Merito, il prof Galiano: “Parola che mette a disagio, a scuola non si selezionano i migliori, non c’è logica del premio o del castigo”

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

La denominazione “merito” aggiunta alla carica di Ministro dell’Istruzione sta facendo discutere non poco in queste ore. Esponenti politici, personaggi legati al mondo della scuola, docenti e dirigenti scolastici stanno commentando questa novità. Chi non sembra d’accordo è il prof Enrico Galiano, docente e scrittore con un grande seguito sui social. Sul portale ‘Il Libraio.it’ la sua riflessione:

“Io e tanti altri sono anni che lo diciamo: per favore, chiamiamolo Ministero dell’Educazione, che significa “tirare fuori da qualcuno ciò che ha dentro”. Oppure Ministero dello Studio, che significa “desiderio, passione, impegno”. Ma anche semplicemente “Ministero della Scuola”, che è chiaro limpido cristallino. Dai, finalmente forse ci siamo. Così tutto felice apro Google e lo vedo Ministero dell’Istruzione e del Merito.

Il sostantivo meritum deriva da mereri e significa adesso “ricompensa, premio”. Quindi adesso non è più una livella: è una punizione – questo è quello che ti meriti! – oppure un premio – ti meriti una bella torta!”.

E così è arrivato fino a noi: quando pensiamo a meritocrazia non ci viene in mente una livella che rende tutti uguali, ma un sistema che premia i bravi a declassa i fannulloni. Ora che l’ho studiata un po’ più a fondo, mi mette ancora più a disagio, questa parola.

Penso ai bambini e alle bambine dell’infanzia, o della primaria, che fin da piccoli mettono piede in un posto che fa capo al Ministero del Merito: e quindi vengono abituati fin da piccoli al concetto di premi e punizioni, se fai il bravo ti meriti questo e se non fai il bravo ti meriti quest’altro.

Penso ai ragazzi e alle ragazze più grandi, che alle medie sono buttati nello tsunami della preadolescenza e hanno bisogno di tutto, di affetto, di ascolto, di calma, di bellezza, ma non certo di un Ministero del Merito.

Lo vogliamo capire che la scuola non è un posto dove si vanno a selezionare i migliori, che pensarla così è il modo più antidemocratico che esista? La scuola, per quello che ci ho capito io, non è il posto dove si premiano i migliori: è quello dove si va a tirare fuori il meglio da ciascuno studente e studentessa.

nella logica del premio e del castigo, della competizione, del vince chi se lo merita, lasciatevelo dire, viene fuori solo il peggio di loro”.