Se l’importanza di un ministero si misura dal numero dei sottosegretari…

da Tuttoscuola

In tempi brevissimi è arrivata anche la designazione dei viceministri (8) e sottosegretari (31) del Governo Meloni, con qualche sorpresa. Uno meno dei 40 annunciati.

Evidentemente il bilancino della distribuzione dei posti ha guardato prima di tutto agli equilibri tra i partiti della coalizione anziché anche all’importanza dei ministeri.

Non si spiega infatti l’assegnazione di un solo sottosegretario al ministero della Salute e al ministero dell’Istruzione e del Merito, nonché al ministero dell’Università e Ricerca.

Tre sottosegretari in tutto per tre ministeri di peso: proprio tanti quanti ne ha avuto da solo il ministero della Cultura.

Al ministero dell’Istruzione e del Merito il solo sottosegretario assegnato è l’on. Paola Frassinetti (FdI), ma resta inspiegabile che non ne sia stato assegnato almeno un altro.

Se la nomina a sottosegretario di Mario Pittoni, che lui stesso non faceva mistero di gradire come riconoscimento della sua instancabile attività nel settore e come responsabile scuola della Lega (per lui si prospetta un incarico da Consigliere particolare del Ministro) o la conferma di Rossano Sasso (Lega), già rodato in quella posizione nel Governo Draghi, potrebbero trovare una motivazione nel fatto che il Carroccio occupa già la casella più importante con il ministro Valditara, sorprende invece l’esclusione di un rappresentante di Forza Italia.

Fino a qualche ora prima, nei siti specializzati e in molte cronache politiche veniva data per sicura la designazione di Valentina Aprea, quotata sia per la collaudata e qualificata esperienza politica e istituzionale sia per la competenza personale in campo pedagogico e didattico da “donna di scuola” come insegnante prima e dirigente scolastico poi (e chi è del settore sa bene quanto sia importante la conoscenza professionale diretta e non la semplice reminiscenza di quando si è stati sui banchi di scuola). La Aprea è inoltre – lo sottolineiamo – apprezzata dalla stessa premier Giorgia Meloni.

 

Evidentemente sono state le logiche interne a Forza Italia a far dirottare le indicazioni del partito su altre figure. Si dice che all’ultimo sia stato fatto posto a un outsider, Tullio Ferrante, 33enne avvocato campano neoeletto alla Camera nei collegi plurinominali Campania 2 insieme ad Antonio Tajani e a Marta Fascina (con la quale condivide un’amicizia pluriennale: in una recente intervista a “Il Giornale” ha dichiarato: «Le nostre mamme erano compagne di liceo. Abbiamo frequentato le stesse scuole e avevamo fin da adolescenti una comune e intensa passione per la politica, e soprattutto per il presidente. A partire dal 2004 io e la mia cara amica Marta Fascina organizzavamo corse di autobus per partecipare insieme, accompagnati dai nostri genitori, alle manifestazioni del partito, con l’irrefrenabile entusiasmo di vedere ed ascoltare da vicino il Presidente Berlusconi»). A Ferrante – che nella stessa intervista segnala tra le sue precedenti esperienze politiche “un interessante e formativo stage presso il ministero della Gioventù durante l’ultimo governo Berlusconi” (a 21 anni) mentre “da ultimo sono stato anche nominato responsabile campano del dipartimento Difensori del voto” – è toccato il posto di sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti.

La “veterana” della scuola Valentina Aprea è invece rimasta fuori. Proprio al Ministero dell’istruzione Aprea è stata sottosegretaria due volte sotto i governi presieduti da Berlusconi, senza considerare il suo lungo excursus come parlamentare (è stata anche presidente della Commissione Cultura alla Camera) e assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro in Regione Lombardia. Alla faccia del merito, bandiera peraltro ora issata sul nome del palazzone di Viale Trastevere. A proposito, la Aprea è stata anni fa prima firmataria di un disegno di legge che ha rappresentato la proposta più strutturata per l’introduzione di uno sviluppo professionale tra i docenti. Una proposta che divise all’epoca il mondo della scuola tra fautori e avversari, ma senz’altro una profonda conoscitrice della materia.

Certamente avrebbe apportato conoscenza specifica del settore, le cui intricate specificità risultano ostiche per chiunque, ed esperienza politica nella squadra che accompagnerà il ministro Valditara.

Al di là dei nomi, resta una considerazione amara per chi ha a cuore la scuola: l’istruzione è la prima parola in bocca ai politici in campagna elettorale, l’ultima quando si tratta di peso da dare alle nomine e alle scelte di investimento. Tanto da essere quasi “scansata” dagli aspiranti ministri o sottosegretari, non a caso spesso dimenticata nei “totoministri” pubblicati sui giornali, fonte di rogne (sicure) e di poca gloria.

Ciò che si tende a dimenticare è che spesso la scuola è stata invece causa scatenante di crisi politiche (a partire dal secondo governo Moro, caduto nel 1966 a seguito della bocciatura della legge istitutiva della scuola materna statale). Sulla scuola sono state perse elezioni politiche (lo sa bene il PD post renziano) o guadagnate fette di elettorato (i cinquestelle alle elezioni del 2018 hanno avuto consenso da quel numeroso bacino quasi quanto dal reddito di cittadinanza). 

In una fase molto delicata per il mondo della scuola, con il PNRR che dovrebbe rappresentare una delle ultime occasioni di rinnovamento ma che si preannuncia di critica attuazione, e tante promesse elettorali da mantenere, ci vorrebbe una squadra forte, esperta e coesa ad affiancare il ministro Valditara.

Se non ci ha pensato il partito di appartenenza, prima del giuramento del 2 novembre la premier e il ministro Valditara facciano un’ultima riflessione sul 40.mo posto da sottosegretario…