Culle vuote, banchi vuoti, classi vuote… Scuole chiuse

da Tuttoscuola

È questa la preoccupante sequenza degli effetti del cosiddetto inverno demografico dell’Italia, iniziato nel 2009, dopo che nell’anno precedente era stato raggiunto un picco di nascite che aveva indotto ben altre prospettive.

Invece, la denatalità è continuata senza interruzione, toccando il record negativo di nascite dall’unità d’Italia nel 2019, record poi di nuovo superato, perché i nati nel 2021 sono stati appena 399.431, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 e quasi del 31% rispetto al 2008.

Gli Stati Generali sulla natalità, tenutisi a Roma la settimana scorsa, alla presenza di esponenti politici, rappresentanti delle istituzioni e anche con l’intervento di Papa Francesco, hanno affrontato la complessa questione, convenendo sulla necessità che vengano adottate soluzioni strutturali in una logica di sussidiarietà.

Potrebbe essere presa ad esempio la Francia che circa vent’anni fa aveva lo stesso problema della denatalità, ma che aveva introdotto nuove drastiche misure strutturali che hanno contribuito decisamente a fermare quel calo di nascite, portando la Francia ad avere il tasso di maggiore fertilità tra i Paesi OCSE ed europei dall’inizio degli anni 2000.

Si è trattato di misure sintetizzabili in questi termini:

  • Servizi: un sistema completo e integrato per l’infanzia
  • Gestione del tempo: un vero part time
  • Trasferimenti e agevolazioni: la generosità del quoziente familiare
  • Politiche stabili e generose: la fiducia che serve alle famiglie

Attualmente l’elevato tasso di fecondità in Francia ha bloccato la denatalità e aumentato la crescita del numero dei nati.

L’Italia, adottando misure strutturali analoghe, potrebbe invertire gradualmente la tendenza, riempire le culle, i banchi e le classi, riducendo il rischio di chiusura di scuole.

Le migliori previsioni ipotizzano l’obiettivo di 500mila nascite per il 2033.

Ma ci vorrà molto tempo, troppo tempo per vedere risultati concreti, mentre le scuole continueranno a chiudere (almeno altre 1200 entro il prossimo quinquennio), mentre oltre 2.600 scuole hanno già chiuso nell’ultimo decennio.

La scuola non può aspettare: occorre intervenire con urgenza nella riorganizzazione della rete scolastica, rivedendo i parametri fissati quindici anni fa, nella stagione delle “vacche grasse”. Senza tergiversare.