A. Camilleri, Un filo di fumo

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Camilleri scrive di storia

di Antonio Stanca

Allegato a la Repubblica è comparso di recente il romanzo Un filo di fumo di Andrea Camilleri. È il nonodi una serie di venti opere che il giornale sta dedicando al ricordo dello scrittore siciliano. Lo aveva pubblicato nel 1980 per conto di Garzanti, era stato ristampato da Sellerio nel 1997. È uno dei romanzi storici ai quali Camilleri si era dedicato intorno agli anni ’80, dopo una primissima fase di racconti e poesie ed una seconda che lo aveva visto regista televisivo e teatrale. Quella dei romanzi storici era stata la terza esperienza, aveva preceduto l’ultima, quella dei romanzi polizieschi,interpretati dal commissario Montalbano e trasmessi in televisione. Questi avevano fatto di Camilleri un autore molto noto e molto tradotto, lo avevano reso un caso internazionale. L’ambientazione siciliana, la lingua divisa tra l’italiano e il dialetto dell’isola, il procedimento così naturale da non far distinguere tra realtà e invenzione, l’umorismo sempre latente, erano risultati elementi importanti, capaci di procurare allo scrittore un successo senza precedenti.

Era nato a Porto Empedocle, Agrigento, nel 1925 ed è morto a Roma nel 2019. Era diventato molto vecchio e molto famoso, in molti sensi si era applicato, molta storia italiana, da prima del fascismo alla fine della seconda guerra mondiale, aveva vissuto, tra la Sicilia e Roma si era mosso in continuazione, tra avvenimenti, personaggi d’eccezione si era trovato, di una cultura, di un’arte, di una vita, di un mondo che dopo la guerra voleva rinascere, rinnovarsi, aveva fatto parte, vi aveva aderito, era stato uno degli interpreti, una delle voci. Aveva cominciato tra difficoltà e problemi di ogni genere ché da lontano, dalla periferia lui veniva e nuova, diversa, difficile gli era ogni cosa della capitale. Non si era scoraggiato, aveva proceduto in tanti modi fino a diventare uno scrittore ampiamente affermato e riconosciuto. Uno di quei modi era stato, appunto, ilromanzo storico. Aveva rappresentato una prova, un esercizio, una preparazione per il seguente, più riuscitoromanzo poliziesco. Come in questo l’ambientazione era stata tipicamente siciliana, la lingua aveva risentitomolto di quella dell’isola ed anche i personaggi, le vicende, i costumi, non era mancato l’umorismo. Così succede in Un filo di fumo dove si dice di un avvenimento verificatosi intorno agli ultimi anni ’80 del secolo scorso nella prediletta città di Vigàta, poco distante da Palermo. Molti erano in quei posti i commercianti di zolfo ed uno, don Totò Barbabianca, era venuto a trovarsi in difficoltà perché a causa di un raggiro perpetrato da suoi rivali aveva venduto la quantità di zolfo promessa ad un’azienda russa. Era, quindi, sprovvisto del materiale da consegnare mentre il vaporetto russo, partito da Odessa, stava per arrivare nel porto di Vigàta. Sarebbe stata una vergogna per Barbabianca, una vergogna che agli altri commerciantisarebbe piaciuta perché lo disprezzavano, non era stato mai disposto nei loro riguardi, a volte non era statoonesto. Pertanto al figlio, don Nené, che andrà a farsi prestare o a comprare la quantità di zolfo necessaria per i russi, diranno di non averla. Nessuno gliela darà perché tutti vogliono che i Barbabianca abbiano gravi problemi e possibilmente finiscano di esercitare quel lavoro. Non sarà così, il vaporetto avrà un incidente, affonderà poco prima di attraccare a Vigàta e i Barbabianca si salveranno dalla rovina che su di essi incombeva. Si tornerà a vivere nei modi di sempre.

Una storia vecchia, una storia vera che faceva parte dei racconti dei nonni ha ripreso e sviluppato Camilleri. Lo farà altre volte, riuscirà a rappresentare la Sicilia di prima in maniera autentica. Stavolta era stata la Sicilia dove si parlava dei Borboni, di Garibaldi, della Monarchia, della Repubblica, dove ci si aspettava di cambiare, di mettere fine alla povertà, alla miseria, e Camilleri si avviava a diventare uno dei migliori testimoni di storia passata e presente. Lo avrebbe fattopure con i romanzi polizieschi, si sarebbe identificato con la sua terra, la sua gente. Un attaccamento che sarebbe diventato letteratura, arte, che avrebbe raggiunto tanto valore.