E. Bruck, Il pane perduto

Edith Bruck, ancora scrittrice

di Antonio Stanca

«Racconta, non ci crederanno,
racconta, se sopravvivi, anche
 per noi.»   
Edith Bruck, Il pane perduto    

    Di recente, allegato a Il Sole 24 ORE e su licenza di La nave di Teseo, è comparso il breve romanzo autobiografico Il pane perduto della famosa scrittrice ungherese Edith Bruck. L’opera rientra tra le pubblicazioni dedicate alla “Giornata della Memoria”. Risale al 2021 e dice di tutte le esperienze della Bruck, da bambina deportata in molti e diversi campi di concentramento a sopravvissuta, dalla liberazione alle molte altre peregrinazioni, all’arrivo a Roma dove ancora vive a novantadue anni, all’affermazione come scrittrice, poetessa, traduttrice, sceneggiatrice, regista.   

    Edith Bruck è nata in Ungheria nel 1931 ed è cresciuta nel piccolo villaggio di Tiszakarad. Era l’ultima di sei figli. La sua famiglia era di origine ebrea e già da piccola oltre alle privazioni, alle ristrettezze della povertà aveva sofferto quella condizione di rifiuto, di negazione che in Ungheria e ovunque in Europa era allora diffusa riguardo agli Ebrei. La famiglia era stata deportata dai nazisti e si era dispersa perché in ghetti diversi erano stati collocati i suoi membri. Lei, Ditke, sarebbe rimasta per qualche tempo con la sorella più grande Judit ma poi sarebbero state separate e solo a guerra finita si sarebbero ritrovate. Il padre e un fratello non sarebbero più tornati. Sola aveva vissuto esperienze gravissime, dal ghetto di Sátoraljaújhely era stata portata in quello di Auschwitz e in seguito in ghetti tedeschi fino a quello di Bergen-Belsen. Un dramma era stato, era durato dal 1944 al 1945, da quando aveva tredici anni a quando ne aveva quattordici, aveva inciso sulla salute del suo corpo e della sua mente, l’aveva fatta vivere tra gli orrori, aveva spaventato quella bambina. Ma neanche quando era stata liberata aveva finito di soffrire ché ancora difficili, pericolosi erano gli ambienti che l’attendevano, ancora tormentata era la vita riguardo ai mezzi di sussistenza e alla condizione morale dei sopravvissuti. Non si era ben disposti verso di loro, come dei nemici li si vedeva ovunque si andasse. Molto ha dovuto faticare la giovane Bruck prima di raggiungere una certa sicurezza economica e una stabilità mentale. Questo sarebbe successo a Roma dove era giunta nel 1954, a ventitré anni, dopo essere stata in tanti altri posti e città dell’Europa occidentale e orientale, dopo aver patito tante altre pene e svolto tanti mestieri. Anche a Roma, agli inizi, aveva dovuto adattarsi ma qui era rimasta per sempre. A Roma aveva cominciato a scrivere in lingua italiana prima di narrativa e poi di altro, di molto altro. Oltre che per romanzi e racconti ha scritto per giornali e riviste, ha fatto opera di traduzione, ha svolto attività di sceneggiatura, regia, teatro, ha proposto e realizzato iniziative culturali, artistiche, ha lavorato da sola o in collaborazione. A quegli anni, 1960-1990, risale pure la produzione in versi nonché il matrimonio con il poeta e regista Nelo Risi, che sarebbe diventato un lunghissimo scambio sentimentale e artistico.

    Instancabile, inarrestabile, fervida, accesa sarebbe stata. Molte scuole, molte università l’avrebbero invitata nel corso della sua attività, avrebbero chiesto la sua testimonianza. Molti riconoscimenti, premi, titoli avrebbe ottenuto, continue onorificenze.

   Tanto ha sofferto, tanto ha visto, tanto ha fatto, tanto ha avuto!

   Non si è mai fermata e di tutto questo ha scritto due anni fa, a novant’anni, nel romanzo Il pane perduto, al quale sono stati assegnati il Premio Viareggio Sezione Narrativa e il Premio Strega Giovani. Come altre volte, come in altre opere della sua vasta produzione narrativa anche in questa la Bruck torna sul tema dell’Olocausto ma non rimane limitata ad esso perché estesa diventa la narrazione, comprende pure quanto era avvenuto prima, dopo e intorno al grave evento. Una testimonianza non solo di storia ma anche di vita e non solo della sua vuol’essere l’opera. Completa vuole riuscire. 

   Il pane perduto diventa così un racconto che scorre in continuazione tra infiniti avvenimenti, tra tanta storia, tra tanta vita. Anche a chi non ha avuto la possibilità di dire delle proprie sofferenze vuole la Bruck dare una voce, anche di quanti sono rimasti ignorati vuole far sapere. Di tutto quel dolore, di tutto quel tempo vuole scrivere. Di tutti i perseguitati vuole che sia la sua opera!