Per un’educazione “anche” umanistica: dobbiamo crederci?

Per un’educazione “anche” umanistica: dobbiamo crederci?

 di Maurizio Tiriticco

Sul Domenicale del Sole24ore di oggi 3 febbraio due “oggetti” hanno attirato la mia attenzione: l’intervento di John Armstrong sul “valore intrinseco della cultura”, relativo alla recente lezione della Nussbaum [1], e le risposte di Bersani, Berlusconi, Giannino, Ingroia e Monti alla domanda n. 3 di un questionario che è stato loro proposto su quanto intenderebbero fare per la cultura e per la scuola qualora vincessero le elezioni.

Esiste un forte legame tra tutti gli interventi. Il primo è di grande levatura, raccoglie e fa proprio l’appello della Nussbaum sulla necessità della cultura e degli studi umanistici in un contesto socioeconomico in cui i governi di fatto “considerano l’educazione soprattutto come un mezzo per una crescita economica continua”, e dal canto loro gli studenti e le loro famiglie sembrano condividere tale assunto. Tutto ciò con grave danno per l’educazione, che invece dovrebbe porsi finalità alte, sostenute da una forte cultura “umanistica”, e autonome rispetto alla contingenza di qualsiasi condizionamento socioeconomico.

E’ una questione forse di lana caprina, per certi versi, se è vero che – senza riandare a Marx e alla tesi della “riproduzione” [2] – la cultura non è mai una variabile indipendente a fronte dei contesti socio-economici in cui si esercita. Quando, invece, dovrebbe garantire la tenuta civile di un dato contesto sociale. Non potremmo forse dire che i fenomeni di corruzione ormai diffusi in tutto il nostro Paese dipendano anche da un’assoluta assenza di una Cultura civile e “umanistica” con la C maiuscola condivisa e coesa? Parole grosse? Forse è vero! E allora, “credo che uno dei compiti delle discipline umanistiche – sostiene Armstrong – sia quello di individuare e salvaguardare tutto ciò che possiede un alto valore intrinseco e di promuovere nel pubblico la massima adesione possibile a quel valore. Questo però è un appello a riformare tali discipline… E’ fondamentale che le discipline umanistiche fioriscano. Ma questo richiede una riforma…” Quindi auspica una cultura umanistica che, nel caso italiano, a mio vedere, sia anche e in primo luogo una Cultura della Cittadinanza attiva, che vede nei Principi della nostra Costituzione l’unico autentico collante che possa garantire l’unità solidale di noi Cittadini tutti.

Ma come rispondono i nostri candidati al questionario citato? Mi limito al quesito n. 3, relativo alla scuola. Mi sembra che tutti oscillino tra dichiarazioni di principio e di intenti e gratuite fumisterie! Chi più chi meno… indifferentemente! Cito passim!

Bersani: “Va irrobustita la presenza dell’arte e della musica nei programmi scolastici, ma è altrettanto importante che queste discipline siano proposte da insegnanti capaci… Gli alti livelli di consumo culturale sono universalmente ritenuti sinonimo di capacità di innovazione, di disposizione al cambiamento … Più è alto il consumo di cultura, più cresce la capacità di autofinanziamento delle imprese culturali”.

Berlusconi: “Il linguaggio artistico e musicale è uno dei linguaggi fondamentali della nostra cultura e della formazione spirituale di un giovane. Bisogna adottare il modello anglosassone, come quello dell’educazione teatrale come una delle attività di una scuola a tempo pieno”.

Giannino: “La scelta della didattica mediante programmi ministeriali decisi a livello centrale impone alle scuole rigidi standard e poco margine di flessibilità. Le scelte dovrebbero essere lasciate alle singole scuole che potrebbero scegliere come impostare la didattica… Agli istituti va garantita la massima autonomia anche nella selezione del personale docente”.

Ingroia: “Il programma di Rivoluzione civile prevede l’abolizione delle riforme Gelmini, che hanno ridotto in macerie l’istruzione con una progressiva aziendalizzazione del sapere, per una nuova organizzazione dei programmi di studio che sappia valorizzare la cultura umanistica accanto a quella scientifica”.

Monti: “L’aumento delle ore sia di storia dell’arte che di pratica artistica e musicale è il presupposto per creare un Paese sensibile ai temi culturali. Sottovalutare l’importanza della cultura significa rischiare di perdere anche parte della nostra memoria”.

Chi conosce i reali problemi del nostro “Sistema Nazionale di Istruzione e Formazione” non può che chiedere ai nostri candidati: al di là delle dichiarazioni di principio, tutte condivisibili, in effetti, in che cosa differisce una proposta da un’altra? In nulla, a leggerle attentamente! A meno che… non abbiate voluto giocare a carte coperte… per non copiarvi l’uno con l’altro! Insomma, per venire al concreto degli interventi che auspicate, quali parti del Pil intendete investire nella scuola? Come, dove e quando saranno rafforzate o inserite le nuove discipline “umanistiche”, quando le discipline di studio e gli orari sono già sovrabbondanti? Con quali risorse? Con quali insegnanti? Con quali laboratori? Con quali attrezzature? Con quali strumenti? Oltre al flauto e al pennarello… Con quali tempi? E ancora: non sapete che ormai non si parla più di Programmi ministeriali, da almeno dieci anni, ma di Indicazioni nazionali e di Linee guida? E che le scuole, anzi le Istituzioni scolastiche, pur autonome per norma, non possono però esercitarla perché i lacci e i laccioli dell’amministrazione ancora esistono e sono più vincolanti che mai? Soprattutto per ciò che riguarda lo stanziamento delle risorse? E se non si riescono ad avviare ancora i licei musicali e coreutici – parole grosse – come si avvierà un reale insegnamento artistico e musicale in tutte le nostre scuole che, pur necessitando della idonea strumentazione, non sono tuttora a norma quanto a stabilità edilizia? E poi… neanche una parola sui tempi di realizzazione dei vostri programmi! La lungimiranza non è il vostro forte! Eppure, la società complessa richiede competenze di progettazione! A lungo e a medio termine! Legata a concreti investimenti! E a un’amministrazione efficiente! Ma lo sapete che chi ci amministra non è più capace di stilare un dPR? Alludo allo schema di Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione che il Consiglio di Stato ha sonoramente stroncato! Ha ritrovato errori di contenuto e di forma!

E torno a ripetere ciò che dico da più di dieci anni! Vorrei che fosse nostro ministro un autorevole personaggio della cultura e della ingegneria istituzionale! Io lo auspico sempre! Ma poi, dal mazzo di carte dei nuovi aspiranti emergono gli homines novi, i neofiti della politica alta, pronti a salire sul primo gradino del cursus honorum: che è sempre quello dell’Istruzione la quale, per la nostra classe dirigente e tutti i nostri politici e i nostri neofiti, vale quel che vale! Ed ecco salire le Moratti, i Fioroni, le Gelmini, i Profumo! Ma quanto ne sanno di scuola? L’essenziale non è la scuola, è imboccare la strada! E correggetemi, se sbaglio!



[1] Si veda la mia recensione in: Non per profitto: in difesa dell’umanesimo.

[2] Com’è noto, il marxismo distingue, in un contesto sociale, ciò che è struttura (la materia, la produzione, i fattori economici) e ciò che è sovrastruttura (le ideologie, la politica, la cultura, le religioni stesse) E la seconda è condizionata dalla prima. Sotto questa luce, la scuola non è altro che un grande “apparato ideologico di Stato” (la tesi di Althusser) mediante il quale la classe sociale egemone e dominante tende soltanto a conservare e a riprodurre se stessa. E la pedagogia stessa non dispone di alcuna autonomia di ricerca. Di conseguenza, secondo Bourdieu e Passeron, la scuola è semplicemente uno strumento di riproduzione culturale e sociale. Allora, è forse per queste ragioni – manifeste o meno – che nessuna forza politica, almeno nel nostro Paese, non tiene nel conto dovuto la scuola? E non è un caso che il Miur non sia mai considerato una delle amministrazioni chiave per l’avvenire del Paese. Lo stesso sembra valere anche per l’amministrazione della cultura e dei nostri beni culturali e ambientali.