Nuovo anno scolastico: cosa parte e le innovazioni in cantiere

da Tuttoscuola

Le otto principali novità e le riforme in attesa di attuazione

E’ iniziato il conto alla rovescia per la riapertura della scuola.
Tra una settimana parte il nuovo anno scolastico, e tra il 5 e il 16 settembre, in base ai diversi calendari regionali, torneranno in classe poco meno di 8 milioni di alunni di scuola statale e paritaria, di cui 935mila stranieri; tra loro, nelle scuole statali, vi saranno 320mila alunni con disabilità.
Oltre alle consuete questioni che caratterizzano l’inizio di ogni anno scolastico (nomina del personale, carosello di supplenti, prezzi dei libri di testo, ecc.), quali novità riserva il nuovo anno a quegli 8 milioni di alunni, ai circa 860mila docenti di scuola statale, di cui 250mila supplenti, e agli oltre 200mila ATA (personale non docente)?
E quali cambiamenti di cui si è parlato sono invece ancora in cantiere e partiranno dal 2025-26? Le innovazioni avviate o programmate sono davvero numerose e non è facile distinguere quali saranno effettivamente realtà da quest’anno e quali necessitano di maggiore tempo, se non altro per le norme attuative. Tuttoscuola ha censito 8 principali novità che partiranno subito, alcune delle quali impatteranno sull’attività in classe mentre altre sono di carattere organizzativo o di governance, e altre 5 che prenderanno avvio probabilmente dal successivo anno.

Tra le prime, la nuova Educazione civica, con al centro il concetto di Patria, il “capolavoro” per la maturità, ossia un prodotto che i maturandi considerino la loro opera migliore e che potranno presentare all’esame. E poi il divieto dello smartphone in classe per 4 milioni e mezzo di alunni del primo ciclo dalla scuola dell’infanzia alla terza media, la partenza del “4+2”, l’importante riforma degli istituti tecnici e professionali in collegamento con gli ITS che punta a porre rimedio al “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro, costituendo un secondo canale di pari dignità rispetto alla filiera licei-università. Fino alla cosiddetta “formazione incentivata”: 30 ore di formazione retribuita per i docenti che svolgono funzioni di supporto e di coordinamento, un pallido avvio verso quella che dovrebbe essere la carriera per chi insegna. Quest’anno entra in vigore anche la riforma del Ministero dell’istruzione, con una girandola di direttori generali ed entra in operatività il nuovo CSPI (Consiglio superiore della pubblica istruzione), che ha rinnovato i suoi componenti.

Tra le riforme di cui si è parlato molto ma per le quali bisognerà aspettare verosimilmente l’anno scolastico 2025-26 in quanto l’iter approvativo non è ancora terminato: il voto di condotta (con la relativa bocciatura se sotto il 6), i giudizi sintetici nella primaria e le lezioni extra di italiano per gli alunni stranieri neo arrivati o comunque con scarse competenze linguistiche di base in italiano. Tale potenziamento nella nostra lingua riguarderà probabilmente un numero limitato di alunni stranieri: secondo una stima di Tuttoscuola non più di 10 mila nel primo ciclo, pari al 6% degli alunni stranieri nati all’estero e al 2% del mezzo milione di alunni stranieri del primo ciclo.

Sotto traccia resta la riforma che più potrebbe incidere sui contenuti dell’insegnamento e sul modo di fare scuola: senza grande pubblicità il ministro Valditara ha costituito una commissione per revisionare le “Indicazioni nazionali”, ossia i documenti che fissano gli obiettivi di apprendimento per gli studenti e che toccano quindi l’idea di scuola, i valori che la caratterizzano e i criteri che ispirano le scelte didattiche. Per ora si sa poco dei lavori di questa commissione, ma le conseguenze potrebbero essere rilevanti.

Facciamo ordine in questo speciale di Tuttoscuola che presenta una per una le novità in partenza e quelle future, indicando per queste ultime lo stato di avanzamento.

Le novità di quest’anno

 Nuova Educazione civica: al centro il concetto di Patria

A partire da quest’anno, gli insegnanti saranno impegnati a conoscere e a mettere in atto le Nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica che sostituiranno le Linee guida precedenti, con l’aggiunta di ulteriori contenuti.

In particolare, viene evidenziato il nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria, concetto espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione. Attorno al rafforzamento del senso di appartenenza a una comunità nazionale, che ha nei valori costituzionali il suo riferimento, si intende anche favorire l’integrazione degli studenti stranieri.

Allo stesso tempo, la valorizzazione dei territori e la conoscenza delle culture e delle storie locali promuovono – negli intendimenti del Ministero dell’istruzione e del merito – una più ampia e autentica consapevolezza della cultura e della storia nazionale.

Secondo una stima di Tuttoscuola, nell’anno scolastico che sta per cominciare si svolgeranno oltre 10 milioni di ore di lezione di educazione civica dalla scuola primaria all’ultimo anno delle superiori nelle scuole statali. Anche da questo dato si può comprendere che la novità introdotta avrà un forte impatto sulla scuola italiana.

No agli smartphone in classe

Per 4 milioni e mezzo di alunni del primo ciclo delle scuole statali, dall’infanzia alla secondaria di I grado, il ministro Valditara, con circolare 5274 dell’11 luglio scorso, ha posto il divieto tassativo di utilizzare il cellulare in classe, anche per scopi didattici ed educativi. Le scuole medie dovranno prevedere sanzioni disciplinari – specifica la circolare – per gli alunni sorpresi con il cellulare in mano all’interno della classe

Valditara ha motivato la decisione sulla base di studi internazionali che evidenziano come l’uso continuo dei telefoni cellulari fin dall’infanzia e nella preadolescenza incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo, determinando perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità. Potranno invece essere utilizzati pc e tablet, sotto la guida dei docenti. Trattandosi di una semplice circolare, il divieto non vincola i 610mila alunni delle paritarie.

Il divieto è stato generalmente condiviso, anche se ha suscitato perplessità tra alcuni docenti per l’estensione a fini didattici ed educativi che violerebbe l’autonomia didattica delle scuole. Inoltre il divieto sembra stridere rispetto al processo di forte digitalizzazione che sta investendo le aule scolastiche e con l’uso smodato che ne fanno comunque fuori dall’aula gli alunni e gli stessi adulti. Di certo dovrebbe essere accompagnato da un’educazione profonda all’interazione con il digitale, sulla quale l’Italia sconta un notevole ritardo (si colloca solo al 18° posto in UE per quanto riguarda il progresso verso un’economia e una società digitale, secondo l’indice DESI, Digital Economy and Society Index, della Commissione Europea). Per colmare il gap, il riferimento a cui le scuole devono attenersi – come richiesto dal Pnrr – è il framework europeo DigComp, che mappa le competenze digitali del cittadino.

 Il capolavoro: una carta in più per la maturità 2025

I maturandi avranno l’opportunità di presentare all’esame un prodotto che considerino la loro opera migliore o comunque quella maggiormente rappresentativa dei progressi compiuti e delle competenze sviluppate durante l’anno scolastico. “La scelta potrà riguardare un prodotto di qualsivoglia tipologia, realizzato senza limitazioni sotto i punti di vista della tecnica, dei mezzi realizzativi: la sua creazione, infatti, può avvenire anche fuori dell’ambiente scolastico, e può essere frutto di attività cooperative e collaborative”.

Nei mesi che avevano preceduto la maturità 2024 un’ansia aveva contagiato migliaia di studenti preoccupati per il possibile obbligo del “capolavoro” da presentare alla commissione d’esame.

Soltanto un mese prima dell’esame era arrivato dal Ministero un chiarimento con la nota prot. 1616 del 17.5.24 con cui si precisava, tra l’altro, che il “capolavoro” – che ha fatto così un test sperimentale e da quest’anno entra a regime – “non è da intendersi come un ulteriore compito da svolgere, ma una scelta tra quanto già realizzato; pertanto, non esistono parametri oggettivi di misurazione o di categoria per ristringere il prodotto da scegliere, che invece è frutto di atto soggettivo di riflessione sul proprio percorso di apprendimento e di crescita personale”.

Insomma, nessun obbligo per i maturandi, ma un’occasione aggiuntiva – che da quest’anno entra a regime – per mettere in mostra le proprie capacità.

Il mezzo milione di prossimi candidati della maturità 2025 possono iniziare il nuovo e ultimo anno scolastico senza l’ansia da capolavoro.

Quattro + due, a regime la riforma dei Tecnici e Professionali

Con l’anno scolastico 2024-25 parte la sperimentazione del modello cosiddetto 4+2, che nel frattempo a fine luglio è diventato legge entrando in ordinamento. Riguarda gli istituti tecnici e professionali in collegamento con gli ITS (nelle iscrizioni dello scorso gennaio 2.100 studenti hanno scelto questa nuova strada), affiancando i tradizionali percorsi quinquennali. Grazie a questo modello gli studenti dei percorsi quadriennali potranno accedere direttamente ai corsi degli ITS Academy. In alternativa, il percorso quadriennale conferisce un titolo di studio spendibile nel mondo del lavoro al pari di un diploma quinquennale e consente di iscriversi all’Università.

Il modello 4+2 tenta di correggere il mismatch tra le competenze richieste e quelle “formate” prevedendo, all’interno del processo formativo, un apporto diretto del mondo delle imprese alla definizione dei percorsi e delle competenze pratiche degli studenti a livello dell’istruzione secondaria e a quello del biennio di ITS (Istituti Tecnici Superiori) che lo completa.

E’ forse la riforma alla quale il ministro Valditara annette la maggiore importanza, e non a torto, sia perché si propone come una delle soluzioni al nodo cruciale del “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro, sia per il forte carattere innovativo a livello ordinamentale mirato a costituire un secondo canale di pari dignità rispetto alla filiera licei-università.

Meno interesse ha raccolto il Liceo del Made in Italy: sono solo 500, distribuiti nei 92 Istituti disponibili ad attivarli, gli iscritti al nuovo Liceo del Made in Italy in partenza (se ve ne saranno le condizioni organizzative minime). La legge che li ha istituiti, voluta soprattutto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, forse è apparsa alle scuole e ai genitori troppo vaga nei contenuti e negli obiettivi del biennio, e del tutto indeterminata in quelli del triennio, ancora non noti. La verifica del consenso la si avrà con le prossime iscrizioni a gennaio 2025.

Iscrizioni telematiche a scuola con una nuova piattaforma

A partire dall’anno scolastico 2024/2025, le iscrizioni al primo e al secondo ciclo di istruzione saranno effettuate in modalità telematica attraverso la nuova piattaforma unica “Famiglie e studenti”, realizzata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito per costituire un canale unificato di accesso alle informazioni detenute dallo stesso Ministero e dalle istituzioni scolastiche ed educative statali, al fine di semplificare l’erogazione dei servizi educativi.

Al fine di sollevare le famiglie dall’onere relativo alla produzione in formato cartaceo delle certificazioni o dei titoli di studio già conseguiti, il nuovo sistema di iscrizione realizzato sulla piattaforma consentirà alle istituzioni scolastiche statali di acquisire direttamente i dati e i documenti, necessari ai fini dell’iscrizione, che sono già in possesso dell’Amministrazione.

Formazione incentivata dei docenti, ma la carriera è lontana

Il MIM ha dato avvio (DM 113 del 6/6/2024) al percorso di formazione ​triennale incentivata dei docenti​ ​”con incarichi di collaborazione e supporto del sistema organizzativo dell’istituzione scolastica che prevede:

– partecipazione volontaria​ e riservata al solo personale di ruolo, che può essere retribuita dalle scuole;

– 30 ore ​di attività di formazione on line e in modalità asincrona da svolgersi al di fuori dell’orario di insegnamento.

Il ministro Valditara si è anche impegnato a trovare maggiori risorse per garantire la formazione continua del personale scolastico e renderne pienamente effettivo il carattere “obbligatorio, permanente e strutturale” sancito dall’art. 124 della legge 107/2015 (“Buona Scuola”).

Per questo scopo saranno destinati fondi aggiuntivi per la formazione, che partiranno da 14,6 milioni di euro nel 2023 per arrivare a 43,8 milioni annui dal 2026. Riguardo all’introduzione di una vera carriera che consenta uno sviluppo professionale ai docenti che più si applicano, il traguardo resta molto lontano.

 Riforma del Ministero dell’istruzione: girandola di direttori generali e nuovi USR

Ritornano quest’anno tre Direzioni generali regionali, declassate in semplici Uffici territoriali alcuni anni fa. Infatti, in sede di conversione del decreto-legge 71/2024, per favorire l’uniformità organizzativa degli uffici periferici del Ministero dell’istruzione e del merito, la dotazione organica del medesimo Ministero è stata incrementata, appunto, di tre DG regionali: Basilicata, Molise e Umbria, precedentemente declassate.

Contemporaneamente da quest’anno è stata disposta una rotazione di notevole dimensione, relativa ai direttori generali della sede centrale del Ministero a Roma.

I provvedimenti entreranno in vigore nei prossimi mesi, dopo la registrazione da parte degli organi di controllo.

Nuovo CSPI: insediamento secondo vecchia composizione

Il CSPI (Consiglio superiore della pubblica istruzione) ha finalmente rinnovato (era atteso dal 2015) la sua componente elettiva di 18 membri nella primavera scorsa: 15 eletti in rappresentanza del personale delle scuole statali e 3 eletti, rispettivamente, uno dalle scuole di lingua tedesca, uno dalle scuole di lingua slovena, e uno dalle scuole della Valle d’Aosta.

Alla Cgil-scuola, che nel 2015 aveva 9 seggi, ora ne sono stati attribuiti soltanto 4, mentre alla Cisl-scuola, che aveva in precedenza 2 seggi, sono stati attribuiti 5 seggi. La Uil-scuola è passata da 0 a 4 seggi, mentre lo Snals da 3 seggi è sceso a 1. L’ANP, Associazione Presidi, ha confermato i 2 seggi che aveva in precedenza

Per i 18 membri designati, 15 sono nominati dal Ministro, tra esponenti significativi del mondo della cultura, dell’arte, della scuola, dell’università, del lavoro, delle professioni e dell’industria, e dell’associazionismo professionale.

In sede di conversione del DL 71/24 la Lega aveva presentato un emendamento (poi ritirato) che prevedeva l’ulteriore nomina di sei esperti di nomina ministeriale. In tal caso i membri del nuovo CSPI sarebbero stati 42 anziché 36, e sarebbe venuta a mancare la pariteticità tra componente elettiva e componente designata.

Il CSPI che si insedierà a settembre sarà pressoché nuovo per quanto riguarda i nominativi dei suoi 36 componenti, e “vecchio” per la sua composizione paritetica e le competenze attribuite.

Non sono più una novità, essendo stati introdotti già lo scorso anno i tutor, gli orientatori e lo strumento dell’E-Portfolio, il portfolio digitale che accompagna gli studenti durante tutto il percorso scolastico consentendo di avere una visione completa delle esperienze formative scolastiche, extrascolastiche e delle certificazioni conseguite, che confluiranno nel Curriculum dello studente.

Cosa non parte quest’anno.
Le riforme in cantiere

Giudizi sintetici nella primaria

Nella scuola primaria la valutazione degli alunni si effettuerà nell’anno scolastico 2024-25 ancora mediante giudizi analitici, come ormai avviene da alcuni anni.

Infatti, la riforma che prevede, in alternativa, i giudizi sintetici (sufficiente, buono, distinto, ecc.) non è ancora stata approvata in via definitiva, in quanto il disegno di legge governativo sulla valutazione che la comprende si è fermato all’inizio dell’estate, prima che la Camera provvedesse ad approvarlo.

Se la riforma venisse approvata nei prossimi mesi, avrebbe bisogno di una ordinanza esplicativa per essere applicata concretamente.

Se ne parlerà, dunque, tra un anno.

Voto di condotta

La mancata approvazione definitiva da parte della Camera del disegno di legge sulla valutazione fa slittare anche l’applicazione del voto di condotta al prossimo anno scolastico (sempre che, dopo l’approvazione della legge, vengano anche definiti in tempo utile regolamenti e decreti di attuazione).

Nella scuola secondaria di I grado la valutazione del comportamento continuerà ad essere espressa collegialmente dai docenti attraverso un giudizio sintetico; soltanto dal prossimo anno sarà espressa con voto in decimi e farà media.

Nella secondaria di II grado, la valutazione del comportamento non subirà modifiche per quest’anno, ma dal prossimo anno scolastico inciderà sui crediti per l’ammissione all’esame di Stato.

Bocciatura per il 5 in condotta

La mancata approvazione in legge del ddl sulla valutazione, fortemente voluto dal ministro Valditara, rinvia al prossimo anno anche le misure più drastiche previste, come, ad esempio, quella della bocciatura per il voto di comportamento degli studenti di scuola secondaria di I e II grado.

Il ddl prevede, infatti, che l’attribuzione del voto di comportamento inferiore a sei decimi e la conseguente non ammissione alla classe successiva e all’esame di Stato avvengano anche a fronte di comportamenti che configurano mancanze disciplinari gravi e reiterate, anche con riferimento alle violazioni previste dal regolamento di istituto.

Affinché la norma sulla bocciatura diventi definitiva, occorre che non solo il ddl sia approvato dal Parlamento, ma venga anche modificato entro sei mesi il regolamento relativo allo Statuto degli studenti e delle studentesse, lo strumento normativo che consente alle scuole di mettere in atto disposizioni disciplinari nei confronti degli studenti. Se ne parlerà nell’anno scolastico 2025-26.

Alunni stranieri: lezioni extra di italiano, ma per pochi

La legge 106 di conversione del decreto-legge 71/24 prevede attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare per favorire l’integrazione scolastica attraverso l’assegnazione di un docente per l’insegnamento dell’italiano per stranieri per le classi aventi un numero di studenti stranieri che si iscrivono per la prima volta al Sistema nazionale di istruzione ovvero che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), pari o superiore al 20 per cento degli studenti della classe.

Per definire le percentuali di presenza di alunni stranieri con livello di competenza A2 della lingua italiana servirà un apposito decreto ministeriale, con il quale dovranno essere definite le risorse finanziarie per retribuire le attività extracurricolari dei docenti preposti.

È improbabile che il tutto possa avvenire in poco tempo. Pertanto, l’operazione “integrazione” dovrebbe slittare al 2025-26, anche se il ministro Valditara ha recentemente dichiarato che in qualche classe si partirà già da quest’anno.

Ma quanti studenti stranieri beneficeranno di questo potenziamento didattico? Non è possibile sapere con esattezza quanti saranno gli alunni stranieri che si iscriveranno per la prima volta ad una scuola italiana, e tanto meno quanti di loro saranno in numero pari ad almeno il 20% di tutti gli alunni della classe in cui verranno inseriti. Ma proprio questa soglia minima riduce di molto i potenziali interessati. In base a un approfondito calcolo di Tuttoscuola si può stimare che in tutto il primo ciclo (scuola primaria e media), non saranno più di 10 mila gli alunni stranieri coinvolti nel potenziamento da parte di un docente per l’insegnamento dell’italiano per stranieri: in pratica solo il 6% degli alunni stranieri nati all’estero e arrivati in Italia come immigrati, che sono circa 163 mila) e solo il 2% del mezzo milione di alunni stranieri del primo ciclo (500.424, come risulta dal Portale unico del Ministero per il 2022-23, ultimi dati disponibili).

Una misura interessante ma, da quanto si può stimare, per pochi.

 Supplenti di sostegno graditi alle famiglie, ma tra un anno

Per cercare di salvare un po’ di continuità didattica a favore degli alunni con disabilità, il DL 71/2024 ha previsto che le famiglie possano richiedere la conferma del supplente di sostegno dell’anno precedente, previa valutazione del dirigente scolastico.

Ma questa piccola rivoluzione per cercare di salvare diverse situazioni di possibile discontinuità didattica non potrà trovare applicazione per quest’anno. Sarà necessario, infatti, rivedere il regolamento per le supplenze. Se ne parlerà tra un anno.