Scuola, le supplenze non finiscono mai

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Scuola, le supplenze non finiscono mai

Franco Buccino

Repubblica ed. Napoli, 18 marzo2024

Si sono svolte in questi giorni le prove scritte del concorso a cattedre: quasi 375 mila candidati per 45mila posti. Contemporaneamente è arrivata l’ordinanza sulla “mobilità” per il prossimo anno scolastico, è a dire su trasferimenti definitivi o annuali, passaggi di ruolo o di cattedra, assegnazioni provvisorie. Poi verranno le “utilizzazioni” e infine le supplenze annuali, fino al 30 giugno o fino al 31 agosto. Operazioni analoghe anche per il personale Ata, amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici.

Ad oggi per le supplenze dei docenti siamo a quota 240mila: più di metà sul sostegno, più di metà nel Nord Ovest (Piemonte e Lombardia), i tre quarti sono donne. Altre 60mila supplenze riguardano il personale Ata. Il ministro Valditara nella lunga intervista, nel mese di settembre scorso, a Repubblica  parlava di 130-140mila supplenze annuali: sono più del doppio.

Poi ci sono le supplenze temporanee: spendevamo 800 milioni di euro, di recente siamo passati a oltre un miliardo all’anno. Per supplenze che nel 60% dei casi hanno una durata inferiore ai dieci giorni!

Nonostante il consistente calo della popolazione scolastica, i concorsi e le immissioni in ruolo, purtroppo le supplenze annuali e temporanee aumentano, aumenta il precariato, peggiorano le condizioni economiche del personale. E peggiorano le condizioni, già precarie, delle scuole: carenze di strutture, carenze di spazi, laboratori e palestre.

Spesso ci siamo soffermati sulle cause di queste evidenti contraddizioni. Veniamo ai rimedi. Alcuni interni al sistema scuola, altri compresi in sistemi più ampi.

Il primo rimedio, secondo me, è una profonda revisione della mobilità. Non possono esserci tutti gli anni i “trasferimenti” e tutte le operazioni collegate. E di sicuro non per tutti. Non avviene per nessuna categoria di lavoratori, né pubblica, né privata. E chiaramente la revisione della mobilità riguarda docenti, Ata e dirigenti.

Il secondo rimedio è scuole con un organico autosufficiente. Varie volte si è pensato a organici aggiuntivi, a disposizione delle scuole,collocati sui territori. A livello di singola scuola sembra irrealizzabile. Ci sono le “classi di concorso”, soprattutto nella secondaria: troppe per essere presenti in tutte le scuole. La novità sarebbe quella di creare ambiti disciplinari: veri e propri raggruppamenti di classi di concorso affini. Ai quali si accede con titoli di studio di quell’area, di quell’ambito. Si tien conto anche di seconde lauree, di piani di studio, di specializzazioni, di interessi, di esperienze. All’organico tradizionale della singola scuola si aggiungerebbe un organico snello ed essenziale, ma in grado di coprire tutti gli ambiti disciplinari. Anzi, l’idea è ancora più ambiziosa: quella di una scuola con un unico  organico  più che con due organici, il titolare e l’aggiuntivo. Una scuola che non ha bisogno di supplenti, se non in casi molto particolari. Una scuola che è in rete con altre scuole, con le quali può fare scambi di iniziative didattiche e anche di personale.

Stiamo parlando di scuole autonome. Solo l’autonomia delle singole scuole ci può far risolvere problemi annosi. Si garantirebbe tra l’altro maggiore continuità didattica ai ragazzi e anche, con i notevoli risparmi, una migliore retribuzione del personale.