Cosa vi state a stupire?

Cosa vi state a stupire?

di Giovanni Fioravanti

Il ministro Valditara deve essere a corto di memoria o le lettere che indirizza alle scuole non le scrive lui e, dunque, non le può ricordare.

Ma il nove novembre scorso, in occasione della “Giornata della libertà”, istituita per ricordare la caduta del Muro di Berlino, ha inviato una lettera a tutte le scuole per mettere in guardia gli studenti contro i danni del comunismo e delle rivoluzioni utopiche.

Non mi sembra, di conseguenza, che possa disporre di argomenti per attaccare una dirigente scolastica che fa altrettanto per mettere in guardia i suoi studenti dal pericolo del fascismo, per di più dopo episodi di pestaggio accaduti davanti a un istituto scolastico della sua città.

“L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.” Umberto Eco, Il fascismo eterno.

È evidente che la dirigente scolastica del liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Firenze l’ha letto, mentre Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, pare di no.

E, dunque, con la lettera indirizzata ai suoi studenti, alle famiglie e a tutto il personale della   scuola la dottoressa Annalisa Savino altro non ha fatto che adempiere ai suoi doveri istituzionali di responsabile di una comunità scolastica della Repubblica fondata sui valori della Costituzione. Del resto non è stata forse introdotta l’educazione civica trasversale di modo che pervada di sé tutta la formazione impartita ai nostri giovani? La lettera della dirigente è un’ottima lezione di democrazia. O il leader educativo di una scuola deve tacersi? Semmai c’è da rammaricarsi che non l’abbiano fatto anche altri dirigenti scolastici.

Il ministro deve avere la coda di paglia per prendere uno scivolone fino a minacciare provvedimenti, calpestando l’autonomia della dirigente e quella dell’istituto scolastico sancite dalla legislazione vigente.

La reazione del ministro è in linea con quelle della “destra” che si registrano sui social. 

Ne riporto una a caso: “Quanto di peggio una ottusa cultura bolscevica possa partorire. Ma molti italiani e molti ex-compagni se ne sono accorti e hanno espresso la loro opinione alle appena trascorse elezioni….poi ci sono gli irriducibili ….”

Poi non mancano le foibe: “Il corteo «antiviolenza» inneggia alle foibe e a Tito. A Firenze 2000 in piazza insultano il governo. Ma quando i pestaggi sono rossi la risposta è solo silenzio”.

Se Berlusconi aveva riverniciato e lucidato il pericolo comunista, questi sono andati oltre rispolverando bolscevichi e anarco-insurrezionalisti.

Figuriamoci poi se una dirigente scolastica cita Gramsci unitamente al fascismo, che ce l’ha sulla coscienza, il contorcimento dei visceri deve essere davvero insopportabile.

D’altra parte questo ministro pare che nulla abbia ad invidiare ad un suo lontano collega, di nome Giuseppe Bottai, già autore della “Carta della scuola”. 

Perché questo ministro deve averci in mente una “carta” tutta sua, di una scuola che deve educare, formare, forgiare senza interferenze, bastano gli ingredienti che ha deciso di fare propri: dio, patria e famiglia, un po’ di umiliazione e merito in funzione educante e che l’istruzione vada a farsi benedire.

Forse il pericolo di un ritorno del fascismo sotto altre spoglie non è ancora alle porte, ma di sicuro c’è che  con un simile ministro è un pericolo per la nostra scuola. Per di più il pericolo che la nostra scuola corre è di un non ritorno.

Lascio stare che viviamo in un paese in cui la centralità formativa è ancora squisitamente scolastica come l’ha pensata cent’anni fa Giovanni Gentile con il suo entourage di destra risorgimentale. Lascio stare che nel nostro paese non si sia mai riusciti ad andare oltre l’idea che la formazione della “persona” e del “cittadino”, a partire dalle giovani generazioni, si compie trasmettendo dosi crescenti di contenuti disciplinari, ora dopo ora, per almeno dieci anni, e poi anche dopo, secondo una scansione che solo da noi si chiama programma e programmazione.

Lascio stare che quella che dovrebbe essere l’intellighenzia del paese è convinta che a scuola si dovrebbe usare con gli studenti il Kyosaku dei maestri Zen, vedi Susanna Tamaro, ritornare alle predelle per ridare dignità alle aule vuote di Galli della Loggia, che il danno scolastico è dovuto alla scuola media unica, Barbiana e alla pedagogia progressista, vedi la coppia Mastrocola-Ricolfi.

Ma allora che ministro dell’istruzione vi aspettavate?

Ora qualcuno mi spieghi cosa deve accadere perché l’istruzione possa rinascere in questo paese dove democratici, sinistra, sindacati dai lontani anni  dell’Ulivo di Prodi non sono stati in grado di elaborare uno straccio di idea di scuola per i nostri giovani, non quelli di ieri ma quelli di oggi che vivranno nel duemila.

E soprattutto, per favore, ditemi dove stanno gli insegnanti?

Invece ci tocca leggere dichiarazioni come quelle rilasciate nel novembre scorso al Corriere della Sera da un intellettuale come Andrea Carandini, archeologo, professore ordinario di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana alla Sapienza di Roma.  Già presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali e Presidente del FAI.

Il problema sta nel fatto che nell’ultima generazione e mezza né la destra-centro né il centro-sinistra — entrambi distruttori della buona scuola di Giovanni Gentile inaugurata un secolo fa — hanno saputo edificarne una nuova almeno altrettanto formativa.

La notizia che mi renderebbe felice sarebbe questa: «Oggi i leader delle diverse parti politiche sono saliti insieme all’Altare della Patria, hanno fatto autocritica per la distruzione della scuola italiana e si sono impegnati a rifondarla ab imis fundamentis».

Ci vorrebbe un Giovanni Gentile per questo millennio — cento anni esatti dopo la sua riforma — cioè, oggi, un miracolo!

E allora questo ministro che vi ritrovate, non state a scandalizzarvi, è lo specchio del paese in cui viviamo.