Parere Consiglio di Stato 7149/09

Numero 07149/2009 e data 09/12/2009

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Normativa per gli Atti Consultivi

Adunanza di Sezione del 26 novembre 2009

NUMERO AFFARE 04596/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione dell’universita’ e della ricerca;

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4789 del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo;

PREMESSO:

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante“Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte norme generali relative all’ordinamento organizzativo e didattico dei licei.

Lo schema è composto dal preambolo, da sedici articoli e dagli allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento e stabilisce che i licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 2006 e successive modificazioni e dal regolamento, preordinato alla introduzione delle misure di razionalizzazione di cui al comma 4, lettera b) dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

L’articolo 2 definisce l’identità dei licei, fissandone le finalità e la durata dei percorsi di studio. Il comma 1 individua la collocazione dei licei nel sistema dell’istruzione secondaria superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni. Il comma 2 si sofferma sul profilo culturale comune assicurato allo studente che costituisce l’unitarietà dei percorsi liceali. Il comma 3 stabilisce la durata quinquennale dei licei e la loro articolazione in due bienni e nell’anno terminale, nel rispetto delle indicazioni del decreto legislativo n. 226 del 2005. Il comma 4 ribadisce che il primo biennio è finalizzato anche all’assolvimento dell’obbligo scolastico, mentre il comma 5 prevede la stipulazione di intese con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, al fine di orientare le scelte successive dello studente.

L’articolo 3 definisce l’articolazione del sistema dei licei e fissa il profilo educativo, culturale e professionale dello studente al termine dei corsi di studio quale previsto dall’Allegato A. Viene inoltre previsto che alla riorganizzazione delle sezioni bilingui, delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo classico europeo e di liceo linguistico europeo si provvederà con separato regolamento.

L’articolo 4 definisce il percorso del liceo artistico, individuandone le finalità educativo-formative, gli indirizzi, le attività laboratoriali e l’orario annuale degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e degli insegnamenti obbligatori di indirizzo, con riferimento ai singoli bienni e all’anno finale del corso di studi. Il piano degli studi è fissato nell’Allegato B del provvedimento. Al fine di corrispondere alle esigenze e vocazioni delle realtà territoriali il potenziamento e l’articolazione dell’offerta formativa dei licei artistici possono essere assicurati mediante specifiche intese con le Regioni, con particolare riferimento alle attività laboratoriali ed alle interazioni con il mondo del lavoro.

L’articolo 5 detta disposizioni analoghe con riferimento ai percorsi del liceo classico, il cui piano di studi è fissato dall’Allegato C.

L’articolo 6 disciplina i percorsi del liceo linguistico, finalizzati a far acquisire agli studenti le competenze relative a tre lingue e culture straniere; il relativo piano di studi è contenuto nell’Allegato D del provvedimento.

L’articolo 7 detta le norme specifiche per i percorsi del liceo musicale e coreutico, articolato nelle relative due distinte sezioni, il cui piano di studi è fissato nell’Allegato E.

Gli articoli 8 e 9 dettano, rispettivamente, la disciplina dei percorsi del liceo scientifico e del liceo delle scienze umane, nonché delle relative opzioni scientifico-tecnologica ed economico-sociale, i cui piani di studio sono contenuti nei corrispondenti Allegati F e G.

L’articolo 10 disciplina la materia relativa allo svolgimento delle attività educative e didattiche ed ai relativi orari annuali d’insegnamento.

L’articolo 11 fissa i criteri per la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, facendo riferimento, in primo luogo, alle disposizioni dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e all’articolo 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 137 del 2008, e al relativo regolamento attuativo. Il titolo finale rilasciato al superamento dell’esame di Stato assume la dizione di “Diploma liceale” con indicazione della tipologia liceale e l’eventuale indirizzo seguito dallo studente.

L’articolo 12 disciplina il monitoraggio e la valutazione di sistema.

L’articolo 13 definisce il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dei percorsi dei licei.

L’articolo 14 detta disposizioni specifiche per le regioni a statuto speciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per scuole con insegnamento in lingua slovena.

L’articolo 15 contiene la ricognizione delle disposizioni abrogate, con riferimento al decreto legislativo n. 226 del 2005.

L’articolo 16 detta le disposizioni finali, stabilendo che all’attuazione del regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per i licei

Allegato B: Piano degli studi del liceo artistico, indirizzi:

B1 – Architettura, Design, Ambiente

B2 – Audiovisivo, Multimedia, Scenografia

Allegato C: Piano degli studi del liceo classico

Allegato D: Piano degli studi del liceo linguistico

Allegato E: Piano degli studi del liceo musicale e coreutico, articolato in un’area comune e nelle sezioni musicale e coreutica

Allegato F: Piano degli studi del liceo scientifico e dell’opzione scientifico-tecnologica

Allegato G: Piano degli studi del liceo delle scienze umane e dell’opzione economico sociale

Allegato H: Insegnamenti attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa nei limiti del contingente di organico assegnato all’istituzione scolastica

Allegato I: Tabella di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria superiore previsti dall’ordinamento previdente nei percorsi liceali del nuovo ordinamento

Allegato L: Tabella di corrispondenza dei titoli di studio in uscita dai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado dell’ordinamento previdente con i titoli di studio in uscita dai percorsi liceali del nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’oggetto astratto del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le concrete disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché se siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione liceale.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Il vigente ordinamento scolastico (art. 191 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) prevede tre tipologie di liceo, liceo classico, liceo scientifico e liceo artistico, cui si aggiunge l’istituto magistrale. Questi ultimi due percorsi, attraverso un anno integrativo, consentono l’accesso a tutti i percorsi di laurea. Il liceo linguistico attualmente fa parte del sistema delle scuole non statali ed è tuttora regolato dal decreto ministeriale 31 luglio 1973.

L’esigenza di adeguamento di questo modello ha portato numerose sperimentazioni riconducibili all’autonomia scolastica. Da parte sua il legislatore ha impostato tentativi di riforma dei cicli scolastici e dunque anche del secondo ciclo dell’istruzione, che non hanno dato esito.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale, definiti, all’articolo 1 “di pari dignità” e accomunati da un unico “profilo educativo, culturale, professionale” declinato in un apposito allegato. Il sistema dei licei risultava formato dai licei artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, delle scienze umane (ex magistrale), economico e tecnologico (percorsi destinati ad assorbire almeno in parte l’istruzione tecnica e professionale).

Gli ordinamenti previsti nel decreto legislativo n. 226 del 2005 non sono stati ancora sperimentati né, tanto meno, sono entrati in vigore, essendo stato prorogato già dalla precedente legislatura all’anno scolastico 2009 del 2010 l’avvio delle prime classi liceali a seguito dell’articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40. Il medesimo articolo 13 ha altresì soppresso il liceo economico ed il liceo tecnologico e prospettato il rilancio degli istituti tecnici e professionali.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha, infine, confermato l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle tesi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”) che, per quanto concerne il secondo ciclo, investe anche e contestualmente, attraverso specifici regolamenti, i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali, attuando la delega che risale appunto ai commi 1 bis e 1 ter del succitato articolo 13. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, secondo la quale il riordino dei licei delineato nello schema di regolamento si colloca nel solco dei precedenti interventi normativi e nel quadro di riferimento incardinando la revisione dei percorsi intorno a quattro punti fondamentali:

a) riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione, attraverso la definizione dell’apposito Profilo (allegato A) e delle future “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”;

b) fare acquisire ai giovani, attraverso l’unitarietà del percorso liceale, declinata nei vari percorsi a seconda delle personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari;

c) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dall’accavallarsi e dal sovrapporsi delle sperimentazioni, delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura declinata, pur in presenza di una forte area comune, che rafforza lo studio della matematica e della lingua straniera, riequilibrando così il tradizionale predominio della componente umanistica classica, a seconda dei percorsi, piuttosto che all’estensione e alla parcellizzazione dei saperi;

d) demandare alle istituzioni scolastiche, attraverso il Piano dell’offerta formativa, la ricerca progettuale e l’elaborazione di specifici progetti culturali che vengono a integrare i requisiti e le indicazioni previsti dallo Stato e a declinarli a seconda delle specificità del territorio, delle esperienze svolte e delle eccellenze presenti al loro interno.

Meno chiaro è se il testo predisposto si mantenga nei limiti della delega.

A tal la riguardo la Sezione ritiene di evidenziare un punto critico di ordine generale.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”.

Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi al sistema dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 saranno riesaminati con l’obiettivo di razionalizzarne l’impianto in termini di massima semplificazione. Andranno in tale contesto definite le discipline ed i carichi di orario delle singole tipologie in misura non superiore alle 30 ore settimanali”, precisando, quanto all’orario, che “L’orario obbligatorio di lezione nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226” e che “Per i licei artistici e i licei musicali e coreutica l’orario obbligatorio di lezione sarà di 32 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”.

Il testo del regolamento in visione, invece, si sembra spingersi ben oltre la mera razionalizzazione dei piani di studio e degli orari, sia per la profondità con cui impatta su questi ultimi, sia, soprattutto, perché contiene diverse disposizioni che eccedono tale ambito in senso stretto.

Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento da parte del Ministero dell’istruzione, che dovrà indicare su quale base, letterale, teleologica e sistematica, abbia proceduto all’estensione dell’oggetto di delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustifichino l’ampia revisione ordinamentale operata, specie in assenza di puntuali criteri sul riordino dei licei definiti dal piano programmatico.

Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone all’attenzione del Ministero dell’istruzione i seguenti punti.

L’articolo 1 stabilisce che “I licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni e dal presente decreto in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 16, comma 1 prevede che “All’attuazione del presente decreto si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

L’articolo 2 stabilisce che “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. Invece i successivi articoli, relativi ai singoli licei e con l’eccezione di quello scientifico (articoli 4, 5, 6, 7, 9) stabiliscono che i relativi percorsi sono diretti ad “approfondire conoscenze, abilità e competenze”, mettendo in primo piano un obiettivo formativo che nella disposizione generale appare in secondo piano, mentre risulta centrale nell’ambito degli istituti tecnici e professionali.

L’articolo 10, comma 1 lett. c) stabilisce che la quota dei piani di studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche nell’ambito degli indirizzi definiti dalle regioni in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale di cui all’articolo 3, comma 2, come determinata nei limiti del contingente di organico ad esse annualmente assegnato e tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie, non può essere superiore al 20 per cento del monte ore complessivo nel primo biennio, non può essere superiore al 30 per cento nel secondo biennio e non può essere superiore al 20 per cento nel quinto anno, salvo restando che l’orario previsto dal piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in misura superiore a un terzo nell’arco dei cinque anni. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.

L’art. 10, comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. a), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. b). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo poco convincente la giustificazione fornita dal Ministero, in risposta ai rilievi del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, secondo cui l’istituzione del Comitato scientifico esalti – piuttosto che comprimere – l’autonomia delle istituzioni e quella dei dipartimenti registri una prassi diffusa. Sarebbe più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell’incarico. La disposizione sembra infine riguardare una materia – quella degli organi collegiali della scuola – attualmente oggetto di una diversa disciplina legislativa, e per la quale risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.

L’articolo 10, comma 7 stabilisce che le attività e gli insegnamenti relativi a “Cittadinanza e Costituzione”, di cui all’art. 1 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, si sviluppano nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e nel monte ore complessivo in esse previsto, con riferimento all’insegnamento di “Diritto ed economia” o, in sua mancanza, all’insegnamento di “Storia”. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata effettivamente coordinata con le fonti primarie, tenuto conto che il predetto art. 1 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, è anteriore alla norma di delega.

L’art. 12, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio e valutazione dei percorsi liceali, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione liceale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte un rappresentante scelto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, rappresentanti delle scuole, delle università ed esponenti del mondo della cultura, dell’arte e della ricerca. Il Comitato si avvale dell’assistenza tecnica dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e dell’Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate in detta delega.

L’art. 13 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo la confluenza dei percorsi liceali e delle sperimentazioni in corso nei licei di cui al regolamento. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione illustri la graduazione di tale passaggio, anche con riguardo alla tutela dell’affidamento degli studenti che, trovandosi nelle situazioni di transito, subiranno una modificazione dell’iter formativo prescelto.

L’art. 13, comma 11 demanda a successivi decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, aventi natura non regolamentare, la definizione:

a) delle indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze, con riferimento ai profili di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, in relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui al presente decreto.

b) l’articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, in relazione alle classi di concorso del personale docente;

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione dei percorsi liceali, in relazione alle proposte formulate dal Comitato di cui all’articolo 12, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

La natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo della disposizione l’inciso “aventi natura non regolamentare”.

In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca fornisca i chiarimenti richiesti. All’esito la Sezione si riserva la facoltà di disporre l’audizione del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, nonché del dirigente generale competente all’istruttoria del regolamento.

P.Q.M.

Sospende l’emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo Alessandro Pajno

IL SEGRETARIO

Un commento su “Parere Consiglio di Stato 7149/09”

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