Tutele alle lavoratrici madri nel comparto scuola.
Indennità di maternità “fuori nomina” e allattamento a rischio
di Dario Angelo TUMMINELLI e Luciano GRASSO
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”, così è stabilito nell’articolo 37 della Costituzione italiana.
Il sostegno alla genitorialità trova il suo fondamento giuridico nel T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che da oltre un ventennio è operante in Italia. In particolare, il Decreto Legislativo 26 marzo 2001 n. 151, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 aprile 2001 n. 96 (Supplemento Ordinario), promulgato su specifica delega al governo contenuta nell’articolo 15 della Legge 8 marzo 2000 n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità”, rappresenta un punto di riferimento normativo fondamentale. Tale decreto è stato successivamente modificato e integrato dal Decreto Legislativo 23 aprile 2003 n. 115.
Approfondimento storico-normativo L’iter evolutivo della normativa di settore inizia con la Legge 30 dicembre 1971 n. 1204, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 1972 n. 14, che per la prima volta tutela le lavoratrici madri. Successivamente, la Legge 9 dicembre 1977 n. 903 “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 343 del 17 dicembre 1977, integra ulteriormente queste disposizioni. |
Indennità di maternità
Due sono i casi più ricorrenti nella scuola: l’indennità di maternità in costanza di rapporto di lavoro e l’indennità al di fuori del rapporto di lavoro. Nel primo caso, come previsto dall’art. 12 comma 2 del C.C.N.L. Comparto Scuola 2006-2009, alla lavoratrice madre docente/A.T.A. spetta il 100% della retribuzione fissa mensile, sia che si tratti di contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato. Nel secondo caso, alla scadenza naturale del contratto di lavoro (o per “giusta causa”), la lavoratrice percepisce un’indennità ridotta pari all’80% di quella inizialmente prevista per il corrispondente personale con contratto a tempo indeterminato, comprensiva dei contributi versati (trattamento previdenziale, pensionistico e assistenziale).
Sentenza e pareri giuridici rilevanti La sentenza della Corte Costituzionale n. 405/2001 del 14 dicembre 2001 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17 comma 1 della Legge 1204/71, estendendo il diritto all’indennità di maternità anche nei casi di licenziamento per giusta causa a seguito di mancanze e/o colpa grave della lavoratrice madre. Il Parere del Consiglio di Stato Sez. II n. 460/2003, reso in data 11 febbraio 2004, conferma che il prolungamento dell’interdizione anticipata dal lavoro e la contestuale indennità economica possono essere concessi anche in assenza di un rapporto di impiego. |
L’art. 22 del testo normativo prevede: “Le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità o di interdizione obbligatoria durante la gravidanza”. Tale indennità è omnicomprensiva e sostituisce l’indennità di disoccupazione (NaSpi) eventualmente in godimento durante la vacanza contrattuale, non essendo cumulabile con essa.
Il beneficio economico viene calcolato sulla base della retribuzione media globale giornaliera della mensilità immediatamente precedente rispetto a quella dalla quale ha avuto inizio il congedo di maternità. A tale importo si aggiungono il rateo giornaliero relativo alla tredicesima mensilità e eventuali altri premi (ove previsti) o trattamenti retributivi accessori, qualora erogati alla lavoratrice.
L’art. 24 del medesimo testo normativo prevede un prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico nei casi di cessazione o risoluzione naturale del rapporto di lavoro durante il congedo di maternità, purché tra l’inizio della disoccupazione e quello del suddetto periodo non siano decorsi più di 60 giorni (vedi commi 1 e 2 del citato articolo).
Tale sostegno economico è un apprezzabile riconoscimento a tutte le lavoratrici in maternità del comparto scuola, nell’ambito del più generale sostegno alla natalità e/o alla genitorialità. È importante sottolineare che se la lavoratrice accettasse un nuovo contratto di lavoro durante il periodo di godimento del sostegno economico “fuori nomina”, tutti i benefici dell’indennità cesserebbero immediatamente subentrando il nuovo rapporto di impiego.
Per accedere al trattamento economico, la lavoratrice deve presentare una formale istanza scritta all’Istituzione scolastica di ultimo servizio. L’Istituzione scolastica, dopo aver valutato l’istanza, procede con l’inserimento sul portale SIDI (Sistema Informativo dell’Istruzione) del contratto “fuori nomina” in cooperazione con il MEF.
Il trattamento giuridico durante il periodo di fruizione dell’indennità di maternità “fuori nomina” non è considerato servizio utile ai fini della progressione di carriera e dell’anzianità di servizio, e non permette di maturare punteggio nelle graduatorie (GaE, GPS, di circolo o di istituto).
Allattamento a rischio
Riguardo all’allattamento a rischio, la normativa di riferimento è sempre il D.lgs n. 151 (art. 17 e ss.), che stabilisce regole precise per la sicurezza e i rischi sui luoghi di lavoro per le donne durante la gravidanza e l’allattamento. Il Dirigente scolastico è obbligato a redigere una “Valutazione del rischio per donne gravide e puerpere” e individuare le azioni da intraprendere in caso di potenziali situazioni a rischio nell’Istituto e le conseguenziali azioni da intraprendere nel caso in cui fossero presenti nell’Istituto da lui diretto, potenziali situazioni a rischio che ne potrebbero influenzare negativamente l’allattamento.
Le categorie più interessate sono le maestre, le professoresse (personale docente) e le collaboratrici scolastiche (personale A.T.A.), soggette a rischi biologici, fisici e chimici derivanti dalla presenza in ambienti confinati con studentesse e studenti, potenziali vettori di agenti biologici. In particolare, le insegnanti specializzate che prestano servizio sul sostegno didattico potrebbero essere ulteriormente esposte a pericoli legati agli sforzi fisici nel sostenere alunni disabili a loro affidati.
Nel caso in cui vi fosse la presenza di classi nutrite, ad esempio le cd. “classi Pollaio”, con un elevato numero di discenti presenti nelle aule, queste categorie, già di per sé soggette ai rischi come meglio sopra specificati, si aggiungerebbe il rischio da “stress da lavoro correlato”.
Per accedere al beneficio dell’astensione dal lavoro per allattamento a rischio, la lavoratrice deve presentare una formale istanza entro 30 giorni dalla data del parto, allegando il certificato di nascita del figlio/a. Il Dirigente scolastico valuta la presenza di potenziali rischi per il nascituro e adotta le opportune misure necessarie. Se non fosse possibile assegnare la lavoratrice ad altra mansione, spetta l’astensione dal lavoro (interdizione) fino al 7^ mese di vita del figlio/a, previa richiesta all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, che ne dispone l’interdizione temporanea dal lavoro comunicandolo e/o notificandolo all’Istituzione scolastica
L’astensione prevede una retribuzione piena, nella misura pari al 100% dell’importo abitualmente percepito dalla lavoratrice madre, oltre al trattamento previdenziale, ed è erogata dal datore di lavoro, rimborsato dall’INPS. Questo periodo è considerato servizio utile ai fini della progressione di carriera e dell’anzianità di servizio, maturando punteggio nelle graduatorie (GaE, GPS o ancora di circolo o di istituto).
Bibliografia
- COSTITUZIONE ITALIANA, art. 37 co. 1
- CORTE COSTITUZIONALE sentenza n. 405/2001 del 14 dicembre 2001
- LEGGE 30 dicembre 1971, n. 1204 “Tutela delle lavoratrici madri”
- LEGGE 9 dicembre 1977, n. 903 “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”
- LEGGE 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità”
- DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”
- DECRETO LEGISLATIVO 23 aprile 2003, n. 115 “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151”
- DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.”
- DECRETO del PRESIDENTE della REPUBBLICA 25 novembre 1976, n. 1026 “Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri”
- PARERE del CONSIGLIO DI STATO, Sez. II, n. 460/2003 reso in data 11 febbraio 2004
- C.C.N.L. “Comparto Scuola” 2006-2009 sottoscritto il 29 novembre 2007, artt. 12 co. 2 e 19
- CIRCOLARE INPS n. 8 del 17 gennaio 2003 “Prestazioni economiche di maternità di cui al D. Lgs. n. 151 del 26/03/2001 (T. U. sulla maternità). Chiarimenti.”
- CIRCOLARE INPS n. 50 del 17 marzo 2005 “Provvedimenti di interdizione dal lavoro concessi dai Servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro.”
- NOTA Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali prot. n. 15 del 14 novembre 2005