Esposizione crocifisso in aule scolastiche

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L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane
Stato dell’arte: origini, diffusione e disamina normativa

di Dario Angelo TUMMINELLI, Carmelo Salvatore BENFANTE PICOGNA, Zaira MATERA

In questi ultimi tempi si è molto discusso sull’opportunità o meno di esporre il crocifisso sulle pareti delle aule scolastiche italiane.

Invero il tema dell’affissione del crocifisso negli edifici pubblici non è nuovo, anzi è, spesso, oggetto di dispute e scontri, a volte dai toni accesi, talora sfocianti in controversie e contese approdate nelle aule dei Tribunali, con pretese di rimozione dalle mura avanzate da movimenti e associazioni laicali, o da altre confessioni religiose nonché da atei e agnostici.

La rappresentazione dell’uomo sulla croce è indubbiamente il simbolo più diffuso e segno distintivo di una pluralità di confessioni cristiane in tutto il mondo e, sopra tutte, di quella cattolica.

Prima di addentrarci nel merito del tema è opportuno ricostruirne i passaggi storico-normativi. Benché allo stato attuale non esista una disposizione normativa generale e organica che imponga l’esposizione del crocifisso sulle mura nei locali pubblici e, nella fattispecie, nelle aule scolastiche, proveremo comunque a ricostruire brevemente l’assetto normativo alla luce degli orientamenti giurisprudenziali.

Per quanto riguarda le aule scolastiche, invero, esistono ben due Regi Decreti, risalenti all’epoca fascista, promulgati nel 1924 e nel 1928.

Sebbene piuttosto datati sono tuttora in vigore in quanto mai abrogati da successive disposizioni normative, come del resto confermato dal parere 27 aprile 1988 n. 63/1988 “non appare ravvisabile un rapporto di incompatibilità con norme sopravvenute né può configurarsi una nuova disciplina dell’intera materia, già regolata dalle norme anteriori” (v. infra).

Entrando nel dettaglio si tratta del Regio Decreto 30 aprile 1924, n. 965 “Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 148 del 25 giugno 1924 e del Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297 “Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare” pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 167 del 19 luglio 1928 – Suppl. Ordinario n. 167.

Nulla invece venne stabilito nell’anno successivo (1929) nei Patti Lateranensi, accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929, resi esecutivi in Italia con la legge n. 810/1929 relativamente all’esposizione del Crocifisso nelle scuole, come in qualsiasi altro pubblico ufficio.

Fatta questa premessa entriamo maggiormente nel dettaglio.

Il primo dei due, in ordine cronologico, in vigore dal 10 luglio 1924, stabilisce per l’istruzione media all’art. 118 che: “Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re” mentre il secondo (regio decreto), in vigore dal 30 ottobre 1928, stabilisce all’art. 119 che: “Gli arredi, il materiale didattico delle varie classi e la dotazione della scuola sono indicati nella tabella C allegata al presente regolamento”. Ebbene andando a visionare la tabella C ritroviamo al primo punto, come arredo scolastico immancabile (dalla prima alla quinta classe) il crocifisso ancor prima del ritratto di S.M. il Re.

È chiaro che le citate disposizioni normative sono incomplete e riguardano esclusivamente le scuole elementari e medie, lasciando indefinita la questione negli altri ordini e gradi scolastici in particolare: scuole dell’infanzia, allora “materne”, istituti di secondo grado “superiori” nonché le istituzioni accademiche “Università”.

In quel contesto storico-culturale-sociale, tuttavia, era stata chiaramente palesata la “ratio legis” risalente all’epoca. Infatti nel richiamare l’esposizione del simbolo cristiano e nel collocare il crocifisso accanto al ritratto del Re e della bandiera, esso era chiaro segno e richiamo ai valori unificanti della nazione come evidenziato nella sentenza del Consiglio di Stato del 15 febbraio 2006 “Il crocifisso costituisce, infatti, anche un simbolo storico – culturale; esso rappresenta un segno di identificazione nazionale; esso rappresenta, insieme ad altre forme di vita collettiva e di pensiero, uno dei percorsi di formazione del nostro Paese e in genere di gran parte dell’Europa”.

Con il passare degli anni, soprattutto di questi ultimi decenni, però, le dispute si sono fortemente incancrenite, le polemiche inasprite vertevano più che altro a politicizzare e strumentalizzare l’uso del crocefisso. Queste approdarono inevitabilmente nei palazzi di Giustizia e nelle Corti adducendo la violazione dei principi costituzionali di laicità dello Stato, di libertà di religione e di insegnamento e violazione del principio di imparzialità.

I giudici aditi, in veste di giudice del lavoro, tuttavia si sono fin da subito manifestati incompetenti a decidere sulla materia, dato che le poche disposizioni normative, le indicazioni ministeriali (circ. n. 68 del 22 novembre 1922, circ.  n. 2134-1867 del 26 maggio 1926, circ. 367/2527 del 19 ottobre 1967, nota prot. n. 2667 del 3 ottobre 2002) e talora le circolari interne di istituto diramate dai Dirigenti scolastici, non erano vere e proprie leggi dello Stato, ma semplici atti/provvedimenti amministrativi interni alla scuola, la cui competenza spettava ai vari Tribunali Amministrativi Regionali (T.A.R.).

Approfondimento Invero i giudici nel manifestare la propria incompetenza, rinviavano in via incidentale (la questione sollevata) alla Corte Costituzionale per il giudizio di legittimità costituzionale. La Corte Costituzionale, con ordinanza del 15 dicembre 2004, n. 389 ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità, dell’art. 676 del Testo Unico D.lgs. 16 aprile 1994 n. 297, relativi alla manutenzione e gestione degli edifici scolastici, arredi compresi e dall’art. 119 R.D. 26 aprile 1928 n. 1297, tabella C, e dall’art. 118 R.D. 30 aprile 1924 n. 965 in quanto norme regolamentari prive di forza di legge, peraltro presupponendone di fatto la vigenza.

Un primo parere fu quello del Consiglio di Stato espresso nell’aprile del 1988, (parere n. 63 del 27.04.1988), in Adunanza della Sezione II, su espressa richiesta del Ministero della Pubblica Istruzione in merito al quesito: “Insegnamento della religione cattolica ed esposizione dell’immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche”. Il Consiglio di Stato ritenne all’epoca pienamente legittime e tutt’oggi operanti i due citati regi decreti in quanto mantengono la loro validità fino a che non intervenga, nelle more, “un atto o fatto giuridico a valenza abrogativa”.

Si evidenzia che la Sezione ritenne all’epoca di dover sottolineare che: “il Crocifisso o, più semplicemente, la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa”. Per completezza si riporta lo stralcio delle conclusioni: “Conclusivamente, quindi, poiché le disposizioni di cui all’art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965 e quelle di cui all’allegato C del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, concernenti l’esposizione del Crocifisso nelle scuole, […], deve ritenersi che esse siano tuttora legittimamente operanti”.

Successivamente la stessa sezione del Consiglio di Stato (n. sezione 4575/03-2482/04), sempre in Adunanza, ritornò sulla questione sollevata, con parere postumo (n. 556 del 15 febbraio 2006) sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (ai sensi dell’art. 11, secondo comma, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199), depositato presso il Segretariato Generale in data 03 novembre 2003, proposto dall’UAAR “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti” dove nel P.M.Q., parte conclusiva delle sentenze, dopo una analisi puntuale del diritto e una lunga e dettagliata esposizione, la sezione espresse parere  negativo con respingimento completo del ricorso, chiarendo che: “le norme recate dall’art. 118 del r. d. 965/24 e dall’art. 119 del r. d. 1297/28 non confliggono affatto con il testo unico e restano dunque in vigore in forza dello stesso art. 676”.

Sulla questione si è anche espressa, recentemente, la Corte di Cassazione civile, Sezioni Unite, con sentenza n. 24414 del 09 settembre 2021.

La suprema Corte, in merito all’impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia, sezione lavoro, n. 165/14, ha stabilito definitivamente che, l’affissione sulle mura del crocefisso pur non essendo imposta dalla legge, non può essere ritenuto atto discriminatorio nei confronti di chi non confessa il credo religioso e/o comunque non lo condivide.

Approfondimento I fatti risalgono all’anno scolastico 2008/2009. Un docente di ruolo in materie letterarie venne sottoposto a procedimento disciplinare, con irrogazione della sanzione da parte del Dirigente scolastico. Al docente era stato addebitato la condotta discriminatoria in quanto prima dell’inizio delle sue ore di lezione nella classe rimuoveva temporaneamente ma sistematicamente, il crocifisso dalla parete dell’aula scolastica, per poi riappenderlo successivamente al termine delle sue lezioni, manifestando così il suo pensiero e la chiara disapprovazione ma contravvenendo difatti ad una esplicita circolare diramata del Dirigente scolastico. Quest’ultimo, infatti, aveva accolto la richiesta di affissione del simbolo religioso proveniente dalle studentesse e dagli studenti dell’Istituto riuniti in assemblea.

Nella citata sentenza la Corte ha stabilito che ogni istituzione scolastica autonoma può disporre se esporlo o meno, garantendo tuttavia un equo bilanciamento ovvero “ragionevole accordo” fra le parti in gioco che abbiano posizioni diverse, rispettando in tal modo le diverse sensibilità all’interno della comunità scolastica. (fonte Wikipedia)

Si da menzione come approfondimento di due sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che sul tema si è espressa a Strasburgo con la sentenza del 03 novembre 2009 “Soile Tuulikki Lautsi v. Italia” accogliendo l’istanza di rimozione in quanto “violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione” e successivamente con sentenza del 18 marzo 2011 respingendo la richiesta: “nulla prova l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo religioso sui muri delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni; non è quindi ragionevolmente possibile affermare che essa ha o no un effetto su persone giovani le cui convinzioni sono in fase di formazione”. (fonte Wikipedia)

Va anche data menzione della Legge n. 121 del 1985 rubricata in “Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede” pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 85 del 10 aprile 1985 – Suppl. Ordinario, dispone all’articolo 9 che: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”, che i principi e i segni cristiani ovvero il crocefisso “fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.

In definitiva, la fragilità del quadro normativo, rimanda all’autonoma scelta delle singole istituzioni scolastiche, il cui organo collegiale di governo (Consiglio di Istituto) deve decidere se esporre o meno il crocifisso, dopo aver attentamente e ragionevolmente valutato le sensibilità delle diverse convinzioni dei soggetti interessati.

Si conclude con il richiamo alla recente proposta di Legge (disegno di legge) approdata alla Camera dei Deputati di iniziativa della Lega, al cui art. 3 si prevedono sanzioni pecuniarie per chiunque rimuova o denigri o vilipenda il Crocifisso, fino ad un’ammenda che varia da 500,00 a 1.000,00 Euro.

Riferimenti normativi

  • REGIO DECRETO 30 aprile 1924, n. 965 “Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media
  • REGIO DECRETO 26 aprile 1928, n. 1297 “Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare
  • PATTI Lateranensi del 11 febbraio 1929
  • LEGGE 27 maggio 1929, n. 810 “Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l’Italia, l’11 febbraio 1929
  • LEGGE 28 luglio 1967, n. 641 “Nuove norme per l’edilizia scolastica e universitaria e piano finanziario dell’intervento per il quinquennio 1967-1971
  • LEGGE n. 121 del 1985 rubricata in “Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede
  • DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 novembre 1971, n. 1199 “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi
  • DECRETO LEGISLATIVO 16 aprile 1994 n. 297, “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”, art. 676
  • CONSIGLIO di STATO del 27 aprile 1988, parere n. 63 “Insegnamento della religione cattolica ed esposizione dell’immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche
  • CONSIGLIO di STATO con sentenza del 15 febbraio 2006
  • CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza del 15 dicembre 2004, n. 389
  • CORTE DI CASSAZIONE civile, Sezioni Unite, sentenza n. 24414 del 09 settembre 2021
  • CORTE Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza del 03 novembre 2009 “Lautsi v. Italia” ricorso no. 30814/06
  • CORTE Europea dei Diritti dell’Uomo sentenza 18 marzo 2011
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione, n. 68 del 22 novembre 1922
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione n. 2134-1867 del 26 maggio 1926
  • CIRCOLARE del Ministero della Pubblica Istruzione, n. 367/2527 del 19 ottobre 1967 “Edilizia e arredamento di scuole dell’obbligo
  • NOTA del Ministero dell’Istruzione del 3 ottobre 2002, Prot. n. 2667 “Esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche
  • DIRETTIVA MIUR 3 ottobre 2002, prot. n. 2666
  • PARERE Avvocatura dello Stato di Bologna del 16 luglio 2002

Sitografia