S. Moro, Ho visto l’abisso

Moro, una lezione di vita

di Antonio Stanca

   Simone Moro è nato a Bergamo nel 1967, ha cinquantacinque anni e molto ha fatto come alpinista, aviatore e scrittore. Recentemente per conto di GEDI, nella serie “Avventure in alta quota”, è stata ristampata una sua opera del 2020, Ho visto l’abisso. Leggendola si ha la possibilità di conoscere tutta la vita del Moro, dall’infanzia all’adolescenza, all’età adulta, da quando era uno dei fratelli della sua famiglia ad ora che è padre di due figli, da quando ha lasciato la scuola per arrampicarsi sui monti intorno alla sua città a quando è andato oltre l’Italia, oltre l’Europa, è diventato un alpinista himalayano, autore di imprese uniche, riconosciute, premiate. Nel 1992 era iniziata questa sua esperienza, aveva venticinque anni, aveva compiuto numerose salite comprese quelle sulle Dolomiti, aveva svolto il servizio militare dove era stato ufficiale degli Alpini. Poi fuori d’Europa compirà più di trenta imprese alpinistiche, scalerà otto, quattro d’inverno, delle quattordici montagne alte ottomila metri, raggiungerà quattro volte la cima dell’Everest. Molte altre salite farà, da solo o con altri, in Asia e in America, generalmente d’inverno quando è più difficile, più pericoloso. Anche concatenamenti farà, si muoverà tra monti diversi nella stessa scalata, li percorrerà. Estenuanti saranno gli allenamenti ai quali si sottoporrà per ottenere simili risultati.

    Presterà pure molti soccorsi, salverà molte persone rischiando la vita. Lo ha fatto da alpinista e da aviatore, da solo e con l’elicottero. Era diventato pilota nel 2009 e si era specializzato nel soccorso alpino compiendo imprese tra le più eroiche. Ha creato una scuola di pilotaggio in America e una squadra di elisoccorso in Nepal. Molti premi ha ricevuto per le imprese alpinistiche e le opere di soccorso. Internazionale è diventata la sua fama.

   Ha scritto pure dei libri, ha cominciato nel 2003 quando si è laureato in Scienze Motorie all’Università di Bergamo. Di alcune delle sue scalate ha scritto senza, però, limitarsi alla loro cronaca, a riportare quanto ha fatto o visto. Riflette Moro, quando scrive, su ciò che gli accade, che pensa in alta quota o nel campo base o nella discesa o in qualsiasi altro momento della sua vita. Lo fa pure in questo libro e con maggiore insistenza. Venuto dopo tante sue imprese sembra voglia coglierne il significato, ripercorrerle per desumere il senso, per ricavare degli insegnamenti.

   L’autore ripete fino all’esagerazione il concetto che per raggiungere un risultato degno di nota bisogna dedicarsi a quanto richiede di attività del corpo e della mente, che le rinunce, le fatiche che gli impegni comportano saranno sempre premiate, che non bisogna credere nei miracoli, nelle facili vittorie perché ogni successo ha il suo prezzo.

    Nell’opera dice pure dell’insuccesso, della delusione, dell’offesa, provengano da un’impresa non riuscita, da un inganno, da un tradimento, da qualunque forma di avversità, di cattiveria. A questo proposito dice di quanto di negativo ha subito senza che ne abbia capito il motivo, che abbia saputo spiegarsi come persone da lui amate, aiutate, siano state capaci di accusarlo, calunniarlo, come sia stato possibile manipolare la verità, sostenere il contrario ed infine come i colpevoli non abbiano sentito il bisogno di porre un riparo, un rimedio alle loro cattive azioni.

    Non fanno bene certe cose, osserva Moro nel libro, eppure succedono e bisogna imparare a sopportarle, bisogna cercare di ridurre il male che provocano pensando ad altro, ingegnandosi a concepire compiti, progetti nuovi, diversi, più importanti dei soliti. In una forza, in una carica bisogna trasformare quella che era destinata a diventare una pena, bisogna risalire l’“abisso” come tante volte lui ha fatto.

   Questo e molti altri sono i consigli che Moro s’impegna a formulare. Sembra un romanzo di formazione il suo tanto attento si mostra a indicare, segnalare pensieri, azioni utili soprattutto ai giovani perché imparino ad essere equilibrati, corretti, giusti, perché riescano nei propositi, non si arrendano alle difficoltà. E’ una lettura che attira, è una lingua capace di passare con facilità tra tempi, luoghi, eventi diversi, di trasformare quanto fatto dall’autore in un riferimento importante per chi si prepara a iniziare, a vivere.

 Una lezione di vita finisce col diventare questo libro del Moro, una lezione molto valida, molto vera perché vissuta è stata prima che trasmessa.