I documenti di programmazione e gestione della vigilanza sugli alunni

I documenti di programmazione e gestione della vigilanza sugli alunni

di Anna Armone

Premessa

Possiamo considerare la vigilanza sugli alunni da due diverse prospettive: la regolazione dei comportamenti e degli adempimenti, le responsabilità degli operatori scolastici. Il primo aspetto, che riguarda la regolazione dei comportamenti e degli adempimenti, costituisce il prius in ogni istituzione scolastica e viene in evidenza nel momento dell’accadimento lesivo, in particolare nella ricostruzione dei fatti e delle singole responsabilità. La complessità della vita scolastica non consente il continuo ed efficace controllo delle azioni e dei comportamenti degli alunni, anche se tale affermazione deve necessariamente tenere conto dell’età dei ragazzi, allentandosi la vigilanza in misura inversamente proporzionale all’età stessa. In ogni caso la casistica dei possibili infortuni è estremamente ampia e non è categorizzabile in modo assoluto, considerato che gli incidenti possono coinvolgere gli allievi nelle diverse fasi e momenti della vita scolastica:

  • in aula;
  • nelle altre zone pertinenziali (es. ingressi, cortili, corridoi, scale, bagni, ecc.);
  • negli spazi utilizzati per trascorrere l’intervallo;
  • durante lo svolgimento di assemblee;
  • durante lo svolgimento di attività pomeridiane extracurriculari, anche di intrattenimento, organizzate od
  • autorizzate dalla scuola;
  • nelle palestre od impianti sportivi, nel corso dell’insegnamento dell’educazione fisica o dell’allenamento per
  • la partecipazione a gare studentesche;
  • nei laboratori od aziende annesse;
  • durante esercitazioni pratiche o esperimenti;
  • all’entrata o all’uscita dalle aule o dall’edificio scolastico;
  • durante gli intervalli temprali tra una lezione e l’altra;
  • durante gli spostamenti degli alunni in spazi interni o tra edifici che siano separati e distanti tra di loro;
  • durante il tragitto casa-scuola-casa nell’ipotesi di accompagnamento mediante scuolabus;
  • in occasione di visite guidate e di viaggi di istruzione;
  • in occasione di stages formativi esterni.

Occorre, pertanto, verificare se la scuola ha adottato, anche in via preventiva, tutte le misure organizzative, e in queste rientra la sicurezza, idonee ad evitare prevedibili situazioni di pericolo.

L’analisi giurisprudenziale non può essere utilizzata per una classificazione dei principi e delle norme applicabili, costituendo, essi, un orientamento. Quello che conta è l’analisi del caso concreto e di tutte le circostanze che hanno generato l’evento lesivo.

A tal fine risulta necessario un impegno poderoso nella predisposizione della documentazione regolativa della vigilanza, con il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, famiglie e territorio compresi. Da queste interazioni deve nascere una rete di protezione formale e sostanziale che deve portare al controllo più efficace possibile e diretto alla prevenzione di lesioni a terzi e autolesioni.

La documentazione che andremo ad analizzare è finalizzata a regolare solo in parte in modo esclusivo la vigilanza sugli alunni, trattandosi quasi sempre di atti regolativi dei comportamenti e delle relazioni tra i vari soggetti coinvolti.

Andremo, dunque, ad analizzare, per la parte che riguarda la materia trattata, i seguenti documenti:

  • regolamento di istituto
  • regolamento di disciplina
  • patto di corresponsabilità educativa
  • carta dei servizi
  • piano delle attività del personale ATA
  • circolari, ordini di servizio
  • accordi con il territorio

La vigilanza nel regolamento di istituto

I regolamenti interni non sono fonti del diritto. Rispondono al principio d buon andamento ed efficienza dell’amministrazione e sono adottati per regolare l’organizzazione interna degli uffici. Vincolano, pertanto, coloro che fanno parte dell’ufficio nel cui ambito opera il regolamento interno.  La natura giuridica del regolamento di istituto è proprio quella di un atto amministrativo di organizzazione destinato agli operatori scolastici e alle famiglie. In questa breve descrizione assumiamo la regolazione della vigilanza contenuta nel regolamento di istituto, anche se può costituire il contenuto di un regolamento ad hoc.

La previsione normativa del regolamento interno d’istituto risale al testo unico del 1994 che all’articolo 10 “attribuzioni del consiglio di circolo d’istituto e della giunta esecutiva” stabilisce: adozione del regolamento interno del circolo dell’istituto che deve fra l’altro, stabilire le modalità per il funzionamento della biblioteca e per l’uso delle attrezzature culturali didattiche e sportive, per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola nonché durante l’uscita dalla medesima, per la partecipazione del pubblico alle sedute del consiglio ai sensi dell’articolo 42 e alla CM numero 105 slash 1975, che detta disposizioni circa l’applicazione del regolamento tipo nelle more dell’adozione del regolamento d’istituto.

La suddetta circolare richiamata propone uno schema tipo da tenere certamente in considerazione nella regolazione e redazione del regolamento interno di ogni scuola. Le materie regolamentate non possono entrare in concorrenza con il contenuto di altri documenti, ma possono disciplinare gli aspetti relativi ai comportamenti del personale e degli studenti. Tra gli ambiti da regolamentare troviamo, dunque, la vigilanza sugli alunni, ma anche il funzionamento della biblioteca, dei laboratori, dei gabinetti scientifici, delle palestre. Alcuni di questi ambiti faranno parte integrante anche della carta dei servizi, ovviamente secondo l’ottica della qualità della prestazione, non della regolazione dei comportamenti. Pertanto, ad esempio, per quanto riguarda la vigilanza sugli alunni, il regolamento prevederà i comportamenti di docenti, collaboratori scolastici, alunni e le procedure relative alla gestione delle assenze, mentre la carta dei servizi garantirà alle famiglie lo standard di prestazione, quindi la presenza di un certo numero di personale docente e ata, le strutture che saranno messe a disposizione per la ricreazione ecc. Il primo aspetto va rapportato al principio di legittimità dell’azione amministrativa della scuola, mentre il secondo aspetto attiene alla qualità del servizio offerto all’utenza.

Nello specifico, la regolazione della vigilanza non costituisce un modello standardizzabile, non solo per l’incidenza preliminare dell’età degli alunni, ma per le altre variabili: la struttura dell’istituto con tutte le implicazioni relative alla sicurezza, la toponomastica dell’istituto, la tipologia di scuola, il contesto socio-economico, il rapporto con l’ente locale.

Il contenuto del regolamento è, dunque variabile, ma ci sono dei punti del contenuto imprescindibili da regolare:

  • la disciplina dell’entrata e dell’uscita;
  • la ricreazione;
  • il cambio del docente;
  • gli spostamenti interni da parte degli studenti;
  • le uscite didattiche e le gite;
  • l’uso di laboratori e attrezzature.

La norma prevede il ruolo deliberativo del consiglio di istituto, ma è anche previsto il parere del collegio dei docenti per tutte quelle materie che coinvolgono anche l’attività didattica. Nel caso della vigilanza è opportuno un coinvolgimento del collegio manifestato in un parere. Peraltro, nel consiglio di istituto la presenza di docenti garantisce già la rappresentatività degli interessi della categoria. Sarà il modello comunicativo interno di ogni scuola a garantire la comunicazione efficace tra le varie rappresentanze di interessi coinvolti.

La violazione di una norma regolamentare può avere riflessi disciplinari per il personale, azionabili una volta che si sia resa palese l’infrazione. Bisogna ricordare come la violazione di una norma interna regolamentare comporta, in sede di responsabilità penale e amministrativa, la presunzione di colpa grave a carico del dipendente.

La vigilanza nel regolamento di disciplina degli studenti

Secondo lo Statuto delle studentesse e degli studenti (d.p.r. 249/1998), art. 4,  “I regolamenti delle singole istituzioni scolastiche individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari con riferimento ai doveri elencati nell’articolo 3, al corretto svolgimento dei rapporti all’interno della comunità scolastica e alle situazioni specifiche di ogni singola scuola, le relative sanzioni, gli organi competenti ad irrogarle e il relativo procedimento, secondo i criteri di seguito indicati. I provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità ed al ripristino di rapporti corretti all’interno della comunità scolastica”.

Vengono adottati dal Consiglio di istituto previa consultazione degli studenti nella scuola secondaria superiore e dei genitori nella scuola media (art. 6); individuano le mancanze disciplinari alla luce dell’art. 3, gli organi competenti ad irrogare le sanzioni, il relativo procedimento, secondo i criteri dello Statuto. etc.

La scelta dell’organo competente all’adozione del Regolamento è coerente con la natura rappresentativa di tutte le componenti presenti nel consiglio di istituto.

Limiti assoluti alla potestà regolamentare sono: divieto di riduzione delle garanzie offerte dallo Statuto; divieto di sanzionamento della libera espressione del pensiero (art. 4); divieto di influenza delle infrazioni sulla valutazione del profitto (art. 4, 4 co)”.

Il comportamento degli studenti influenza certamente l’esito della vigilanza da parte di docenti e collaboratori scolastici. Da parte del docente la “tenuta disciplinare” della classe viene considerata come dovere professionale. In particolare, il rispetto delle norme comportamentali previste dal regolamento di disciplina costituisce azione di richiamo costante da parte del docente durante l’attività didattica e la permanenza a scuola. In sede eventuale di giudizio a seguito di evento lesivo, il giudice valuterà il concorso sia dell’azione docente di mantenimento dell’ordine nella classe, sia il comportamento dello studente. Tale ultimo comportamento può essere valutato al fine del riconoscimento dell’evento lesivo del tutto “imprevedibile e imprevenibile” proprio a causa del comportamento dello studente non riconducibile all’ordinario target tenuto durante la permanenza a scuola.

Se nel giudizio civile è solo il nesso di causalità a portare alla condanna dell’Amministrazione, nel giudizio di responsabilità davanti alla Corte dei conti, la valutazione della colpa del docente avviene in concreto, attraverso la ricostruzione del suo comportamento e delle azioni messe in campo – in questo caso il mantenimento dell’ordine della classe – per evitare l’evento lesivo, nonché del concorso dell’eventuale comportamento irresponsabile dello studente.

L’obbligo di vigilanza, dunque,  si estende ai comportamenti infrattivi degli studenti, così come viene richiamato nella Direttiva n. 30/2007 “Per quanto attiene alla responsabilità deontologica e professionale dei dirigenti, dei docenti e del personale ATA, si ricorda che il dovere di vigilanza sui comportamenti degli alunni sussiste in tutti gli spazi scolastici ed esige la tempestiva segnalazione alle autorità competenti di eventuali infrazioni, ed in particolare quando trattasi degli episodi di violenza sopra richiamati, dovere la cui inosservanza è materia di valutazione disciplinare”.

La vigilanza nel patto di corresponsabilità educativa

L’art. 5 bis del d.p.r. 249/1998, introdotto dal d.p.r. n. 235/2007, va coordinato con gli articoli 2 e 3 del d.p.r. n. 249/1998 che già prevedono diritti e doveri degli studenti. Ciò anche al fine di distinguere il Patto educativo di corresponsabilità dal regolamento di istituto e/o di disciplina.

L’art. 3 riguarda i doveri, distinti in doveri “di ruolo” e “di comportamento”: per doveri “di ruolo” si intendono i doveri propri dell’essere studente, quali: frequentare regolarmente le lezioni; assolvere costantemente agli impegni di studio; rispettare, anche formalmente il Capo d’istituto, i docenti, il personale ATA e i compagni. Per doveri “di comportamento” si intendono quelli consistenti in: essere corretti e coerenti con i principi riportati all’art. 1; utilizzare correttamente le strutture, i sussidi didattici, i macchinari e non arrecare danni al patrimonio della scuola; condividere la responsabilità di rendere gradevole l’ambiente scolastico e averne cura per migliorare la qualità della vita all’interno della scuola.

La differenza più evidente tra le predette norme sta nel fatto che, mentre destinatari degli artt. 2 e 3 sono gli studenti, destinatari dell’art. 5 bis sono i genitori.

Finalità della norma è quella di creare un’alleanza educativa scuola-famiglia nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità. Il Patto, infatti, non si sostituisce alla regolazione delle singole responsabilità (dei docenti e dei genitori) ma si fonda su un presupposto diverso e diversi sono gli effetti. Il diverso presupposto è la condivisione di un percorso educativo di accompagnamento alla vita scolastica dello studente, che possa garantire la sua crescita e maturazione civile e sociale. Non si tratta di un contratto che prevede sanzioni in caso di inadempimento, poiché le sanzioni potranno derivare, sempre dallo stesso comportamento, ma così come previste dai regolamenti e dalle norme sulle responsabilità.

Ed è proprio per questa sua natura metagiuridica che il Patto deve essere sottoscritto da entrambi i genitori, indipendentemente dal loro stato civile. Il figlio minorenne ha “diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi” (l. n. 54/2006). La partecipazione e la doppia firma del “Patto educativo di corresponsabilità” da parte di entrambi i genitori separati o divorziati costituisce uno strumento per favorire la crescita consapevole e serena di ogni alunno a prescindere dalla situazione personale e familiare[1].

L’obbligo di vigilanza, gravante non solo sui docenti, ma anche sui genitori, unitamente all’obbligo in educando, deve trovare nel patto un punto fermo di riconoscimento da parte dei genitori, attraverso l’impegno educativo concreto all’autoresponsabilizzazione, fin dalla tenere età in modo tale da favorire comportamenti virtuosi nel rispetto delle regole di comportamento e di rispetto degli altri studenti.

In questo ambito sarà conveniente attivare interventi sostanziali, individuando – in maniera condivisa con le famiglie – soluzioni organizzative maggiormente atte, anche nel momento dell’uscita da scuola, a scongiurare pregiudizio all’incolumità fisica degli alunni.

Si comprende come il patto non possa consistere in un documento standardizzato e non partecipato da parte delle famiglie. Una efficace comunicazione deve garantire la presa di consapevolezza da parte dei genitori e degli stessi studenti. Casi particolari di ragazzi difficili richiedono una regolazione ad hoc ed una manutenzione in itinere che segua l’andamento del comportamento del ragazzo e della qualità delle sue relazioni sociali con l’aula. In caso di evento lesivo questo documento fa parte delle prove a discarico dell’Amministrazione che può provare l’impegno nella costruzione di un rapporto efficace con la famiglia.

La vigilanza nella carta dei servizi

La vigilanza è anche un servizio, con propri standard da garantire alle famiglie. Ecco perché parliamo di Carta dei servizi scolastici. Per la scuola è stato il D.P.C.M. del giugno 95, specifico per la scuola, che ha disposto uno schema di riferimento, sul cui modello gli istituti scolastici hanno approntato una Carta dei Servizi Scolastici da pubblicizzare, fornire agli utenti e inviare in copia al Dipartimento della Funzione Pubblica. Una successiva C. M. n. 255/95 precisa che la Carta è deliberata dal Consiglio d’Istituto su preventivo parere del Collegio Docenti (vincolante per gli aspetti pedagogico didattici). Il modello di Carta proposto dal D.P.C.M.  elenca numerosi ed ovvi principi: imparzialità, regolarità, trasparenza, libertà d’insegnamento ecc…

Il fatto che il soggetto erogatore indichi gli obblighi sulla Carta consente all’utente di far valere le responsabilità per mancato o inesatto adempimento della prestazione, secondo i termini generali della disciplina civilistica, così come specificati e disciplinati dalla Carta di settore.

Il modello di cittadino al quale si rivolge la Carta è di tipo partecipativo. La partecipazione è stata introdotta dalla legge n. 241/90, al fine di realizzare procedimenti amministrativi rispondenti all’interesse pubblico e all’interesse del privato cittadino. Lo stesso principio della partecipazione si ritrova nel d.lgs. n. 286/99 che dedica l’art. 11 alla “Qualità dei servizi pubblici”. In questo articolo la partecipazione si intende come co-azione dei cittadini finalizzata alla determinazione degli standard di qualità dei servizi. Purtroppo, il dettato è rimasto inattuato e, nella scuola, in particolare, la Carta dei servizi finisce, spesso, per far parte del Piano dell’offerta formativa, perdendo le sue caratteristiche peculiari.

È da notare, inoltre, che il d.P.R. n. 249/1998 (recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria) ha prescritto che i regolamenti delle scuole e la “Carta dei servizi” sono adottati o modificati previa consultazione degli studenti nella scuola superiore e dei genitori nella scuola media.

La Carta dei servizi fissa i principi fondamentali dell’agire scolastico e visualizza i meccanismi di funzionamento dei servizi amministrativi, di accoglienza e comunicazione e ne fissa i livelli di prestazione garantiti per l’utenza. Non riguarda l’attività didattica, poiché essa trova la propria collocazione nel Piano dell’offerta formativa, luogo deputato alla garanzia dell’esplicazione della professionalità docente.

Si tratta di un documento di pianificazione che trae la sua legittimazione dal sistema organizzativo della scuola già attuato. Gli standard di prestazione contenuti nella carta nei vari settori della scuola sono rilevati dalle pratiche amministrative e organizzative.

Per servizio intendiamo l’organizzazione delle risorse strumentali e delle prestazioni lavorative finalizzate ai servizi amministrativi, di accoglienza e comunicazione. Gli standard di prestazione hanno, ovviamente, attinenza con l’organizzazione del lavoro. La Carta non è un documento rigido, ma certamente stabile. Pertanto, la fissazione della “misura” del livello delle prestazioni va garantita e concertata con l’utenza, compatibilmente con le condizioni organizzative e con le dotazioni di personale di cui la scuola dispone.

Certamente il contenuto della Carta dei Servizi va correlato con gli altri documenti che nella scuola fissano ruoli, responsabilità e contenuti del servizio. Dunque, la vigilanza è anche un servizio da quantificare e qualificare in standard di prestazione. Pertanto, si deve fare riferimento al numero dei collaboratori scolastici allocati nelle zone comuni nei vari momenti dell’attività scolastica. Altro standard è rappresentato dal livello di sicurezza della struttura scolastica: controlli del livello di sicurezza, accertamenti tecnici periodici, formazione degli addetti alla sicurezza. La formazione sulla vigilanza diretta al personale docente e ai collaboratori scolastici è un altro standard di qualità della vigilanza. Ogni scuola, con le sue caratteristiche e la sua complessità articola la Carta partendo necessariamente dal Regolamento di istituto (se contiene il segmento della vigilanza) o dallo specifico Regolamento sulla vigilanza, dai documenti di organizzazione del personale, in particolare il piano delle attività del personale ATA. Possiamo affermare che la Carta dei servizi è un documento derivato e gli standard rappresentano l’elaborazione e quantificazione delle regole comportamentali e dei documenti di organizzazione del personale.

In pratica, la Carta deve riportare:

  1. le caratteristiche di qualità che l’utente prevalentemente si attende dallo svolgimento delle varie attività dell’istituzione erogatrice (cd. “fattori di qualità”), e in particolare dell’attività di vigilanza;
  2. i livelli o gli obiettivi quantitativi e/o qualitativi ai quali, tendono le attività della struttura organizzativa (cd. “standard”) e nel caso della vigilanza, ad esempio, la presenza costante del numero previsto di collaboratori nei vari momenti della quotidianità scolastica;
  3. i meccanismi approntati per monitorare e valutare costantemente l’attività svolta, anche al fine di praticare correttivi in itinere (cd. “valutazione del servizio”)
  4. i mezzi o rimedi messi a disposizione degli utenti per segnalare disfunzioni, prima di dar corso ad eventuale contenzioso (cd. “procedure di reclamo”).

Dall’esercizio del diritto al reclamo nascono conseguenze di natura disciplinare, poiché si attiva la verifica del comportamento che ha portato a violare lo standard di qualità e in caso di riscontro positivo scatta l’obbligo della contestazione di addebiti.

La vigilanza nel piano delle attività del personale ATA

Il piano delle attività del personale ATA è il documento organizzativo datoriale che, relativamente all’obbligo di vigilanza determina i ruoli e i compiti dei collaboratori scolastici.

Nell’ottica di un legame funzionale tra tutti i documenti di programmazione della scuola, possiamo dire che il Piano annuale delle attività segue il PTOF e ne costituisce l’aspetto operativo. L’articolo che lo disciplina è l’art. 53 del CCNL 29/11/2007, che stabilisce che “All’inizio dell’anno scolastico il direttore sga formula una proposta di piano dell’attività inerente alla materia del presente articolo, sentito il personale ATA. Il Dirigente scolastico, verificatane la congruenza rispetto al PTOF fa proprio il piano delle attività”.

La fase propositiva “tecnica”, affidata al Direttore sga si concretizza in una proposta che:

  • pianifichi le prestazioni   dell’orario di lavoro; 
  • regoli l’attribuzione degli incarichi organizzativi, comprese le ulteriori mansioni alle posizioni economiche;
  • individui criteri generali e modalità  operative per l’attribuzione  degli incarichi  specifici,  tra i quali  assume  particolare rilevanza  quello  della  sostituzione  del  Direttore;
  • delinei razionalmente l’intensificazione delle prestazioni lavorative, giustifichi   le prestazioni   eccedenti l’orario  d’obbligo.

In particolare, ad esempio, ai collaboratori scolastici compete nell’ambito della sorveglianza secondo il calendario settimanale e i posti assegnati a ciascuno:

-l’apertura dei cancelli e delle porte d’ingresso;
-la sorveglianza degli spazi esterni all’edificio e delle porte di accesso durante l’entrata degli alunni;
– la sorveglianza degli alunni che arrivano a scuola non accompagnati dai genitori e/o comunque presenti nell’edificio;
-la vigilanza sul passaggio degli alunni nei rispettivi piani di servizio, fino all’entrata degli stessi nelle proprie aule;
-la chiusura dei cancelli e delle porte quindici minuti dopo l’inizio delle lezioni;
-l’accoglienza degli alunni ritardatari che, se piccoli, vengono poi da loro accompagnati in classe;
-la sorveglianza delle porte di accesso, degli atri, dei corridoi per impedire l’accesso ad estranei.

Trattandosi di atto datoriale, il dirigente potrebbe anche non accogliere la proposta del direttore sga, non trovandola coerente con gli altri documenti di pianificazione (il Ptof e le proposte progettuali) e con gli standard di prestazione fissati nella Carta dei servizi.

In pratica, la sequenza è la seguente:

  • il dirigente emana le direttive per il direttore sga (possono anche avere valore pluriennale);
  • il direttore sga convoca il personale ATA aprendo la discussione sull’organizzazione funzionale alla realizzazione dell’offerta formativa e all’organizzazione dei servizi;
  • il direttore elabora la proposta per il dirigente, tenendo conto delle prescrizioni dell’art. 47 del CCNL vigente;
  • il dirigente, se d’accordo, adotta la proposta di piano dopo aver informato le RSU.

La puntuale attuazione dello stesso è affidata al Direttore sga anche attraverso ordini di servizio. Da ciò deriva l’eventuale responsabilità disciplinare del collaboratore scolastico che risulta inadempiente rispetto al Piano delle attività e contemporaneamente viola lo standard della carta dei servizi relativo alla vigilanza sugli alunni.

La vigilanza nelle circolari interne

La vigilanza sugli alunni disciplinata in una circolare dirigenziale costituisce una manifestazione unilaterale di volontà a differenza del regolamento e del patto di corresponsabilità e anche del piano delle attività personale ATA. Le circolari non costituiscono atti con valore provvedimentale, ma disposizioni di carattere interno alla struttura scolastica. Nel caso di una circolare sulla vigilanza non siamo di fronte ad una circolare normativa o interpretativa, ma di fronte ad uno strumento che fornisce indicazioni in via generale ed astratta in ordine alle modalità con cui dovranno comportarsi in futuro i docenti e i collaboratori scolastici, con la conseguenza che rientrano nel genus degli atti interni all’amministrazione. Tradizionalmente è una lettera (lettera circolare) ma oggi può essere anche una comunicazione telematica (ad esempio, un’e-mail). L’uso delle circolari è tipico delle organizzazioni burocratiche, dove vengono utilizzate dai superiori per impartire ordini e disposizioni ai loro subordinati. Dal punto di vista giuridico gli ordini e le disposizioni contenute nella circolare hanno validità limitata all’ordinamento interno dell’organizzazione e non trovano, quindi, applicazione nei confronti degli estranei che si rapportano con essa. Regolare la vigilanza con una circolare significa dare alla stessa contenuto ordinatorio, vincolante per tutti coloro che si trovano nella situazione oggetto della regolazione. In ogni caso le disposizioni datoriali contenute nella circolare devono essere coerenti i documenti presupposti, il Ptof, il regolamento di istituto, la Carta dei servizi, il patto di corresponsabilità educativa, il piano delle attività del personale ATA

Si comprende facilmente come la sua mancata applicazione dà luogo, in caso di evento lesivo a danno dello studente, ad una presunzione di responsabilità con correlati effetti disciplinari. E anche se nel giudizio civile la legittimazione passiva è del Ministero dell’Istruzione e del Merito, l’evidenza della violazione del contenuto dispositivo dirigenziale può comportare effetti anche immediati, quale, ad esempio, la richiesta al giudice ordinario di garanzie patrimoniali a carico del docente o del collaboratore scolastico. Inoltre, nel prosieguo della vicenda processuale davanti alla Corte dei conti tale elemento è manifestazione di colpa grave.

In conclusione, la scelta di tale strumento regolativo, qualora sia l’unico a disporre in tema di vigilanza, denota l’assenza della partecipazione da parte degli attori stessi della vigilanza. Se invece la circolare è a completamento del regolamento di istituto, essa assume un contenuto sempre ordinatorio ma descrittivo e integrativo della fonte regolativa principale, il regolamento.

La vigilanza negli ordini di servizio

il rapporto di lavoro subordinato presso la P.A. comporta la soggezione alle prescrizioni e agli ordini di servizio dell’amministrazione. L’estensione delle norme contenute nel Libro V del lavoro del codice civile è dichiarata dall’art. 2, comma 2 del d.lgs. 165/2001. Il lavoratore subordinato presta il proprio lavoro intellettuale o materiale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (articolo 2094 cod.civ). La caratteristica fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, infatti, è individuata da giurisprudenza e dottrina nella c.d. eterodirezione. Attraverso l’esercizio del potere direttivo, in estrema sintesi, il datore di lavoro specifica in concreto quale sia la prestazione lavorativa dovuta (Vallebona). Detta, in altri termini, le precise istruzioni per la concreta esecuzione del lavoro (Mazzoni). Al potere direttivo corrisponde, in capo al lavoratore, l’obbligo di obbedienza, sancito dall’articolo 2104 cod. civ. che richiama il generale dovere di collaborazione dovuto dal dipendente all’azienda, che trova il proprio fondamento oltre che nelle norme contrattuali, anche nel dovere di collaborazione, che “comporta per il dipendente l’obbligo di attenersi alle prescrizioni del dirigente relative all’organizzazione interna del lavoro.”

Il personale scolastico non fa eccezione. Nel sistema organizzativo della vigilanza l’ordine dovrebbe avere rilievo residuale considerato che la regolazione interna e i documenti di programmazione già regolano l’esercizio della funzione di vigilanza. Un ordine di servizio “strumentale” potrebbe fare una ricognizione ragionata degli altri documenti, mettendo in evidenza i doveri del personale.

In ogni caso è ammissibile tale uso residuale finalizzato a puntualizzare singoli adempimenti sopraggiunti oppure a declinare più compiutamente adempimenti specifici. La natura datoriale dell’ordine di servizio pone il dipendente in una posizione di obbligo di fare, con connesse responsabilità disciplinari.

La vigilanza negli accordi con il territorio

La vigilanza sugli alunni, in particolare nel momento dell’uscita dalla scuola, va disciplinata in relazione alla specificità del contesto territoriale, valutando le fonti di rischio. A tal fine non si possono considerare il dirigente, i docenti e i collaboratori scolastici quali unici attori del processo organizzativo e attuativo della vigilanza, ma bisogna coinvolgere innanzitutto il responsabile SPP, la polizia municipale, la protezione civile per la verifica della ricorrenza statistica di certi eventi in quel particolare contesto. L ’art. 19 bis al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con legge 4 dicembre 2017, n. 172 prevede che i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i  tutori e i soggetti affidatari ai sensi della legge 4 maggio 1983,  n.  184, dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età di questi  ultimi, del loro grado di autonomia e dello specifico  contesto,  nell’ambito di un processo  volto  alla  loro  autoresponsabilizzazione,  possono autorizzare le istituzioni del  sistema  nazionale  di  istruzione  a consentire l’uscita  autonoma  dei  minori  di  14  anni  dai  locali scolastici al termine  dell’orario  delle  lezioni.  L’autorizzazione esonera il personale scolastico  dalla  responsabilità   connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza. Questa previsione costituisce davvero una svolta nel regime della responsabilità della scuola nei confronti degli alunni al disotto dei quattordici anni, ma occorre chiedersi se basta la dichiarazione genitoriale dell’attestazione del grado di autoresponsabilizzazione dei minori. Dal punto di vista dell’azione educativa anche la scuola dovrebbe dire la sua, essendo coinvolta nel processo formativo dei ragazzi. Nella stessa dichiarazione i genitori potrebbero altresì precisare di aver provveduto ad assicurare al figlio la necessaria educazione in ordine ai comportamenti corretti da assumersi e che, quindi, quest’ultimo è da loro autorizzato a svolgere determinate attività (partecipare a progetti/eventi organizzati dalla scuola; rientrare a casa da solo, etc.).

L’autorizzazione non costituisce una cd. “liberatoria”, ma una “dichiarazione di consapevolezzadei genitori, con la quale essi assumono la responsabilità educativa, facendosene carico.

Occorre altresì individuare, insieme alle famiglie ed alle amministrazioni locali competenti per il trasporto scolastico, soluzioni organizzative, magari con il supporto delle associazioni di volontariato del territorio, finalizzate a prevenire le situazioni di pericolo in danno agli alunni.

Le determinazioni in merito a tali soluzioni vanno condensate in atti formali, quali protocolli d’intesa, accordi. Questi documenti devono precisare i rispettivi ruoli e le responsabilità. Le situazioni concrete che si possono disciplinare sono innumerevoli, ma il fulcro gira intorno all’attraversamento della strada al momento dell’uscita, al percorso cancello della scuola – pulmino, alla discesa dallo stesso. L ’art. 19 bis al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con legge 4 dicembre 2017, n. 172, prevede l’autorizzazione ad usufruire in modo autonomo del  servizio  di trasporto  scolastico,   rilasciata   dai   genitori   esercenti   la responsabilità genitoriale, dai tutori e dai soggetti affidatari dei minori di 14 anni agli enti  locali  gestori  del  servizio, che  esonera dalla  responsabilità  connessa  all’adempimento   dell’obbligo   di vigilanza nella salita e discesa dal mezzo e nel tempo di sosta  alla fermata utilizzata, anche al ritorno dalle attività scolastiche.

È ovvio che, come nella generale disciplina dell’obbligo di vigilanza, occorre avere cura, nell’individuazione delle modalità di organizzazione dell’uscita al termine delle lezioni, di adottare soluzioni graduali e coerenti con la progressiva e crescente acquisizione di autonomia dei minori, ad es. evitando soluzioni drasticamente differenti nel delicato momento di passaggio tra la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado.

Conclusioni

I documenti richiamati devono essere coerenti e interrelati. L’elenco può essere integrato con disposizioni pratiche finalizzate a facilitare il compito di docenti e collaboratori scolastici, quali i protocolli operativi che, non indispensabili per definizione, costituiscono un valido strumento nel caso di scuole complesse che richiedono adempimenti articolati e differenziati al loro interno.

La documentazione assume, dunque, un valore probatorio essenziale in caso di contenzioso, ma l’aspetto più importante è la funzione preventiva e di accompagnamento dei comportamenti degli operatori coinvolti.


[1]          ‘a prescindere dalla sottoscrizione del patto educativo di corresponsabilità’ – ‘i genitori, in sede di giudizio civile, potranno essere ritenuti direttamente responsabili’ dei danni causati dai comportamenti dei figli ‘ove venga dimostrato che non abbiano impartito ai figli un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti’, secondo quando disposto dalla normativa vigente (nota ministeriale del 31/7/2008).