Valditara: «Tra dieci anni un milione e mezzo di studenti in meno»

da Il Sole 24 Ore

Le parole pronunciate durante gli Stati Generali della natalità. Maggiore calo alle superiori. Il fenomeno inciderà anche sulle cattedre
di Redazione Scuola

Il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione non avranno conseguenze soltanto nel 2070 quando, secondo le previsioni, spariranno 11 milioni di italiani e 500 miliardi di Pil, ma ci saranno «nell’immediato». A lanciare l’allarme agli Stati Generali della natalità è stato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara tratteggiando un quadro fosco del mondo della scuola, dove già fra 10 anni, se l’andamento demografico non cambierà rotta, ci saranno quasi milione e mezzo di studenti e circa 130mila cattedre in meno. «Il quadro è effettivamente allarmante» ha ammesso Valditara.

Il fenomeno

Nell’anno scolastico 2033/34 dai 7,4 milioni di studenti del 2021, si scenderà a poco più di 6 milioni «a ondate di 110/120mila ragazzi in meno ogni anno». Secondo il ministro dell’Istruzione l’effetto dell’andamento demografico dei prossimi 10 anni si sentirà di più nella scuola secondaria di secondo grado, con una perdita di circa 500mila studenti. Nella scuola secondaria di primo grado il calo sarà di quasi 300mila alunni, in quella primaria di circa 400mila scolari e in quella dell’infanzia di oltre 156mila bambini. Quanto alle cattedre si rischierebbe di passare da 684mila a circa 558mila nel 2033/34 con «una riduzione di 10/12mila posti di lavoro ogni anno, ma dobbiamo dare risposte su questo tema». Numeri che il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha definito da choc. Per Valditara questa situazione «dovrà condurre a nuovi criteri di formazione delle classi» e «a una revisione dei criteri di formazione degli organici». Soprattutto è necessario realizzare «una riforma che ci consenta di utilizzare le risorse dei docenti che andranno in eccesso per migliorare la formazione dei nostri ragazzi all’insegna della personalizzazione dell’educazione» ma per farlo bisogna rimettere al centro la persona «per riaffermare la cultura della vita».

Necessaria una «Rivoluzione culturale»

Per la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità, Eugenia Roccella per battere «non l’inverno ma l’inferno demografico» c’è bisogno di una “rivoluzione culturale”, «di un cambiamento significativo per quanto riguarda la genitorialità». Mentre per Gigi De Palo, promotore degli Stati Generali, «la natalità è un tema che riguarda la salute economica e sociale del Paese». Roccella ha ribadito che la natalità è per il Governo «una priorità» come dimostrato dall’ aumento dell’assegno unico, in particolare per le famiglie numerose, o dagli incentivi alle imprese per valorizzare il lavoro femminile. «Fin quando le donne vivranno la maternità – ha detto la ministra alla Famiglia – come un’opzione alternativa alla realizzazione professionale sarà difficile sperare di invertire la tendenza al declino demografico».
E l’ex presidente dell’Istat Giancarlo Blangiardo ha ricordato numeri alla mano che «avere figli allontana dal mercato del lavoro» come dimostra il tasso di occupazione delle single, quasi il doppio rispetto alle madri. Ma è soprattutto nella delega fiscale, ha spiegato Roccella, che sono contenuti «i parametri essenziali» per aiutare a far fronte ai costi sostenuti per la crescita dei figli perchè «noi – ha sottolineato- abbiamo il dovere di dare al lavoro di cura un concreto riconoscimento» ribadendo ancora una volta che «essere genitori, esser madri è il vero lavoro socialmente utile».