano per l’inclusione educativa) dai docenti della classe con la compartecipazione dei genitori e delle professionalità specifiche interne ed esterne della scuola. Il piano per l’inclusione è predisposto da ciascuna istituzione scolastica e, all’interno del PTOF, definisce le modalità per l’utilizzo coordinato dalle risorse anche ai fini del miglioramento degli interventi nei limiti delle risorse umane, strumentali, finanziarie disponibili.
In seguito a ciò il MIUR al fine di fare chiarezza su tale situazione presente in vario modo e con molteplici sfaccettature nella scuola italiana, ha emanato varie indicazioni che affrontano gli importanti temi dell’inclusione e dei BES a scuola, raccogliendoli nello spazio per i DSA perché questi casi rientrano nell’inclusione e nei BES e non il contrario.

Ma cosa si intende mettere in atto nell’azione educativo-didattica quando si parla di “inclusione” nella Scuola italiana?

Prima di procedere sul versante normativo si ritiene opportuno, ancora una volta, provare a dare indicazione sul concetto di inclusione che parte da un modello di riferimento in cui la società viene definite, per dirla con le parole di M. Sibilio, come una “comunità umana a misura di bambino in cui il cucciolo d’uomo possa essere al sicuro e vivere meglio”.

Nel caso della scuola si potrà avere una “comunità umana” di apprendimento, dove ci si rispetta, e ci si prende cura gli uni degli altri, tenendo in considerazione principalmente coloro che, se lasciati a loro stessi, sarebbero in difficoltà, solo se si entra nella fattispecie che ogni individuo è diverso e la sua diversità non può e non deve essere omologabile al resto del contesto classe, ma va individuata nel punto di forza specifico, in grado di permettergli il raggiungimento del successo formativo, fondamentale perchè l’azione didattica risulti inclusiva.

L’inclusione, dunque, si può intendere come il tentativo di rispettare le necessità o le esigenze di tutti, progettando ed organizzando gli ambienti di apprendimento e le attività, in modo da permettere a ciascuno di partecipare alla vita di classe e all’approfondimento in maniera più attiva, autonoma, efficace e utile per se stessi e per gli altri. In tal modo la logica è ampliata rispetto all’attuale e prevalente modello di integrazione scolastica. Nell’integrazione, infatti, si fa distinzione tra le persone con disabilità e la persona senza disabilità; nell’inclusione, invece, si considera che siano tutti soggetti coprotagonisti di una azione didattica, ognuno con i propri bisogni, ma con gli stessi diritti di partecipazione e di autonomia.

L’inclusione, così intesa, punta a stimolare il lavoro di ciascun docente nella classe facendo in modo che tutti siano trattati in modo diverso, in base a quelle che sono le proprie necessità, non facendo riferimento ad interessi personali o opinioni che potrebbero avere una spinta egoistica, al fine di costituire un clima di accoglienza utile in un contesto scolastico in cui ciascuno riesca a godere del proprio spazio ed entrare in relazione con l’altro come punto essenziale per una comunicazione emotivo/relazionale e realizzare il proprio successo formativo: obiettivo prioritario dell’azione educativa nella scuola.

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