La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)

La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)
Il contesto famiglia: stili comunicativi e difficoltà della modernità

di Gino Lelli e Andrea Sorcinelli [1]

L’interazione comunicativa nella coppia è un vero e proprio insieme di comportamenti, coinvolge le componenti cognitive, motivazionali e fisiche dei due partner.

Sebbene ciascun partner abbia un suo stile di comunicazione particolare e originale, la maggior parte degli studiosi concorda nell’esistenza tre principali possibilità, che sono:

  1. il passivo,
  2. l’aggressivo,
  3. l’assertivo.

Lo stile comunicativo passivo è caratterizzato da una sottostima di sé, il partner quindi non si valuta alla stessa altezza dell’altro (a livello personale, lavorativo, e così via), nelle relazioni tende a subire.

Tendenzialmente, è una persona che si sottovaluta, che non riesce a esprimere idee e convinzioni, ha grande difficoltà nel prendere le decisioni perché è estremamente indecisa, insicura, dipende dal giudizio e dall’approvazione altrui.

La persona con stile passivo, non riesce a darsi un valore, dipende dagli altri che le attribuiscono o meno delle qualità, tutti sono migliori in qualunque ambito.

Dal punto di vista relazionale, è una persona che non è capace di dire no, non riesce a rifiutare le richieste che riceve, non è in grado di porre delle barriere, dei limiti, proprio perché dipende dal consenso degli altri.

Per ciò che riguarda le caratteristiche della comunicazione, è una persona che ha un tono di voce piuttosto basso, sottomesso, tende a tenere la testa bassa, la gestualità e la postura rispecchiano la sottomissione alle altre persone.

A livello di linguaggio verbale si esprime in maniera chiaramente passiva, con frasi quali: “non sono sicuro”, “non saprei cosa dire”, “quello che dico sbaglio”, “non sono mai riuscito a”, “non sono mai stato capace di”, “non riesco mai a” e così via.

Il partner passivo è, dunque, dominato da un costante senso di inferiorità, si illude che compiacendo l’altro si sentirà meglio, senza rendersi conto, però, che facendo così non farà altro che aumentare la propria disistima e sottomissione.

Nell’ambito di coppia, è compiacente in tutto, anche dinnanzi a richieste che non condivide, può rivolgersi al partner con espressioni quali: “come preferisci tu”, “com’è meglio per te”.

Tale atteggiamento suscita nel partner “passivo” rassegnazione e sconsolatezza.

Lo stile comunicativo aggressivo è tipico dei partner che hanno una sovrastima di sé, non ascoltano, non entrano in contatto con gli altri, perché convinti della loro superiorità e incapacità di sbagliare.

Tendono a prevaricare le altre persone perché si ritengono sempre nel giusto, pensano di non sbagliare mai e di avere sempre ragione.

All’interno del gruppo tendono a imporre le idee in maniera irruenta e arrogante, prendono decisioni in maniera istintiva, basandosi più sulle interpretazioni che sui fatti concreti, pretendono che gli altri si comportino come desiderano, secondo le loro aspettative o il loro volere. I partner con questo stile comunicativo attribuiscono errori o disagi agli altri e tendono ad essere accusatori e invadenti. Nell’ambito di coppia, di fronte a una particolare necessità, possono rivolgersi al partner con espressioni come: “Finché non hai finito di pulire, non si cenerà!”.

Tale atteggiamento suscita nel partner che subisce, frustrazione e rabbia.

Le persone con stile comunicativo aggressivo recitano il ruolo dei forti, si mettono la maschera degli infallibili ma, in realtà, non sono sicuri di sé e temono, più di ogni altra cosa, di mostrare paure e limiti.

Lo stile comunicativo assertivo si colloca tra i due precedenti stili (passivo e aggressivo), è caratterizzato da partner che hanno una stima di sé consona alla realtà, si valutano correttamente, rispettano gli altri, le loro idee, i diritti altrui e contemporaneamente se stessi. Ascoltano con interesse e attenzione il partner, pongono domande alla fine dell’esposizione, per verificare la loro comprensione. Spiegano con chiarezza le idee, se vengono interrotti, chiedono con cortesia e fermezza, di continuare il loro intervento, senza aggredire, né però subire l’interlocutore molesto.

Sono aperti al dialogo e al confronto, sono disposti a mettere in discussione il loro punto di vista, sono disponibili alla negoziazione e al compromesso, senza mai rinunciare, comunque, alla dignità o alle opinioni personali. Non cercano di svalutare o di sopravvalutare il partner o le idee altrui, si affermano serenamente.

Nell’ambito di coppia possono dire: “ritengo sia necessario terminare di pulire prima di cenare!”.

Quest’affermazione, basata sull’analisi della realtà, stimola nel partner un senso di responsabilità e di partecipazione, senza provocare sentimenti negativi.

Il partner assertivo è una persona leale, comprensiva e tollerante.

Famiglie: le difficoltà della modernità

Per il bambino in tenera età, la famiglia rappresenta il suo mondo e non la percepisce come una istituzione specifica all’interno di un contesto più grande, la società. All’inizio è, quindi, l’unica realtà esistente per il bimbo che comprende le persone che si prendono cura di lui e che più contano. Successivamente, scoprirà che la famiglia è aperta alla società ed è quel porto di partenza dove salpa il viaggio attraverso il mondo sociale, un microcosmo, dunque, che lo accompagnerà sul suo percorso nel macrocosmo.

Le aspettative emotive e morali assai elevate presenti nei componenti delle famiglie numerose di una volta (amore eterno tra i coniugi, che i genitori dedichino ogni attenzione al benessere dei figli, che sia gli adulti sia i bambini debbano realizzarsi ed essere felici in famiglia e fuori) divergono dalla realtà contemporanea dei nuclei familiari, caratterizzati da pochi membri, sempre più individualisti. La coesione familiare di un tempo, ora è abbastanza rara. Da qualche decennio il ruolo dei padri è comunque sempre più attivo nella vita familiare (ad esempio, partecipano con le madri ai corsi per la preparazione al parto, assistono alla nascita e così via).

Nonostante la maggiore presenza nel contesto famiglia dei padri, sono in aumento le separazioni e i divorzi, segno chiaro delle difficoltà che vive la realtà famiglia oggi.

Negli ultimi anni sono sempre di più i padri separati che non sono a disagio nell’occuparsi dei figli molto piccoli o nel seguire i risultati scolastici di quelli più grandi. Un numero sempre maggiore, inoltre, riconosce i figli naturali.

Cresce, quindi, il numero di padri che desiderano essere presenti nella vita dei figli nonostante la separazione o il divorzio e l’affidamento alle madri, determinati a far sì che gli venga riconosciuto il proprio ruolo genitoriale.

La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)

Ogni tentativo di diffamazione che un genitore attua a scapito dell’altro sortisce effetti disastrosi, perché può provocare nella prole la Sindrome da Alienazione Parentale (PAS).

Le motivazioni alla base del desiderio di rovinare il rapporto tra genitore e prole possono essere varie: la vendetta contro il partner, l’ottenere concessioni economiche, la convinzione di essere il più adatto, la paura di perdere l’affetto dei figli, la gelosia per la nuova condizione sentimentale del partner, il mantenimento della relazione attraverso il conflitto.

I genitori programmatori e denigratori sono generalmente vulnerabili, immaturi e dipendenti dalla prole o da altri membri della famiglia.

Di solito, il genitore a cui viene attribuita la responsabilità del fallimento del matrimonio (specie quando è stato infedele al coniuge o se ha avviato una relazione dopo la separazione) ha grandi probabilità di diventare il bersaglio. In quasi i 2/3 dei casi il genitore bersaglio è il padre.

L’attività di discredito può essere messa in atto, comunque, indifferentemente dal padre o dalla madre ma, principalmente, è opera del genitore affidatario che spesso è la madre.

La Sindrome da Alienazione Parentale da qualche anno è entrata a far parte della letteratura psicologica italiana, anche a causa degli sviluppi che si sono verificati nelle cause di affidamento.

Il primo sviluppo riguarda il principio seguito per concedere l’affidamento, originariamente veniva adottato il criterio della tenera età, poi si passò a quello dell’interesse prevalente della prole.

Questo consentì ai tribunali di esprimere giudizi fondati sulla valutazione delle reali condizioni presenti, delle capacità genitoriali, in generale di quei fattori che incidono sull’interesse prevalente dei figli.

Tale evoluzione normativa ebbe come effetto l’aumento delle cause per l’affidamento.

Il secondo importante sviluppo in tali cause riguarda l’introduzione di un nuovo modello di affidamento.

Se fino a quel momento era previsto che l’affidamento venisse concesso esclusivamente all’uno o all’altro genitore, con l’affidamento congiunto si determinarono nuove possibilità per entrambi i genitori. Anche in tal caso, si ebbe come effetto l’aumento delle cause per l’affidamento.

Questo provvedimento contribuì ad erodere il tempo che le madri potevano trascorrere con i figli, visto che dovettero dividerlo con i padri.

Tale disposizione, come l’affermazione del principio dell’interesse prevalente del bambino, determinarono l’aumento e l’intensificazione delle cause in cui i genitori richiesero l’affidamento della prole.

L’aumento di cause per l’affidamento contribuì alla crescita dei casi di Sindrome da Alienazione Parentale nella prole, che prevede due elementi concomitanti:

  • che un genitore condizioni la prole verso la denigrazione dell’altro,
  • che la prole partecipi attivamente all’estraniamento del genitore denigrato.

Si può parlare di Sindrome da Alienazione Parentale quando il genitore diffamato non ha mostrato nessun atteggiamento in grado di giustificare la denigrazione attuata dalla prole, vittimizzazione dunque del genitore, designato come bersaglio.

All’interno di una famiglia possono capitare episodi di carenze affettive o di altro genere da parte di uno dei genitori, è l’esagerazione nel trattare difetti e manchevolezze di scarsa importanza a essere il marchio della PAS.

Può anche accadere che il genitore denigratore e programmatore denunci negligenze o violenze false, il bersaglio a sua volta accuserà dell’intento di voler provocare la PAS nei figli.

Per scoprire se le accuse della prole vanno inserite in un contesto di autentica violenza oppure se si tratta di PAS è necessario che l’esaminatore possa riuscire a effettuare tutte le verifiche necessarie. Ci sono casi in cui è difficile fare questa differenziazione e ciò accade ad esempio quando vi è una PAS dovuta in parte anche a violenza e/o negligenza genitoriale. Solo un’indagine attenta e precisa con colloqui che coinvolgono padre, madre e figli in tutte le combinazioni possibili, può consentire di elaborare una esatta diagnosi.

Conclusioni

Il modo di comunicare dei partner di una coppia varia a seconda delle situazioni e dei momenti, anche se ciascuno, comunque, ha un proprio stile di prevalente.

Contrariamente a quanto si può pensare, non è così frequente incontrare dei partner esclusivamente aggressivi o passivi.

Lo stile comunicativo assertivo può essere appreso e attuato talvolta con piccoli accorgimenti che possono aiutare a rendere migliori e più funzionali le diverse interazioni della coppia.

Le difficoltà di comunicazione nella coppia e l’egocentrismo sempre più presente nelle persone, hanno condotto negli ultimi anni a un costante aumento di separazioni e divorzi. Vittime di tali divisioni sono i figli che talvolta sono indottrinati da un genitore (spesso l’affidatario) ad andare contro l’altro.

La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS) è il risultato di una forma di violenza sollecitata da un genitore nei confronti del figlio, che può avere come effetti negativi sia l’alienazione permanente verso l’altro genitore, sia la formazione di turbe psichiche.

Il genitore che programma e condiziona sistematicamente il figlio a denigrare e rifiutare l’altro, è spinto da rancore, odio, vendetta, disprezzo per il ruolo che dovrebbe avere. Tale forma di violenza è ardua da dimostrare perché spesso è sottile e difficilmente verificabile, a differenza di quella fisica che è considerata in tribunale un valido motivo per assegnare la custodia all’altro genitore.

Il genitore programmatore e denigratore dovrebbe rientrare nella categoria di coloro che hanno un deficit nella capacità parentale, in quanto non agisce nell’interesse del figlio.

Bibliografia

Cheli E., Teorie e tecniche della comunicazione interpersonale. Un’introduzione interdisciplinare, Franco Angeli, Milano, 2015

Mazzola M. A., Il danno da deprivazione genitoriale, Key, Milano, 2018

Montecchi F., I figli nelle separazioni conflittuali e nella (cosiddetta) PAS (Sindrome di alienazione genitoriale). Massacro psicologico e possibilità di riparazione, Franco Angeli, Milano, 2016

Nardone G., Salvini A., Il dialogo strategico. Comunicare persuadendo: tecniche evolute per il cambiamento, Ponte alle Grazie, Milano, 2018

Quagliata E., Essere genitori. Fare spazio al bambino: autostima, segnali di disagio, il ruolo del padre, le separazioni, Astrolabio Ubaldini, Roma, 2010


[1] Gino Lelli, Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino. Andrea Sorcinelli, Sociologo.