Diversità nella qualità

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Diversità nella qualità

di Rita Manzara

Non c’è dubbio: per realizzare una scuola di qualità è indispensabile avere a disposizione le necessarie risorse, rappresentate sia dalle strutture e dai mezzi a disposizione sia, in primo luogo, da un corpo docente adeguato in termini numerici e di competenze.

Pur riconoscendo l’importanza di un organico non “a ranghi ridotti”, non si tratta soltanto di numeri, ma di ruoli da ricoprire ponendo realmente al centro l’interesse dei discenti e della comunità scolastica di appartenenza.

Per raggiungere questo obiettivo gli insegnanti, oltre ad essere adeguatamente formati, devono sentirsi motivati al servizio da svolgere.

Purtroppo, molteplici problematiche sono destinate ad incidere negativamente sul lavoro quotidiano del docente, come ad esempio la difficoltà a condividere con i colleghi più anziani principi pedagogici, strategie educative e metodologie didattiche o l’appesantimento causato da una persistente burocrazia che rischia di rallentare (o impedisce del tutto) la realizzazione di alcune attività.

In ogni caso, anche in presenza di una soddisfacente collegialità – che consenta al team docente di condividere efficacemente tutti i passaggi utili alla progettazione, realizzazione e valutazione del percorso di insegnamento/apprendimento –  si percepisce una diffusa insoddisfazione da parte di questa categoria di lavoratori.

Tra i fattori principali di tale insoddisfazione possiamo annoverare la mancata valorizzazione delle competenze che si evince, tra l’altro, nell’inadeguatezza della retribuzione, sia a livello stipendiale sia di riconoscimento del contributo apportato all’arricchimento dell’offerta formativa.

Chiunque abbia fatto parte di un Collegio Docenti conosce le dinamiche conflittuali che possono verificarsi al momento della ripartizione delle risorse destinate a compensare gli incarichi (ore funzionali ovvero aggiuntive d’insegnamento all’interno di progetti).

Tale conflittualità nasce dalla percezione di un’ingiustizia che si innesta sulla constatazione (o convinzione) di una differenza di trattamento.

È per questo motivo che la recente ipotesi del ministro di pensare ad un trattamento economico per i docenti differenziato tra Regione e Regione potrebbe risultare controproducente.

Le risorse (di personale e finanziarie) alle scuole pubbliche non possono essere ricondotte all’ubicazione geografica delle scuole stesse valutando, ad esempio, la necessità di “pagare di più” i docenti del Nord in rapporto al maggior costo della vita.

Non è, inoltre, accettabile il fatto che la qualità del servizio scolastico possa essere diversa a seconda del luogo in cui si attua il percorso formativo.

La diversità, in termini di maggiore o minore qualità dell’offerta formativa, contraddice, infatti, il dettato costituzionale secondo il quale (art.3) “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Come si può leggere nell’ “Introduzione al manifesto delle piccole scuole” (rete nazionale promossa dall’INDIRE) “uno degli obiettivi di un paese moderno è quello di garantire istruzione di qualità in ogni parte del suo territorio e, quindi, anche le piccole scuole possono e devono essere scuole di qualità.”
La parità significa “uguaglianza di opportunità”: per comprendere questa affermazione può essere utile riprendere l’esempio delle suddette “Piccole Scuole”, termine che non si riferisce soltanto ai plessi scolastici con una ridotta dimensione numerica degli studenti, ma anche alle scuole caratterizzate dall’isolamento, dalla difficoltà di accesso ai servizi essenziali e dal progressivo spopolamento delle zone in cui sorgono.

La qualità del servizio va garantita in tutti i contesti, anche se il servizio deve essere necessariamente differenziato attraverso una progettazione delle attività didattiche costruita in base alle esigenze legate al contesto territoriale ed alle risorse presenti nello stesso, anche in un’ottica di continuità orizzontale tra Istituzioni.

La differenziazione di trattamento economico potrebbe, quindi, trovare applicazione in base alla qualità del servizio svolto, in termini di efficace risposta ai bisogni e alle necessità realmente presenti.

Quest’ultima condizione deve essere assicurata attraverso l’erogazione alle Istituzioni Scolastiche di risorse assegnate in base alle necessità rilevate e con il fine di valorizzare l’impegno del personale coinvolto nella gestione dei percorsi.

In quest’ottica vanno evidenziati i percorsi già realizzati in collaborazione tra Regioni e USR, finalizzati – attraverso la stipula di appositi protocolli –  a individuare e mettere in atto un insieme di soluzioni operative che (oltre a garantire l’avvio in sicurezza dell’anno scolastico in relazione alle esigenze legate alla pandemia) consentano di garantire la qualità del servizio di istruzione.

A seguire, indichiamo alcuni punti presenti nel protocollo stipulato nel Friuli Venezia Giulia tra l’Ufficio Scolastico Regionale e la Regione Autonoma, che prevede la messa a disposizione di contributi finalizzati all’incremento:

  • della dotazione di personale docente per sopperire alle carenze, anche al fine di evitare la presenza di classi numerose e disagi per l’utenza finale;
  • della dotazione oraria di docenti di sostegno, a copertura del fabbisogno annualmente parzialmente coperto con le assegnazioni in deroga;
  • della dotazione oraria di docenti a supporto della didattica nelle scuole in ospedale, in aggiunta del personale finanziato con fondi ministeriali;
  • della dotazione oraria di personale per l’assistenza tecnica per la didattica digitale integrata, con priorità agli Istituti Comprensivi;
  • dei Patti di comunità presentati dalle istituzioni scolastiche statali della regione e non finanziati per carenza di risorse al fine di favorire, attraverso la collaborazione con Enti locali e altri soggetti del territorio, attività laboratoriali di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale, motorio, sportivo e attività ludico-ricreativa.

Concludiamo questa breve riflessione evidenziando il possibile intervento finanziario di privati a supporto della scuola pubblica, opportunità peraltro già attuata da tempo nelle scuole.

Senza dilungarsi sull’argomento, sembra quantomeno improbabile affermare che i fondi privati andrebbero impiegati per “elevare la dignità del personale scolastico”, anche tenendo conto delle diverse opportunità offerte a detto personale a seconda della presenza o meno di soggetti privati e disponibili sul territorio.

Un ulteriore elemento di debolezza consiste nella possibilità che l’offerta di sostegno economico all’Istituzione Scolastica comporti l’esercizio, da parte dell’offerente, di un ruolo decisorio nella definizione delle attività o progetti, anche a prescindere dalle esigenze realmente presenti.

Non si tratta, quindi, di una novità, ma unicamente di un’opportunità controversa.