Direzioni di senso e azioni strategiche per l’orientamento (II)

Direzioni di senso e azioni strategiche per l’orientamento (Parte seconda)

di Maria Grazia Carnazzola

1. Per cominciare.

Il 22/12/2022 è stato pubblicato il Decreto di adozione delle Linee Guida per l’orientamento, relative alla “Riforma del sistema di orientamento”, nell’ambito della missione n.4- componente 1- del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU.

Al decreto, reperibile sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, è allegato il testo delle Linee Guida- allegato 1-che si articola in

  1. L’orientamento scolastico nel contesto nazionale
  2. Il quadro di riferimento europeo sull’orientamento nelle scuole
  3. L’orientamento nel quadro di riforme del PNRR
  4. Il valore educativo dell’orientamento
  5. Orientamento nei percorsi di istruzione secondaria
  6. La certificazione delle competenze quale strumento per l’orientamento
  7. I moduli curricolari di orientamento nella scuola secondaria
  8. E-portfolio orientativo personale delle competenze
  9. Consiglio di orientamento, curriculum dello studente ed E-Portfolio
  10. Piattaforma digitale unica per l’orientamento
  11. La formazione dei docenti
  12. Risorse e opportunità per la gestione dell’orientamento da parte delle scuole
  13. Monitoraggio delle linee guida e valutazione dell’impatto.

Per una esauriente comprensione del testo mancano i decreti attuativi e le eventuali note esplicative. E’ però doveroso il rimando al PNRR- alla cui azione 4 il decreto fa esplicito riferimento – che basa la missione “istruzione e ricerca” (p.185 e seguenti) su una serie di focus articolati in due filoni: 1) Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido all’Università; 2) Dalla ricerca all’impresa. In conseguenza di ciò, l’orientamento viene riconosciuto elemento portante sia nelle linee guida del MIM (22-12-2022), sia nelle linee programmatiche del MUR (audizione del 22-11-2022, ministro Bernini).

C’è da augurarsi che, a fronte del dibattito ininterrotto sulla centralità e sull’importanza dell’educazione per il progresso civile, economico, sociale del Paese, l’istruzione e la formazione riescano a guadagnare l’attenzione politica necessaria perchè la scuola non rimanga ancora una volta vincolata dai compromessi. Compromessi – frutto di calcoli strumentali, interessi corporativi o resistenze ideologiche- che, confinando la stessa percezione sociale delle questioni scolastiche alle contrapposizioni politiche piuttosto che alle riflessioni culturali e pedagogiche, svuotano di fatto ogni tentativo di cambiamento. Lo abbiamo visto spesso, basti pensare alla legge Berlinguer-De Mauro del 2000, alla Ld. Moratti del 2003, alla L. 107/2015, per fare qualche esempio.

La prima condizione per un orientamento scolastico che funzioni è la capacità del sistema di disegnare profili in cui ogni allievo possa rispecchiarsi e individuare la strada che conduca verso l’orizzonte che ciascuno sceglie per sé, anche se nessuno può escludere che lungo quella strada che si sceglie si possano incontrare degli ostacoli che comporteranno un cambio di direzione, cioè un ri-orientamento della scelta. Imprevisti che non dipendono solo dai tempi di incertezza e di crisi che stiamo vivendo- dove le prospettive sociali ed economiche dei singoli sembrano diventati preminenti e dove non ci sono risposte sicure e immediate- perché nel giro di poche stagioni situazioni considerate stabili possono risultare non più sostenibili. Per un Paese la disoccupazione in generale, e quella giovanile in particolare, costituisce una condizione di rischio complessivo, un fattore di criticità in grado di destabilizzare la struttura di coesione e di convivenza civile, le cui ripercussioni sul sistema sociale, economico e politico non possono essere ignorate.

2. Le nuove linee guida.

Le linee guida fanno espressamente riferimento (punto 1.2) alle analisi e alle prospettive delineate negli ultimi quindici anni dai provvedimenti e dalla letteratura sull’orientamento, esistente a livello nazionale e sovranazionale. A tali analisi e prospettive sono riconducibili i “valori di riferimento” indicati nella tabella che segue. Le novità non sembrano molte rispetto alle prospettive descritte e argomentate nei documenti precedenti, siano essi espressamente richiamati o no. Si tratta come sempre di ipotesi/ prospettive di cambiamento che possono riscontrare, in parte o in tutto, condivisioni o riserve significative, ma che meritano di essere attentamente considerate e valutate da tutti coloro che, a vario titolo, operano nel settore della formazione. Formazione intesa come servizio allo studente come persona, all’educazione come cittadino, alla preparazione alla vita attiva come “lavoratore” nel senso più alto e pregnante del termine (Sini), (Sennet). Il primo passaggio è senza dubbio il coinvolgimento degli insegnanti per la condivisione di ciò che si chiede loro di fare, a partire dal sostegno alla motivazione all’apprendimento, all’utilizzo di metodologie attive- di cui la lezione partecipata (Ausubel) è componente a pieno titolo-, a utilizzare il feedback come leva per il coinvolgimento attivo, sollecitando il collegamento sistematico delle conoscenze (dichiarative e procedurali) anche al loro utilizzo a fini pratici.

VALORI di RIFERIMENTOBISOGNI e PROBLEMIRISPOSTE
-Valore educativo dell’orientamento in tutti i gradi scolastici. – Livelli culturali e professionali adeguati a un Paese europeo, ai cambiamenti sociali, culturali, economici… e del mondo del lavoro- -Memoria e pluri- appartenenza – Inclusione, cittadinanza attiva– Concretizzare diritto allo studio -definire ruolo e funzione dell’orientamento scolastico e nel corso della vita – Talenti e attitudini individuali – Eccellenze individuali
– Qualità dei percorsi
– Riduzione del numero degli abbandoni.
– Contrasto alla dispersione – Personalizzazione delle proposte e dei percorsi per l’apprendimento – Flessibilità dell’offerta
– Sostegno alla costruzione dell’identità personale, allo sviluppo dell’autostima e dell’agentività,
– Innalzamento dei livelli di istruzione
– Certificazione delle competenze chiave e documentazione
– Formazione di tutti i docenti
-Sostegno a tutti gli studenti nel percorso di sviluppo, nella definizione degli obiettivi professionali e nell’elaborazione di un personale progetto di vita. – Formazione dei docenti, elemento strutturale;
– Reclutamento
– Apprendimento come capacitazione. – Personalizzazione dei percorsi -Contrasto alla dispersione e all’abbandono scolastico
-Monitoraggio, autovalutazione, valutazione.
-Rafforzamento del raccordo 1^ciclo/2^cicloIstruzione/formazione lavoro. – Favorire accesso istruzione terziaria – Informazione sulle opportunità lavorative e di apprendimento continuo – Istruzione/formazione come processi di capacitazione
-Valorizzazione dei talenti e del merito personali
– Risorse economiche dedicate (azione 4 PNRR) – Consiglio orientativo e percorsi PCTO
– E-portfolio
– Potenziamento e riconoscimento percorsi opzionali non solo in sede scolastica. – Moduli orientamento e PCTO. – Piattaforma orientamento
– Docente tutor
– Orientamento scolastico, orientamento professionale… – Campus formativi
– Moduli extra-curricolari e curricolari di orientamento nella scuola secondaria
– Consiglio orientativo
– Consulenza alle famiglie
– Formazione dei docenti
-Innalzamento dei livelli di istruzione
– Certificazione e consolidamento delle competenze chiave per l’apprendimento permanente
– Istruzione, formazione educazione per tutti
– Recupero ritardi
– Progressività/continuità dei curricoli – Formazione come empowerment – Le competenze: rilevare per certificare
– Attività/discipline chiavi per la comprensione/ soluzione di problemi;
– Certificazione competenze – E-portfolio
– Raccordo dei modelli di certificazione delle competenze chiave
Riduzione delle disuguaglianze socio- economiche e territorialiTitolo di studio livello 5-6 EQF – Contrasto alla dispersioneReclutamento/abilitazione docenti
Formazione/aggiornamento
-Sussidiarietà
-Centralità della formazione per l’intero arco della vita (equità di opportunità)
– Formare e formarsi
– Disallineamento competenze richieste mondo del lavoro/professionalità disponibili -Obsolescenza delle competenze. – Accesso non allargato alla formazione terziaria – Orientamento e auto-orientamento – rapporto numerico docente/studenti
-valenza critica dell’istruzione
-Uguaglianza di opportunità,merito -formazione iniziale e in servizio; elemento strutturale dell’insegnamento; -coordinamento con servizi territoriali -CPIA
– Formazione come politica attiva per il lavoro

3. Il coraggio di ripensare la scuola per accogliere le domande di formazione di questo tempo

Se un sistema non si ri-genera, de-genera; lo sostiene E. Morin (2016) e lo dimostrano i fatti. Può valere anche per la scuola e per le riforme scolastiche: ogni ri-forma cerca di risolvere categorie di problemi storicamente posti (Croce, 2016) e di costruire un sistema secondo coordinate culturali, sociali ed etiche che coniughino politica e pedagogia, che diano nuova forma a un esplicito progetto politico di cambiamento, giustificato sul piano giuridico ed economico, dell’organizzazione amministrativa e burocratica. In questo senso le linee guida costituiscono lo strumento e il cambiamento è il valore autentico. Le norme delineano il cambiamento che si attua a partire dalla formazione – iniziale e in servizio- dei docenti che modificherà intenzionalmente l’educazione-formazione-istruzione degli allievi. Non a caso nella tabella la voce “formazione dei docenti” compare ripetutamente, così come quella di “docente tutor” di cui- mancando una struttura definita nel testo- si potrà dire successivamente. Ci si limita qui a segnalare che la figura del docente tutor era prevista – con ruolo e funzioni declinate – nella scuola primaria e secondaria di primo grado- già dalla legge 53/2003 e successivo primo decreto attuativo.

Che si tratti di docenti del primo, del secondo ciclo di istruzione o di docenti universitari, serviranno a poco i nuovi modelli di formazione che saranno disegnati se prima non si richiamerà l’attenzione di tutti sulla portata globale che i nuovi obiettivi, che saranno indicati, produrranno sulla concezione della formazione e sulle azioni di formazione, attraverso percorsi di riflessione ma anche di ricerca e di sperimentazione. Senza sottacere che la ricerca non è ormai più- per la gran parte- un bene pubblico e gli effetti che la privatizzazione della scienza produce sull’opinione pubblica e sulla sfiducia negli scienziati e sugli intellettuali in genere (Pedemonte 2022) riguarda anche gli insegnanti. È da tempo che si parla di formazione dei docenti -iniziale e in servizio- come di percorsi sistematici e strutturali di qualificazione/riqualificazione della professionalità docente. Le richieste ministeriali sono molte, a volte incalzanti, a volte confuse, a volte interessate a far parlare politici, esperti di diverso orientamento, o l’opinione pubblica per accrescere il consenso, più che a migliorare il sistema progettando il cambiamento e individuando gli strumenti che realizzeranno e daranno senso a quel cambiamento. Ci si limita alla superficie senza andare al cuore dei problemi e l’uso pubblico delle parole, degli argomenti e dei principi ne distorce i significati e mistifica la realtà. Così al principio del rigore ci si può richiamare per promuovere pratiche valutative raffazzonate; al principio del merito per mascherare il disequilibrio delle opportunità formative offerte; al principio dell’innovazione/ modernizzazione del sistema per nobilitare pasticci normativi, privi di visione culturale e di intenzioni migliorative, mentre il principio dell’efficienza e della competenza spiana la strada agli amici e fa proliferare corsi di formazione su tutto lo scibile contemporaneo. Iniziative ministeriali, regionali, provinciali, di singola scuola, su valutazione, orientamento, salute, cittadinanza, inclusione, nuove tecnologie e nuove tecniche- senza alcun tentativo di visione complessiva- per garantire qualificazione delle professionalità.

4. La formazione dei docenti, chiave di volta del cambiamento.

Viene da chiedersi a chi interessi realmente la qualificazione professionale degli insegnanti: allo Stato che vara riforme senza costruire gli strumenti e prevedere le azioni e i tempi per attuarle? O ai dirigenti oppressi dai problemi organizzativi e dai vincoli sindacali sull’obbligatorietà della formazione/aggiornamento in servizio? E cosa ne pensano davvero gli insegnanti oberati dalla richiesta di nuove carte- più che di nuovi comportamenti-, da “materie” e cattedre che cambiano e non si sa bene come, da nuovi progetti che a volte c’entrano poco con l’educazione e l’istruzione- formazione dei cui esiti si dovrebbe comunque rispondere? La non esistenza di una obbligatorietà è di per sé una vergogna, è vero, ma non basta un obbligo sancito da una norma se manca il senso civico ed etico della propria professione. Mentre si attendono le decisioni in merito alla formazione dei docenti da parte del MIM e del MUR- che dovranno per forza di cose raccordarsi, anche per le azioni richieste dal PNRR- una riflessione da condividere: i percorsi di formazione degli insegnanti devono trovare le loro ragioni nelle emergenze sociali, culturali, economiche, morali del Paese e nella consapevolezza della “politicità” (Bruner) della professione. Spesso le politiche scolastiche si focalizzano sull’innovare le pratiche progettuali e su quelle valutative o sull’uso delle tecnologie, dimenticando che la trasformazione più urgente-e la più difficile da costruire- è la trasformazione della didattica, a tutti i livelli e gradi dei

percorsi formativi. Quella che L.T. Fontana (1997) ritiene essere uno dei tre ambiti- insieme alla disciplina di insegnamento e alle discipline professionalizzanti- in cui dovrebbe svilupparsi la competenza dei docenti: la competenza tecnico-operativa. Insegnare significa “fare intenzionalmente” per modificare una situazione. Saper insegnare non si esaurisce nel sapere disciplinare né si identifica con particolari caratteristiche dell’insegnante in quanto persona, anche se con questi aspetti si correla nella costruzione di ambienti favorevoli all’apprendimento. Se insegnare è un compito, non basta definire i ruoli, occorre indicarne anche le funzioni: di tipo decisionale, relazionale, organizzativo e gestionale (del gruppo- classe o di apprendimento) o valutativo, selezionando le operazioni in cui si concretizza l’insegnare che di volta in volta possono essere l’analizzare, il progettare, il proporre, il riproporre, l’interpretare, il verificare, il valutare.

In che modo usare le discipline, nella loro visione parziale, per comprendere la realtà, come insegnare a porre correttamente le domande per cercare le possibili risposte; come far comprendere la vicinanza e la differenza del senso comune con le conoscenze scientifico-disciplinari…sono alcuni dei focus che possono guidare nella modifica della pratica d’aula. È abbastanza facile aggiornarsi sulle singole strategie “innovative”, meno facile è farle proprie e utilizzarle consapevolmente nella disciplina di insegnamento o collocarle idealmente negli spazi di realtà che consentono i risultati attesi. Questa, della qualità della didattica e dei contenuti culturali, è una delle criticità di fondo che va posta necessariamente nella progettazione dei percorsi di formazione- di base e in servizio- degli insegnanti. Solitamente le indagini sugli apprendimenti degli studenti utilizzano “prove” costruite sulla base di tre parametri: i contenuti, i processi e i contesti d’uso che ne costituiscono le discriminanti di qualità. Sappiamo che oggi i sistemi formativi, tutti, devono mirare allo sviluppo delle competenze e alla capacità di integrarle per risolvere i problemi e assolvere ai compiti nella complessa e mutevole realtà sociale e professionale. Molti sono gli elementi in gioco, tra questi alcuni appaiono imprescindibili e prioritari:

a) la scelta e il trattamento dei contenuti (le discipline e la loro essenzializzazione) per fornire agli studenti rigorosi strumenti di pensiero disciplinare, categorie e metodi compresi, significativi sul piano logico e psicologico per poter essere trasferibili e utili per comprendere e agire nella vita quotidiana. Chi cura la formazione degli insegnanti deve avere una visione un po’ strabica della questione, deve guardare vicino e vedere lontano: vicino ci sono le necessarie novità legate alle nuove esperienze, ai cambiamenti dei modi di vivere, di linguaggio…coerenti con i trend planetari, dall’altra ci sono gli strumenti culturali che consentono di distinguere le mode dai saperi fondamentali di base e di manipolare con competenza i saperi disciplinari, padroneggiando contenuti, linguaggi e metodi per affrontare le richieste del sociale e le incertezze del vivere. Un uso critico e colto del digitale, ad esempio, implica un patrimonio di pensiero e di linguaggio che può derivare solo da insegnamenti disciplinari solidi, articolati, interconnessi e ben proposti che costituiscono i “provvisori arcipelaghi di certezze” che permettono a ciascuno di navigare in un oceano di incertezze (Morin, 2001).

b) I processi: è condivisa l’idea che l’insegnamento non sia solo trasmissione ma contempli la mediazione cognitiva e affettiva tra l’oggetto e il soggetto dell’apprendimento. L’insegnante non deve conoscere solo l’oggetto (la disciplina, la realtà) ma anche il soggetto, cioè i processi attraverso i quali l’apprendimento si costruisce. L’obiettivo “competenze” ha spostato l’accento dall’informazione alla padronanza di significati e alla loro organizzazione in strutture trasferibili per la soluzione di problemi e per superare i conflitti cognitivi generati dai diversi contesti e dai diversi scopi. La persistenza e la fruibilità degli apprendimenti( per scoperta, ricezione, soluzione di problemi…) chiama in causa le conquiste della scienza cognitiva e la consapevolezza della funzione della memoria, del transfer, della centralità del linguaggio nella costruzione dei concetti e per lo sviluppo del pensiero, del rapporto di circolarità tra apprendimento e motivazione, degli stili e dei disturbi dell’apprendimento, del senso di autoefficacia… non può esserci qualità della didattica senza consapevolezza dei processi cognitivi.

c) L’adeguatezza degli ambienti di apprendimento è determinante ai fini dell’apprendimento stesso. Per questo occorre che gli insegnanti siano formati per gestire con competenza gli elementi strutturali di un ambiente di lavoro: le relazioni (il rispetto, il riconoscimento, la fiducia, le interazioni); il clima ( comunità di pratiche, di negoziazione, di appartenenza al gruppo, di riconoscimento personale, di produttività); i ruoli- che sono spazi di responsabilità e non di potere- istituzionali o assegnati in relazioni ai compiti, alle regole, agli scopi, individuali o di gruppo, la valenza sociale del prodotto, l’inclusione come spazio della persona, la motivazione al compito affettiva, cognitiva, relazionale… L’ambiente di apprendimento non è solo lo spazio in cui la proposta di lavoro viene avanzata e attuata, è formativo esso stesso, mediatore di apprendimenti, costruzione di aspettative, di valori, di significati, di identità, rendendo produttivi e generativi contenuti e metodi in relazione alla pluralità degli scopi e delle intenzioni, diventando contesto di significati dentro il quale ogni attore cerca il senso delle proprie e altrui azioni.

La chiarezza delle finalità e degli obiettivi della propria professione fa da sfondo integratore di tutti gli aspetti e permette al docente professionista di progettare intenzionalmente situazioni formative con valenza orientativa, scelte per il loro contributo alla formazione del cittadino, alla costruzione dell’identità, alla cultura e alla pratica del lavoro e che nel loro insieme legittimano l’inserimento nei percorsi curricolari.

Prima di essere un fatto tecnico, insegnare per favorire lo sviluppo di competenze è un fatto culturale che cambia l’orizzonte e il significato di ogni frammento formativo. Per costruire un sapere spendibile occorrono momenti di riflessione e di ricerca sperimentazione in tutte le discipline: le grammatiche, le sintassi, i contesti, le formule e le parole, i problemi e le soluzioni, con curiosità verso ciò che è ambiguo, muovendosi sul confine tra soluzione e problema, tra sapere tacito e sapere esplicito (Sennet 2008). Questo chiama in causa la competenza didattica, prima ancora della finalità e degli obiettivi della formazione: restituire valore al sapere scientifico, sviluppare pensiero e linguaggio astratti a partire dagli aspetti pratici del fare e del dire, definendo una mappa dei saperi che funga da cornice di senso per la scelta autonoma e dinamica degli strumenti di significazione, evitando i rischi di una formazione molecolare e ballerina che insegue le mode e le richieste del momento, superando anche l’autoreferenzialità di certi percorsi scolastici perché la realtà della vita è più ampia della scuola, ma per vivere la realtà servono gli strumenti che la scuola può aiutare a costruire osservandola e riflettendoci “scientificamente”. Da qui bisogna partire per non continuare a riferire eventuali azioni a principi pedagogici senza alcuna competenza pedagogica; o, senza alcuna competenza psicologica, riferire le proprie azioni a principi psicologici; per non adottare pratiche didattiche ignorandone il significato e i corretti modi di attuazione; per non coprire i propri insuccessi con sistemi valutativi gratificanti, i cui esiti fallimentari pagheranno i ragazzi sul lungo periodo; per trasformare il cambiamento in un progetto professionale perché il destino di ogni riforma non è nelle norme, ma è nelle mani dei suoi destinatari.

5. Il futuro è speranza che ha bisogno di memoria.

C’è bisogno di un pensiero nuovo che riconosca ai giovani il compito di rigenerazione sociale e culturale ,che richieda loro impegno, lavoro e responsabilità, che fornisca loro, con fiducia e speranza, nel contempo gli strumenti di capacitazione funzionale ( A. Sen, 1985) per scelte libere di lavoro e di vita e che accolga come dato costituente anche le esperienze negative, per evitarne la ripetizione, ripensando le forme e i canali di accesso al sistema. Pensiero nuovo, quindi. Ma il nuovo prende le sue misure dall’altro polo dell’antinomia, il “vecchio”, che altro non è che la memoria collettiva veicolata attraverso la scrittura, una tecnologia di cui aveva ampiamente argomentato anche Platone. L’uomo da sempre ha cercato di potenziare le sue possibilità attraverso l’uso delle tecnologie fisiche e mentali (oggi attraverso il digitale), utilizzandole in modo ecologico, compito che tocca primariamente ai sistemi

istituzionali di istruzione, formazione, educazione assumere e consegnare- alla scuola soprattutto- in questo momento di crisi. In una biografia scritta dal fisico A. Pais, è riportata questa riflessione fatta da Einstein “Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza(…) Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Si può essere d’accordo o meno sul fatto che la crisi sia una benedizione, ma come non concordare sull’opinione che i giovani dovrebbero assumere una posizione di ricerca attiva di obiettivi e di metodi nuovi, costruiti da loro e non per loro, per risolvere i problemi che la vita quotidianamente pone? Gli adulti hanno il dovere di pensare al futuro dei ragazzi, ma poi tocca a questi attivarsi, per non subire un sentimento di marginalità e di impotenza, di improduttività e di alienazione che può condurre alla disfatta esistenziale. E a ben vedere siamo proprio noi adulti che negli ultimi decenni non abbiamo saputo trovare le strade per garantirci uno sviluppo personale e sociale che non fosse soltanto crescita economica, che coniugasse i diritti con i doveri, che distinguesse dovere da obbligo. Nell’affermazione di Einstein ci sono due concetti che costituiscono la condizione per lo sviluppo: competenza e merito. La competenza è un esito dei processi di formazione, il merito è il riconoscimento della competenza. In quest’ottica la scuola è chiamata in causa per una visione pedagogico- formativa che tenda a integrare lo sviluppo dell’identità personale (caratteristiche fisiche, intellettive, affettive, relazionali e sociali) con le esigenze specifiche richieste dai successivi percorsi scolastici e lavorativi per una scelta sempre più realistica, all’interno di un progetto di vita liberamente e autonomamente elaborato. Non è scontato che i ragazzi comprendano e condividano immediatamente il significato – individuale, civile, sociale – del loro apprendere; in ogni caso un ragionevole e rigoroso contratto formativo può essere a sua volta fortemente educativo e orientante che potrebbe recitare pressappoco così:

  • –  questo è il quadro della formazione che abbiamo progettato per voi;
  • –  questi sono i motivi delle scelte che hanno portato a questa offerta formativa;
  • – lavoreremo insieme in questo modo, accogliendo piccoli cambiamenti se compatibili con il progetto, ma non permettendo di eludere il lavoro che viene proposto; vi sosterremo nella vostro impegno e rispetteremo la vostra fatica che sarà inevitabile ma riconosciuta;
  • – condivideremo pari (non identiche) responsabilità nella realizzazione del progetto formativo.

Direzioni di senso e azioni strategiche per l’orientamento (Parte prima)


RIFERIMENTI

Ausubel D.P., (1988), Educazione e processi cognitivi, Milano, Franco Angeli

Bandura A., (2012), Adolescenti e autoefficacia, Erickson Edizioni

Bandura A., (2017), Disimpegno morale, Erickson Edizioni

Bruner J., (1997), La cultura dell’educazione: nuovi orizzonti per la scuola, Milano, Feltrinelli

Croce B., (2016), Etica e politica, Bibliopolis

Fontana L.T., (1997), Far lezione, Firenze, La Nuova Italia

Morin E., (2015), Insegnare a vivere, Milano, Raffaello Cortina

Morin E., (2020), Cambiamo strada, Milano, Raffaello Cortina

Pais A.,(2012), Sottile è il Signore…, La scienza e la vita di Albert Einstein, Bollati Boringhieri

Pedemonte E.,(2022), Paura della scienza, Treccani Ed.
Sen A., (1985), Sen A., (1985), Well-Being, Agency and Freedom: The

Dewey Lectures 1984, in The Journal of Philosophy, 82.
Sennet R., (2008), L’uomo artigiano, Milano, Feltrinelli
Sini,C., (2009), L’uomo, la macchina, l’automa. Torino, Bollati Boringhieri