La Regina di Saba e le donne iraniane

La Regina di Saba e le donne iraniane

di Maria Grazia Carnazzola

1. Insegnamenti delle religioni e tabù sociali.

Il 15 settembre 1995 si svolgeva a Pechino la Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne. Nel suo discorso Benazir Bhutto-  per due volte primo Ministro del Pakistan, uccisa in un attentato nel 2007- ebbe a dire “ Nel distinguere tra gli insegnamenti dell’Islam e i tabù sociali dobbiamo ricordare che l’Islam proibisce le ingiustizie: le ingiustizie verso le persone, verso le nazioni, verso le donne. L’Islam rifiuta la razza, il colore e il genere, assume la pietà come unico criterio per giudicare l’umanità…Il libro sacro dei musulmani riferisce del governo di una donna, la Regina di Sabah. Il libro sacro parla del suo regno e del suo paese come una terra di abbondanza”.   E più avanti “ Le donne sono vittime non solo di abusi fisici ma anche verbali. Spesso gli uomini, presi da rabbia e frustrazione, indulgono in comportamenti incivili e in volgari insulti contro le donne. Sfortunatamente, a volte anche le donne usano linguaggi volgari per denigrare altre donne. Dobbiamo lavorare insieme per cambiare non solo gli atteggiamenti maschili ma quelli di tutti, uomini e donne”. Sono passati quasi trent’anni,  ma questo discorso con poche variazioni potrebbe essere fatto oggi e non solo per le donne del mondo islamico. Una conferenza che trascendeva le questioni politiche ed economiche: trattava questioni morali fondamentali come la necessità di mettere fine ai pregiudizi che negano alle donne il posto a cui hanno diritto nella società, come quello di assumersi la responsabilità di assicurare alle proprie figlie un futuro migliore; di avere  la forza morale  per essere elette, da maschi e da femmine,  come persone, per le loro capacità e solo non in quanto donne: non si è lì perché donna, ma perché brava.

2. La rabbia delle donne iraniane.

Goethe scriveva che “ La libertà va riconquistata ad ogni generazione”. Lo sanno bene le donne iraniane (ma anche quelle afgane o di altri paesi) che dal 16 settembre, dopo la morte di Mahsa Amini protestano contro l’impunità e le pressioni che il regime religioso esercita sulle giovani generazioni. Non è la prima volta che le donne iraniane lo fanno, ma le proteste in  corso sono diverse, ad esempio, da quelle che hanno attraversato il Paese a partire dal 2009 e poi nel 2017. I primi assembramenti di donne  che protestavano vicino all’ospedale dove Mahsa è morta, non sono riconducibili alle difficoltà economiche. In un Paese sommerso dalla povertà, dalla disoccupazione, dalla corruzione, l’uccisione di una donna di 22 anni , arrestata per strada perché non indossava correttamente  l’hijab, picchiata fino a morire, ha segnato il limite.  Le proteste si sono diffuse a Teheran e in altri centri più piccoli in particolare del Kurdistan; a protestare ora non sono solo le donne, ma giovani istruiti, molti nati dopo il 2000, determinati ad andare avanti contro il regime e a lottare per le libertà civili. La polizia continua a picchiare, internet probabilmente sarà oscurata: è uno scenario che conosciamo, l’abbiamo già visto. Nella lotta per la democrazia e per la parità di opportunità non ci può essere neutralità, non ci possono essere silenzi e acquiescenza.  Dante ha posto all’Inferno, e aveva in grande spregio,  coloro che in tempi di crisi morale rimangono neutrali. L’indifferenza non è astrazione, è manifestazione di  disinteresse verso l’altro.

3. Per la trasformazione sociale serve la manutenzione continua dei processi.

 Il cammino verso la parità di genere non riguarda solo la rivendicazione di diritti e di opportunità, ma è la rivendicazione di un nuovo modo di essere e di stare nel mondo, un altro modo di rapportarsi, un nuovo linguaggio che non è solo contrapposizione o rispecchiamento di ideologie, ma ricerca di nuovi paradigmi, di altri immaginari confini, di immaginari altri universi narrativi.  L’accoglienza, e il prendersi cura, atavicamente appartengono alla dimensione femminile, ma la mamma non può esserci nelle prove iniziatiche. Allora che senso ha pensare a buoni e cattivi, colpevoli e innocenti, schierarsi e limitarsi a  urlare. Nessuno è completamente buono o completamente innocente; qualcuno può essere violento, ma qualcun altro deve essere così attento da comprendere e contenere, in un equilibrio di interscambio.

 Vale per gli uomini, per le donne, per i giovani, per gli adulti e per gli anziani. Vale in ogni processo di partecipazione trasformativa che permette a ciascuno di immaginare un progetto esistenziale dentro un percorso condiviso di co-evoluzione sociale di dare-avere, dove c’è spazio per tutti.  Dove il dialogo, diventa strumento, fondamento e necessità di una condivisa visione ecosistemica tra i progetti e le azioni. Ciò che ciascuno di noi fa tocca la vita degli altri e ci riporta alla responsabilità morale delle scelte che compiamo, perché costruire comunità comporta doveri e diritti, obblighi e responsabilità. La ricerca di ciò che è comune tra differenti: maschio/femmina, abile/non abile, bianco/non bianco… attraverso un processo logico che partendo dalla componente biologica, dalle emozioni, dai sentimenti, con la ragione che ti fa comprendere l’altro per metterlo sul tuo piano, può diventare narrazione e quindi cultura che a sua volta si misura sulla capacità di conciliare logica e affettività.  Cambiare idea si può, ma per farlo bisogna avere idee chiare: è il pensiero che , con il linguaggio, ci fa umani. 

4. Cambiare modo di pensare: la responsabilità della scuola.

 Tra apprendimento e identità intercorre una relazione strutturale che rende possibile, anche se non sempre facile, l’avvicinamento alla complessità che connota il mondo contemporaneo. Compito della scuola nei confronti delle nuove generazioni è quello di “educare istruendo”, ciò è possibile solo se si dà un senso all’acquisizione delle conoscenze- procedurali e dichiarative- per la promozione delle competenze che sono necessarie per vivere (Soft Skills for Life, OMS 1993) e non solo per le prove di verifica; questo è il senso della componente di sviluppo affidata dalla Costituzione alla scuola (art.3). Tutte le abilità affettive, sociali, cognitive e metacognitive costituiscono per ciascuno un patrimonio unitariamente funzionale al vivere e all’ orientarsi nel tempo e nello spazio, nelle scelte e nelle esperienze private e sociali, valutando secondo criteri definiti. Criteri – di discriminazione, di giudizio, di scelta- che se appresi nei percorsi scolastici, permettono di valutare i comportamenti, i fatti, i soggetti, le situazioni reali di vita, di riflettere sulla stessa soggettività dei criteri, sulle conseguenze diverse che comporta la scelta dell’uno o dell’altro.  Scegliere da che parte stare  secondo un criterio,  in un litigio tra amici, in una discussione familiare, in una situazione dove c’è un forte e c’è un debole; o  quando sarebbe comodo astenersi come nel caso dei grandi temi che riguardano i diritti sociali- come la parità di genere, la questione dell’aborto o  per altro verso la cancel culture- sono esercizio di pensiero critico e di cittadinanza, possono aiutare  a non cadere nel tranello della contrapposizione tra libertà e sicurezza, tra diritti civili e diritti sociali perché sono interconnessi. Una grande giurista- Lorenza Carlassare recentemente scomparsa-  si chiedeva a che cosa servisse la libertà di espressione e di stampa se poi la gente non ha i soldi e gli strumenti per accedere all’informazione; riflettere sulla complessità è anche questo: vedere le relazioni tra le cose, tra passato e presente, tra vicino e lontano, tra mio e tuo, tra io e tu. Costruire criteri per scegliere autonomamente cosa è bello e cosa non lo è, cosa utile e cosa no, cosa va rivendicato e cosa no diventa fondamentale per non fasi irretire dal canto delle sirene.  Nel mondo complesso e disorientante i criteri esplicitati sono bussole, i propri e quelli degli altri: la scelta postula la valutazione, così come la valutazione postula i criteri; lo sviluppo del pensiero critico, di cui tanto di parla, richiede che si offrano occasioni e situazioni concrete, anche controverse, in cui esercitare questi criteri, facendoli entrare nella pratica didattica quotidiana e non solo nelle parole, in quegli aspetti che più fanno emergere le componenti educative. È il metodo che mette in evidenza il progetto educativo, la gerarchia di valori, la coerenza delle scelte e dei comportamenti, le logiche di progettazione in relazione ai bisogni effettivi che non esistono in astratto ma sono situazioni di vita. I contenuti di insegnamento, le strategie didattiche, le modalità di lavoro, la strutturazione delle attività, le modalità di relazione non ne costituiscono altro che aspetti diversi di continuità di pratiche esercitate in molte situazioni di insegnamento/apprendimento su contenuti disciplinari diversi, in situazioni di realtà diverse.

5. Una Scuola con un progetto.

La conoscenza, il sapere, ha senso solo se ci permette di affrontare e di confrontarci con la realtà qui ed ora, di comprendere quello che ci accade e che stiamo vivendo, sapendo che quello che possiamo apprendere è solo in piccola parte quello che ci servirebbe davvero per orientarci in questo tempo e in questo spazio, fisico, psicologico e sociale. Quello che è certo è che la conoscenza che non distingue tra il necessario e il marginale, che confonde i mezzi con i fini, gli strumenti con i contenuti, diventa mera accumulazione di nozioni, non serve e può generare- come giusta difesa- atteggiamenti di rifiuto e di rigetto. La conoscenza è la forma del sapere che selezioniamo per comprendere il mondo, per orientare il nostro cammino verso il futuro, scegliendo tra il sapere che ci permette di confrontarci con le cose essenziali che ci riguardano, come i sistemi valoriali, le dinamiche relazionali, le forme e le dimensioni culturali. Dobbiamo riconoscere che spesso la società privilegia il sapere accessorio, secondario, spesso legato alla visibilità, al tornaconto, al nuovo e che la Scuola, spesso, segue questa prospettiva. Serve, invece, una conoscenza che costruisca competenze riconducibili all’autoefficacia, alla cittadinanza, che permetta a ciascuno di orientarsi nelle scelte di studio e di lavoro, nelle scelte etiche della propria esistenza che si svolge in questo tempo e in questo spazio, ma che è la rappresentazione significativa di altri tempi e di altri spazi, passati e futuri. Ma sapere cosa? E sapere come? E sapere perché? E cosa significa scegliere criticamente? Se è vero che la scuola deve educare al sapere parziale, proponendo i metodi e i contenuti delle singole discipline, deve farlo intenzionalmente ponendo al centro i problemi del mondo contemporaneo, la loro conoscenza per una equilibrata comprensione. Tutto, prima di essere teoria, è pratica di osservazione delle cose, di sé, degli altri, dei saperi che sono senso comune prima di diventare teoria: in questo senso il pensiero critico altro non è che il diritto di dubitare. Concetti come sviluppo sostenibile e sottosviluppo, diritto alla salute, biotecnologie, differenze di genere, globalizzazione e democrazia, informazione e comunicazione, fondamentalismi e guerre… ci propongono situazioni che ci riguardano, che coinvolgono le nostre esistenze nel quotidiano ponendo problemi reali. Il presente deve essere reso conoscibile senza depurarlo dalle ideologie, dalle passioni e  dagli interessi, attraverso un’informazione corretta che la cultura può aiutare a comprendere. In questo senso vanno anche le indicazioni dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile (Risoluzione dell’Assemblea Generale del 25-9-2015), declinate nei 17 goals e 169 target.

Sarebbe auspicabile che le scuole assumessero questi problemi reali come temi aggreganti, da affrontare con i diversi sguardi disciplinari, per promuovere quelle competenze- disciplinari e trasversali- necessarie ad una vera cittadinanza, alla capacità di prefigurare scenari dove poter vivere anche domani. All’interno delle rituali operazioni di progettazione/programmazione questi focus, accolti nel PTOF, vengono concretizzati nelle programmazioni dei Consigli di classe che li declinano al proprio interno, coordinando e contemperando le possibilità di attuazione definite a livello di dipartimento disciplinare, nella programmazione del Consiglio di classe- contestualizzata sul gruppo di apprendimento- indicando contenuti, metodi, modalità di verifica/valutazione… Poniamo che un Consiglio di classe abbia scelto come focus LE DONNE E GLI UOMINI NELLE REALTA’ DEL NOSTRO TEMPO, che viene articolato in nuclei di possibili approfondimenti.  

            LE DONNE E GLI UOMINI NELLE REALTA’ DEL NOSTRO TEMPO– Donne e uomini: identità di genere, stereotipi di genere
– La rappresentazione sociale delle differenze di genere nella cultura, nei luoghi e nel tempo
– Sviluppo dei diritti umani e dei diritti sociali: le logiche in gioco
– La biologia e la diversificazione dei ruoli
– Maschile e femminile/ uomo e donna
– La     parità giuridica,     l’uguaglianza        delle opportunità sociali         e        professionali,          della rappresentanza politica, della distribuzione dei carichi di lavoro, del riconoscimento
– Il protagonismo femminile nella sfera pubblica e in quella privata
– La donna e… le altre
– Donne, istruzione, progresso
– Progresso: crescita o sviluppo?
– Donne e uomini: emigrazione di opportunità, emigrazione di necessità
– …………………..

Ogni docente, in relazione al corso di studi e alla specificità della propria disciplina, al curricolo di scuola costruito sui documenti programmatici nazionali -Linee Guida o Indicazioni- alla classe di corso, alla programmazione di dipartimento, alle scelte del Consiglio di classe sugli obiettivi trasversali, individuerà uno o più step- in cui è stato declinato il focus-  per delineare la programmazione annuale, o relativa ad altro periodo, curando la scelta dei contenuti, la condivisione degli obiettivi trasversali, delle metodologie didattiche, degli oggetti di accertamento che potranno essere di disciplina, di asse, di competenza di cittadinanza. Le scienze, le discipline che sono chiavi di lettura della realtà, servono così veramente per riflettere sui problemi reali che la vita pone quotidianamente anche agli studenti, ciascuna con i propri strumenti e con i propri metodi.  Ogni insegnamento disciplinare adotta la realtà come  oggetto di studio e messa alla prova di quanto insegnato/appreso, integrando i saperi con quelli di altre discipline  in una logica multi-interdisciplinare che permette sia la messa a fuoco   delle differenze metodologiche, epistemologiche, tecniche tra le diverse discipline e sul loro funzionamento (multidisciplinarità), sia la necessità dell’approccio interdisciplinare per la soluzione dei problemi della vita reale, legati sempre a una postura transdisciplinare. L’esistenza richiede visioni pragmatiche perché vivere non è teoria, è azione dove  i valori costituiscono le verità. Se il cibo- ad esempio- è concepito come bene comune, come diritto di ciascuno a nutrirsi a sufficienza o, al contrario è visto come merce, i comportamenti e le azioni saranno conseguenti: la verità è un transito direbbe il filosofo C. Sini. Ogni identità è per definizione diversità e pluralità, guardare “l’altro”  con rispetto e attenzione è fondamentale ed è il primo passo. Ricordando, però anche , che le ragazze e i ragazzi che vengono da altri Paesi  possono sentirsi disorientati e  in difficoltà  per il modo con cui la nostra cultura presenta  problemi che forse per loro non sono ancora tali. Un modo nuovo di intendere la Scuola può fare la differenza e ridare vigore e senso all’azione umana. La Scuola è il luogo centrale di istruzione-formazione-educazione, dello sviluppo dell’individuo- in tutte le dimensioni- dove attraverso lo studio e il dialogo si rende effettiva la cittadinanza scolastica, modello di una cittadinanza più ampia: imparare ad accogliere ciò che accade e a percepire la complessità dell’esperienza nella simultaneità di urgenze e di tendenze diventa centrale.

6. Conclusioni.

J.Dewey pensava che “…per cambiare un sistema sociale occorre cambiare anche il modo di proporre il cambiamento”; la scuola può diventare effettivamente il volano per ricomporre e risignificare gli accadimenti sociali- vicini e lontani- del presente.  Cercare il senso di ciò che accade può consentire di comprendere la nostra umanità condivisa, continuando a esplorare la vita in avanti, cercando di mapparne le traiettorie, collegandola con ciò che è stato e dietro di noi, per comprendere perché le cose accadono e non solo per interpretarla in termini probabilistici come indica H. Nowotny. Quali grandi temi etici stanno dietro ai dibattiti, a volte malamente condotti con effetti tragici sugli individui e sulla società? Sono domande che l’umanità si pone solo da oggi? Poiché i “dati” sono sempre “presi”, non ci serve solo un’interpretazione quantitativa, ma una visione che affronti i cambiamenti qualitativi nel loro aspetto di possibilità e di irrevocabilità: nascita, sviluppo, crescita, declino, perdita del lavoro, malattia, guerra, morte, il collasso economico ed ecologico, le discriminazioni.  Sul tema dell’emancipazione delle donne, di tutte le donne, non ci può essere neutralità. La democrazia e la libertà di scegliere, da sole non garantiscono la giustizia e gli uguali diritti, non coincidono con la libertà politica perché la giustizia  postula libertà personale, uguaglianza e libertà dal bisogno. I giovani saranno gli agenti principali di un nuovo modo di pensare e di agire, per questo occorre partire da come loro intendono l’impegno civile e sociale e con loro ragionare per costruire percorsi di significato e di senso che non si limitino alle logiche ingannevoli e fuorvianti dell’aggiungere, per dirla con Legrenzi.

Ci sono due ordini di urgenze da affrontare nel campo dell’educazione: ridefinire le priorità dell’azione della scuola (contenutistiche e di funzione) e la sua qualità di istituzione, agendo sia sugli ordinamenti sia sui curricoli (Linee Guida o Indicazioni Nazionali). Considerando i curricoli dipendenti e influenzati dalle condizioni culturali esterne e considerando l’esperienza stessa della scuola, per certi aspetti, strutturalmente inefficiente rispetto alla totalità delle richieste, occorre confidare sulla natura intrinsecamente collettiva della conoscenza (Sloman,2018) e sul necessario superamento della logica “additiva” del sapere, curando che dietro le parole ci siano le cose e i fatti e non solo altre parole.  

Tornando al discorso di Benazir Bhutto, non è da sottacere la sottolineatura sull’attacco che donne fanno ad altre donne con espressioni volgari: nel corso della campagna elettorale appena terminata, ne abbiamo avuto numerosi esempi e continuiamo ad averne.  Mi chiedo dove sia finita quella solidarietà femminile, quel senso di appartenenza  e di condivisione di cui parla Pinkola-Estés nel libro “Donne che corrono coi lupi”, o le riflessioni di R. Rossanda sul suo” “io politico” e le sue posizioni sul sapere del corpo.  Anche su questo bisognerebbe fare una riflessione. È vero, come diceva spesso Martin Lutero, che i ragli degli asini non salgono al cielo, ma disturbano, danno fastidio e possono disorientare chi non ha ancora tutti gli strumenti per valutare.   Sarebbe un utile esercizio per tutti quello di rileggere “Allegro ma non troppo” di Carlo M. Cipolla e la sua teoria generale della stupidità umana! 

RIFERIMENTI

  • Bandura A., (2012), Adolescenti e autoefficacia, Erickson Edizioni.
  • Bandura A.,(2017), Disimpegno morale, Erickson Edizioni.
  • Bauman Z., (2022), A tutto campo, Laterza Ed.
  • Bhutto B., Brundtland G.H.,(1995), Il Pianeta a misura di donna, Manifestolibri, Roma.
  • Cipolla C.M., (1993) Allegro ma non troppo,Il Mulino.
  • Chomsky N., Moro A.,(2022), I segreti delle parole, La nave di Teseo.
  • Damasio A., (2022), Sentire e conoscere, Adelphi Edizioni.
  • Dewey J., (1913), Il mio credo pedagogico, Adelphi.
  • Legrenzi P., (2022), Quando meno diventa più, Raffaello Cortina Editore.
  • Morin E., (2015), Insegnare a vivere- manifesto per cambiare l’educazione, Raffaello Cortina.
  • Morin E., (2020), Cambiamo strada, Raffaello Cortina.
  • Nowotny H., (2022), Le macchine di Dio- gli algoritmi predittivi e l’illusione del controllo, Luiss University Press.
  • Paci E., (2022), Funzione delle scienze e significato dell’uomo, RCS-a cura di Carlo Sini.
  • Pinkola Estés C.,(2009) Donne che corrono coi lupi, Frassinelli Milano.
  • Rossanda R., (2018), Questo corpo che mi abita, Bollati Boringhieri.
  • Sini C., (2012), Transito verità-vol.V-Figure dell’enciclopedia filosofica, Jaca Book.
  • Sloman S. Fernbach P., (2018), L’illusione della conoscenza, Raffaello Cortina Editore.