La lettura e il mondo dei bambini
di Margherita Marzario
Scuola di Barbiana (in Toscana dal 1954 al 1967): una scuola basata sull’“i care” (ci tengo, me ne importa, ho a cuore), spazi piccoli ma ampi spazi mentali, scarso materiale didattico ma immenso materiale umano, senza banchi ma con tavoli da lavoro attorno cui stare insieme e non solo a fianco. Don Lorenzo Milani, maestro di scuola e di vita, che si è sporcato le mani e che ha formato a un buon uso delle mani, che si è battuto contro ogni povertà educativa e appiattimento mentale, che ha educato alla libertà di pensiero e di coscienza, che ha coniugato il fare e il sapere, il parlare e il saper parlare, il leggere e il saper leggere (andando oltre i libri di testo e facendo leggere anche i contratti di lavoro). Don Milani ha preconizzato la cultura dell’infanzia e lo spirito della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, in particolare il contenuto dell’art. 13 che, nel paragrafo 1, recita: “Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescinderne dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro mezzo scelto dal fanciullo”.Etimologicamente “leggere” ha una varietà di significati quali “cogliere, raccogliere, adunare, scegliere” e da esso derivano, oltre a lettura, anche “lezione “ e “intelligenza”. Don Milani è stato antesignano in tutto ciò, nel concretizzare tutti questi aspetti come dovrebbero essere ogni maestro/a e ogni scuola in ogni tempo e in ogni luogo.
I bambini hanno bisogno e diritto alla lettura (sin dal grembo materno) anche perché attraverso la lettura si trasmettono la “pedagogia della lettura” e l’“ermeneutica della letteratura”, ovvero si forniscono strumenti di ogni sorta, chiavi di lettura delle proprie emozioni e della realtà.
“La lettura precoce fatta da genitori, zii o nonni modifica le strutture del cervello che sovraintendono, poi, le funzioni di lettura e scrittura per la sinergia tra componente cognitiva e quella affettiva. […] Il piccolo amerà i libri come ama le persone che hanno condiviso con lui l’esperienza. Dove la voce del genitore ha una magia in più, che risiede nell’essere una voce conosciuta. Dalla venticinquesima settimana il feto ascolta la voce della madre e del padre e le riconosce. Ecco dove risiede la prima magia. Ricordare la voce suscita nel bambino la riattivazione di parti del cervello grazie a un elemento conosciuto e rassicurante. La seconda magia risiede nel fatto che parlare al bambino significa testimoniargli che lo vedi, lo ascolti e sei lì con lui. Sia che tu lo faccia raccontando storie, cantando o solo parlando. La voce diventa testimonianza di vicinanza e affetto” (Giorgio Tamburini, pediatra e cofondatore del progetto nazionale Nati per leggere). Leggere ai e con i bambini, parlare ai e con i bambini con le diverse intonazioni della voce ed espressioni del viso è aprire ai bambini tanti mondi da vivere e modi di vivere. È contribuire a quello sviluppo descritto in modo puntuale e graduale nell’art. 27 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, come sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del fanciullo.
Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, afferma: “Tutto va bene, anche il raffinato Shakespeare, se l’adulto riesce a fare della lettura un’occasione privilegiata per una comunicazione intensa e complice. Allora non ci sarà più il grande che insegna e il piccolo che impara, spesso controvoglia, ma due esseri alla pari, entrambi meravigliati e coinvolti dalla magia del racconto”. Il racconto è fondamentale per lo sviluppo del bambino anche per far sì che abbia “un’infanzia felice” (locuzione mutuata dal Preambolo della Dichiarazione dei Diritti del Bambino del 1959). A questo scopo contribuisce certamente leggere per i bambini e con i bambini perché, tra l’altro, ci si aduna nella stessa sfera d’emozioni.
“La fede forse ha le risposte, ma il posto dove siamo liberi di farci le domande resta ancora la letteratura” (la scrittrice Michela Murgia). Bisogna trasmettere alle nuove generazioni la fede nella vita e la passione per la lettura, perché sognare e leggere sono tra le forme più esaltanti di libertà. La letteratura non è una materia scolastica da insegnare, ma una materia di vita da “comunicare” perché consente di conoscere e riconoscere emozioni, di conoscersi e riconoscersi in altri già esistiti o mai esistiti. Favorisce il contrasto alla povertà educativa e ad altre povertà più o meno invisibili.
“Capire un testo non significa trovare il significato di una frase e legarlo a quello della frase successiva; infatti, un lettore può capire un brano a livello superficiale ma non afferrare il senso di ciò che legge. La comprensione del testo scritto è, quindi, un processo attivo e costruttivo finalizzato a cogliere il significato del testo. Dal punto di vista didattico per promuovere una duratura abilità di comprendere testi, è di fondamentale importanza rendere il lettore cognitivamente attivo, intrinsecamente motivato all’attività di lettura o incoraggiarlo a esserlo” (un team di esperti). Ogni attività didattica, a cominciare dalla lettura, non dovrebbe “passivizzare” gli alunni.
“Leggere” significa etimologicamente “raccogliere”, ma non solo; infatti, la radice “leg-“ è la stessa del termine “lògos”, che ha vari significati (parola, discorso, causa, ragione…), per cui la lettura può essere considerata come un’azione che coinvolge la totalità della persona che “raccoglie” e in particolar modo la sua capacità di cogliere il significato profondo di ogni testo. La lettura non è una prestazione ma una delle attività più umane e umanizzanti per cui a scuola non la si può e non la si deve né banalizzare (per esempio fotografandone ogni momento) né appesantire (per esempio facendo, ogni volta, rappresentare graficamente o commentare quanto letto). La lettura è una delle più emozionanti esperienze di realtà virtuale, il migliore ambiente immersivo.
I bambini hanno bisogno di “bibliovarietà” o “bibliodiversità”: “Occorre fare in modo che i nostri bambini e i nostri ragazzi abbiano accesso quotidiano ai libri, abbiano modo di scegliere quali testi leggere e possano usufruire di tempi riservati alla lettura, da intendersi sia in modalità individuale che collettiva, ossia con l’insegnante che legge ad alta voce un testo per tutta la classe” (la formatrice Barbara Dragoni). “Bibliovarietà” è rispetto delle diversità, è intercultura.
“Leggere ad alta voce ai bambini sin da piccoli, specie se fatto in modo coinvolgente, promuove l’alfabetizzazione emergente e lo sviluppo del linguaggio oltre a sostenere il rapporto tra bambino e genitore o, laddove praticato in contesto scolastico, all’interno del gruppo di bambini e tra i bambini stessi e gli adulti che leggono per loro. Inoltre, può promuovere un amore per la lettura che è ancora più importante del miglioramento di specifiche capacità di alfabetizzazione perché sosterrà l’alfabetizzazione futura e il successivo sviluppo del lessico (Duursma, Augustyn, Zuckerman, 2008). Insomma, la lettura ad alta voce quotidiana e continuativa costituisce un vero e proprio repertorio inesauribile per lo sviluppo di un lessico ricco e variegato” (il formatore Federico Batini). Leggere ad alta voce ai bambini sin dalla tenera età favorisce non solo le loro competenze linguistiche o scolastiche in generale ma il loro sviluppo olistico, “lo sviluppo individuale più completo possibile, incluso lo sviluppo culturale e spirituale” (di cui all’art. 23 par. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia, articolo relativo ai bambini con disabilità).
“Trovo che l’editoria, i libri, servano poco a imparare informazioni. Dai libri si può trarre qualcosa di molto più importante e raro, e cioè l’entusiasmo, l’energia, l’ispirazione, che producono generalmente voglia di pensare, muoversi, agire, ovvero tentare di essere attori protagonisti e non comparse della propria sceneggiatura” (lo scrittore Simone Perotti). Leggere libri non per teorizzare la vita, ma per praticare meglio la propria vita, per penetrare a fondo la propria vita. Etimologicamente “libro” è la “corteccia interna dell’albero” su cui si scriveva: scrivere e leggere libri dentro di sé, è questo il senso del leggere che si deve e si può trasmettere alle nuove generazioni in famiglia e a scuola. Non imporre di leggere ma proporre di leggere insieme: ciò che si condivide è sempre meglio.
Leggere insieme e ad alta voce aiuta anche i bambini con dislessia o con altro simile disturbo dell’apprendimento. Non sono tanto i bambini con dislessia a manifestarla quanto la scuola (o chi per lei) che ne soffre perché non sa leggere i veri bisogni dei bambini con o senza dislessia a causa della crescente burocrazia, della mancanza di mezzi adeguati e fondi, di obiettivi spesso distanti dalla realtà e altro ancora.
“Leggere è aprire una finestra sul mondo dal proprio bunker” (cit.). Leggere libri rende più leggeri e liberi. Più si legge, più ci si slega dai propri limiti e più ci si lega agli altri: educare alla lettura e educarsi nella lettura.
“Abbiamo davanti a noi un’infinità di libri da leggere. Ogni cosa è un libro, ma spesso non sappiamo decifrare i segni che ci vengono dalla realtà” (don Massimo Camisasca, educatore). Leggere dentro e fuori di se stessi è una quotidiana lezione di vita, soprattutto in famiglia.
“La lettura è una prova d’amore prima che una prova d’attore” (Elisa Mazzoli, autrice per l’infanzia). La lettura, in particolare ad alta voce, evoca e stimola: ascolto, attesa, attenzione, benessere, condivisione, curiosità, cura, dono, educazione. La lettura è un fattore essenziale che contribuisce a creare l’ambiente familiare, l’atmosfera di felicità, amore e comprensione che servono per il pieno ed armonioso sviluppo della personalità del bambino (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).