La “fuga” dalla scuola

Insegnanti e abbandono di minore:
il caso della “fuga” dalla scuola

di Anna Armone

È accaduto più volte che bambini in tenera età si sottraggano alla vigilanza di insegnanti o collaboratori scolastici allontanandosi dalla scuola con conseguenze potenzialmente drammatiche. Trattandosi di soggetti riconosciuti aprioristicamente (come vedremo) incapaci, la conseguenza immediata di tale evento, indipendentemente dalle conseguenze, è la denuncia penale per abbandono di minore a carico di insegnante e/o collaboratore scolastico.

L’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 591 c.p. è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo. La norma di cui all’art. 591 c.p. tutela la vita e l’integrità fisica di persone incapaci di provvedere alla propria incolumità, senza alcuna incidenza delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsiasi natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte. Ad ogni situazione che esige detta protezione fa riscontro uno stato di pericolo che esige un pieno attivarsi; pertanto, ogni abbandono diventa pericoloso e l’interesse risulta violato anche quando l’abbandono sia solo relativo o parziale. Si comprende facilmente come, nell’istituzione scolastica, assumano valore fondamentale non solo le norme primarie e contrattuali, ma anche le disposizioni interne, quali regolamenti, circolari, ordini di servizio, atti di gestione del personale. I soggetti coinvolti in tali casi sono le insegnanti e i collaboratori scolastici, entrambi a diverso titolo responsabili della vigilanza sui minori.

La dottrina prevalente, come del resto la pressoché unanime giurisprudenza, adotta un’interpretazione del termine “abbandono” molto ampia, volta a ricomprendere nell’alveo dell’art. 591 c.p. tutte quelle ipotesi in cui il soggetto attivo venga meno, anche soltanto transitoriamente, ai doveri di assistenza nei confronti della vittima. Ad essere incriminata è, pertanto, la violazione di un obbligo giuridico assistenziale da parte del soggetto agente titolare di una posizione di garanzia. 

Il presupposto della condotta di abbandono consiste, dunque, nell’esistenza di un obbligo di cura o di custodia nei confronti del minore o della persona incapace. Anche se abbiamo affermato che deve trattarsi di una relazione giuridica pregressa, che trova la sua legittimazione nella legge, in un regolamento, in legittimi ordini di servizio, in convenzioni di diritto, va incidentalmente rilevato che la giurisprudenza non di rado prescinde dall’individuazione della fonte giuridica da cui scaturisce la relazione di custodia, ritenendo che pure una circostanza di fatto o l’assunzione spontanea dell’obbligo di sorveglianza possano determinare l’insorgenza della posizione di garanzia in capo al soggetto agente. Nel caso della scuola abbiamo affermato l’esistenza dei fondamenti giudici che si riscontrano anche quando nel percorso educativo intervengono soggetti esterni contrattualizzati o convenzionati.

Peraltro, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con una nota sentenza del 2002, hanno precisato che fra l’insegnante e l’alunno s’instaura, per “contatto sociale qualificato”, un vero eproprio rapporto giuridico per mezzo del quale “il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza”, la cuiviolazione è fonte di responsabilità contrattuale. Il dovere di sorveglianza risulta particolarmente carico e non si esaurisce nel semplice controllo di quanto accade in aula nel corso dell’attività educativa e di insegnamento. L’insegnante affidatario del minore è tenuto a vigilare sulla sua sicurezza e sulla sua incolumità pertutto il lasso di tempo in cui quest’ultimo fruisce della prestazione scolastica, e quindi anche durante la ricreazione, nell’orario della mensa o nelle gite scolastiche. Nel caso di un bimbo di pochi anni, ma in grado di muoversi autonomamente all’interno della scuola, spetta all’insegnante accordare al piccolo il permesso ad uscire da solo dalla classe per recarsi ai servizi igienici. Ciò non fa di per sé venire meno la posizione di garanzia dei precettori; è, infatti, determinante verificare che l’autorizzazione non sia stata concessain modo superficiale, ma nella piena consapevolezza che il bambino, nei corridoi e presso i bagni, sia affidato alla vigilanza del collaboratore scolastico. Tale assetto organizzativo deve emergere dai documenti di organizzazione approntati dall’istituzione scolastica, primo fra tutti il regolamento di circoloche può contenere una sezione dedicata alla vigilanza o può rinviare ad un regolamento ad hoc. In ogni caso il regolamento deve rivolgersi al personale prescrivendo i comportamenti necessari a prevenire qualsiasi pericolo per l’incolumità dei bambini. Intervengono, altresì condizioni necessarie di sicurezza dei luoghi, quali recinzioni, porte sicure e presidiate, proprio come nell’esempio prescelto.

Più complessa appare l’individuazione della posizione di garanzia gravante sul collaboratore scolastico per il quale è il contratto collettivo di categoria a stabilire – sommariamente – quali siano “le attività e le mansioni previste dall’area di appartenenza”. Tali attività e mansioni, nello specifico, vengono enucleate dalla Tab. “A” allegata al relativo contratto, nella quale si chiarisce che su tali soggetti grava un dovere “di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni nei periodi immediatamente antecedenti esuccessivi all’orario delle attività didattiche e durante la ricreazione”. La lett. b) dell’art. 47, comma 1 del CCNL 2018,aggiunge poi che ciascun istituto, nell’ambito della propria autonomia, può conferire al collaboratore scolastico ulteriori “incarichi, che, nei limiti delle disponibilità e nell’ambito dei profili professionali, comportano l’assunzione di  responsabilità ulteriori, e dallo svolgimento di compiti di particolare responsabilità, rischio o disagio, necessari per la realizzazione del piano dell’offerta formativa”. Si tratta, dunque, di valutazioni relative all’organizzazione del lavoro funzionale all’organizzazione educativa e didattica. La collaborazione del direttore sga, responsabile operativo del suo personale è indispensabile, non solo nella fase di elaborazione documentale dell’organizzazione lavorativa, ma soprattutto nella fase gestionale del personale.

Peraltro, la possibilità che per il personale ATA, si configuri un obbligo di sorveglianza nei confronti degli alunni è stata, peraltro, ribadita in una recente pronuncia della quinta sezione civile della Suprema Corte, nella quale viene perentoriamente affermato che l’autorità scolastica ha il dovere di “vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell’ambito della scuola fino al loro effettivolicenziamento”. Se, a livello astratto, non vi sono ostacoli ad attribuire ai collaboratori scolastici il compito di vigilare sul comportamento dei minori, è nondimeno necessario verificare se, in concreto, siano ravvisabili le condizioni perché tale rapporto di custodia possa dirsi effettivamente instaurato. Occorre, infatti, verificare, di volta in volta, se il collaboratore scolastico è, in quell’occasione, titolare di un’autonoma posizione di garanziaderivante dalla documentazione organizzativa. 

Sarà comunque compito successivo del giudice civile stabilire le fondamenta del rapporto di custodia fra il minore e il collaboratore scolastico. Nel caso di una “fuga” del bambino devono essere chiari gli incarichi assegnati al collaboratore scolastico (quali vigilare sui servizi igienici, preparare le brandine per il riposo pomeridiano degli alunni, quello di controllare la porta di ingresso), tutti formalizzati e coerenti con le altre fonti organizzative.

È, dunque, la documentazione organizzativa del lavoro e della vigilanza a chiarire la ripartizione dei compiti. Ciò per dimostrare l’assenza di una condotta omissiva consistente nel mancato controllo della porta d’ingresso e di uscita della scuola.

Bisogna ricordare come la responsabilità dell’istituzione scolastica scatta dal momento in cui il minore si reca all’interno della scuola dove c’è del personale addetto proprio alla vigilanza e al controllo degli alunni la cui giovanissima età deve indurre ad adottare le opportune cautele preventive, indipendentemente da qualsiasi segnalazione di pericolo da parte degli stessi. Ed infatti, incombe sempre sulla scuola il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni sia in relazione all’uso degli spazi comuni durante l’entrata, sia all’uscita da scuola, sia al controllo dei luoghi, dei materiali e dei prodotti in uso.