I segni dell’insegnamento

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I segni dell’insegnamento

di Margherita Marzario

Si parla tanto degli insegnanti, di regole per il reclutamento, di necessità di formazione e tanto altro ma si perde di vista cosa sia veramente l’insegnamento. 

L’insegnamento è mediazione. “[…] insegnare significa farsi mediatori di conoscenza. Fine e mezzo dell’insegnamento sono la chiarezza delle idee e la verità dei concetti e dei giudizi. […] la scuola diretta in modo appropriato compie un’opera di formazione sociale che rende l’uomo idoneo a qualsiasi comunità. Sviluppa abilità e senso civico, prontezza nell’ordinare e nel subordinare, che daranno buoni risultati sia in famiglia sia nella vita pubblica” (la filosofa Edith Stein nelle sue conferenze). “Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro” (principio n. 1 del Capo 1 del Pilastro europeo dei diritti sociali, 2017).

L’insegnamento è mestiere (dal latino “ministerium”, servizio, funzione). “[…] il mestiere dell’insegnante. Una sfida continua a tener desta l’attenzione, a coinvolgere, a insegnare nel modo più accattivante possibile. Ma a volte, in particolare in alcune classi, occorrerebbe procedere prima in modo diverso: libri chiusi per qualche ora, spazio ad altri contenuti. Magari a una lezione pratica fuori dall’aula, sulla bellezza del silenzio, su come affrontare le paure che genera in noi, sulla ricchezza che invece può donarci. Gioverebbe molto alla crescita, umana, dei nostri ragazzi” (così l’insegnante Maria Gallelli). L’insegnamento non è un lavoro per mestieranti ma per appassionati e appassionanti, affascinati e affascinanti (e non sono tanti). 

L’insegnamento è arte (che, etimologicamente, deriva dalla radice “ar”, che è la stessa di armonia). “L’arte di insegnare non è altro che l’arte di svegliare la curiosità delle anime giovani per poi soddisfarla, e la curiosità è viva solo nelle anime felici. Le cognizioni fatte entrare per forza nella mente la occludono e la soffocano” (la poesia “S’impara soltanto divertendosi” dello scrittore francese Anatole France). L’insegnamento è una continua scoperta perché si è a contatto con la materia viva, con il magma della vita. La passione, poi, è un ingrediente immancabile e insostituibile perché altrimenti si è solo parole che non lasciano traccia. “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33 comma 1 Cost.). L’insegnamento è arte e scienza, alla libertà e nella libertà. A scuola si dovrebbe, perciò, rivedere e ridimensionare “l’uso” di progetti, schede fotocopiate, schede di verifica, test d’ingresso, accertamento dei prerequisiti e altre pratiche invalse.

“Conta di più mostrare ai bambini / delle aiuole di un orto / che le pagine di un libro / riempire di stupore la fantasia dei ragazzi / con lo stupore di una foglia / e il lento apparire / di un colore sul pomodoro” (il poeta Tonino Guerra nel suo “Manifesto dell’orto”). Stupore e ardore: l’insegnamento è solo un mezzo che consiste nell’offrire tutti i mezzi possibili per la vita ai discenti. “[…] rendere l’istruzione superiore accessibile a tutti sulla base delle capacità con ogni mezzo appropriato; rendere l’informazione educativa e l’orientamento professionale disponibile ed alla portata di tutti i fanciulli” (lettere “c” e “d” dell’art. 28 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

“Quando non si sa insegnare, l’altro può essere offeso dall’insegnamento, non si sente amato da chi lo ammaestra, o perlomeno quello che gli s’insegna non lo salva, non lo aiuta. La cosa giusta può essere detta nel momento sbagliato o senza cura adeguata dell’esito, ossia senza verifica se l’altro è stato messo in condizione di capire. Queste mancanze aprono la strada ad insegnamenti virtuali – mediatici – impropri, che sono però in realtà solo informazione non formazione, ove, ovviamente, informare non vuol dire automaticamente educare. Dobbiamo prendere atto che non è facile compiere quest’opera, il grave rischio, da quanto stiamo vedendo, è far del male, una persona può essere distrutta da un insegnamento distorto” (don Fabio Rosini). L’insegnamento-apprendimento è una relazione interpersonale, di cambiamento intrapersonale. “[…] l’educazione del fanciullo deve tendere a promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità” (art. 29 lettera a Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

“I consigli che darei sono quelli che do a tutti i miei studenti e a cui credo che pochi pensino: fare di più dei compiti che ricevono a scuola, essere buoni autodidatti, essere sempre curiosi su tutto, capire il mondo in cui vivono, valutare bene se questo è proprio il percorso che vogliono intraprendere. Per avere successo in qualsiasi campo, ma soprattutto nei campi creativi, devi impegnarti seriamente” (cit.). Insegnare è trasmettere la materia della vita o, ancor di più, mettere mano nella materia della vita, per cui non sarebbe necessario parlare di materie o discipline. Insegnare è anche introiettare le emozioni delle vite esordienti, perché l’insegnamento non è mai unilaterale. Non si impara solo divertendosi ma si insegna anche divertendosi.

“Il maestro non solo conduce lungo strade che non si conoscono affatto, ma, soprattutto, come ci indica il gesto di Socrate, muove il desiderio del viaggio. In questo senso la lezione è un incontro che rompe la realtà uguale a se stessa dell’automaton [automa o automata] istituzionale. È ancora oggi quello a cui personalmente punto ogniqualvolta mi trovo in un’aula: tenere sveglio chi mi ascolta, impedire che la sua testa cada comatosa sul banco, forzare la tendenza al sonno, provocare risvegli, far sentire la forza della parola” (lo psicoanalista Massimo Recalcati). Insegnare non è proferire parole, trasmettere cultura ma avere cura (parola che è contenuta in “cultura”) anche delle parole, di ogni parola. Le parole hanno un’alta potenza e usarle è un potere come lo è l’insegnamento perché si incide sulle vite. 

Insegnamento: “Invece della vocazione si parla di professione, spogliando questa parola dal suo senso originario, rendendola equivalente a «occupazione» o al semplice lavorare per guadagnarsi da vivere” (la filosofa spagnola Maria Zambrano). L’insegnamento non è un lavoro qualsiasi, è un lavoro speciale, è educazione al lavoro, educazione di tutti i lavori.

Per l’insegnamento e ancor di più per quello di sostegno ci vogliono impegno, contegno e atteggiamento degno (tra cui studio e aggiornamento che siano tali). Non è né questione di titolo né di anzianità di servizio né di graduatorie né di altro che non riguardi gli alunni.

L’insegnante non può permettersi di essere come la maggioranza (ragionare per luoghi comuni, seguire mode e modelli, parlare in gergo…) ma deve essere fuori dal gregge perché è come se fosse, metaforicamente, il pastore o il cane da guardia. L’insegnamento deve essere una scelta “con-sapevole” (e non di ripiego o un’alternativa) seguita da un percorso di formazione crescente, coerente e continua basata non solo su titoli, corsi di aggiornamento e punteggi.

Insegnamento: accompagnare bambini e ragazzi lungo le fasi del processo di apprendimento per far acquisire e maturare gli strumenti necessari per la vita (quali ascoltare, affrontare, associare, accettare, applicare, argomentare…) rispettando il protagonismo degli stessi verso la conquista del conoscere e comprendere. Nell’art. 33 della Costituzione si parla di insegnamento (e non di insegnanti) e nell’art. 34 si parla di scuola,perché ciò che conta sono la “funzione” e l’“istituzione”. 

L’insegnante può essere considerato come un contadino, perché l’agricoltura (soprattutto quella di una volta) richiedeva le stesse qualità dell’insegnamento, tra cui pazienza, cura, tempo, scelte mirate. E premiare, riconoscere il lavoro degli insegnanti è possibile nella quotidianità portando loro rispetto e riconoscimento del lavoro complesso e non comune senza generalizzare i casi isolati di maltrattamento o di insegnamento non sempre idoneo e senza lamentarsi delle assemblee sindacali e delle vacanze estive.

“Insegnare”, dal latino “in” e “signare”: entrare nel cuore degli alunni è il massimo dell’insegnamento ed è quello che rimane anche quando si perde la memoria di volti e nomi.

Insegnare: segnare, disegnare, assegnare, consegnare la vita e le vite. Nella realtà, però, questo è sempre più ignorato ed ostacolato, dal Ministero ai singoli genitori, ma anche da una mancata attitudine di taluni che operano nel settore.

L’insegnamento non è (o non solo) trasmissione di consegne ma lascito di segni.