La scuola divisa in serie A e B
Franco Buccino
da La Repubblica ed. Napoli, 10 sett. 2024
Il primo settembre è cominciato ufficialmente l’anno scolastico 2024-25, il 12 hanno inizio le lezioni in Campania. Qualche scuola comincia prima. È l’unica applicazione dell’autonomia scolastica. Sarebbe più logico che ciò accadesse con orario completo invece di iniziare con un paio d’ore di lezione, o senza alcun recupero degli “anticipi” nel corso dell’anno. Proviamo a contare i 200 giorni di lezione previsti, o meglio tutto il monte ore annuale delle singole materie. Siamo, in genere, ben al di sotto di questi obiettivi stabiliti per legge.
Del resto, a chi interessa la scuola oggi? I movimenti studenteschi sono quasi inesistenti. I docenti si trovano da tempo in una posizione solo difensiva, tra calo della popolazione scolastica e dimensionamenti della rete, aumento del precariato e delle supplenze, carenza di strutture e peggioramento delle condizioni economiche. Con la motivazione professionale al lumicino.
Eppure per il governo la scuola ha avuto sin dall’inizio un ruolo strategico. La premier Meloni nel suo discorso programmatico disse che i ragazzi non sono tutti uguali, ma che a tutti bisogna dare le stesse opportunità. Non male per chi poi si è “convertita” all’Autonomia regionale differenziata, con le implicazioni che questa riforma avrà sulla visione unitaria del Paese.
Il regista della politica scolastica in questi due anni è stato senza dubbio il ministro Valditara. Che ha ingarbugliato più di prima la situazione dei precari con idonei in vari tipi di concorsi, con graduatorie che non scorrono. Fino alle ultime notizie: ha ottenuto meno posti in organico di quelli richiesti, non tutti sono assegnabili, e ci ritroveremo con le 130 mila supplenze annuali, che si raddoppieranno nel corso dell’anno, soprattutto per le “deroghe” nel sostegno.
Ma non è questo il problema, nel senso che su queste materie non hanno fatto meglio i suoi predecessori. E del resto nel governo non gli hanno certo concesso fondi adeguati. In linea con i precedenti ministri, Valditara è stato ed è maestro negli annunci. Come per il decreto preelettorale: di urgente c’era solo l’annuncio. E che dire di Agenda Sud, un annuncio roboante, sulla scorta del “progetto Caivano”: lotta all’abbandono e all’evasione scolastica in dieci punti e con quattro soldi. Il ministro Valditara ha fatto operazioni molto più pericolose con motivazioni ideologiche sempre gravi. E nella foga di restaurare è arrivato a riproporre temi addirittura precedenti al fascismo.
Pensiamo al voto in condotta. Il ministro dell’Istruzione ha in mente un tipo di scuola che è più una scuola militare, se non addirittura un “istituto di rieducazione”. Rinfrancato dagli episodi di bullismo, sceglierà una linea sempre più dura. Pensiamo alla lettera della preside di Firenze sul legame tra violenza e fascismo, contestata dal ministro, o alle parole del sottosegretario Frassineti la quale, andando alle commemorazioni di studenti uccisi di destra e di sinistra, pensa di dimostrare pari responsabilità nella storia a fascisti e antifascisti.
E con Valditara tornano in auge oltre le differenze territoriali, quelle sociali con la riforma degli istituti professionali e non solo: quattro anni anziché cinque, una rete con soggetti pubblici e privati, in particolare le aziende che invieranno nelle scuole “loro docenti”, le imprese che vengono nelle scuole a formarsi il proprio personale. Scuole di serie A e scuole di serie B, cittadini di serie A e cittadini di serie B. Altro che obbligo scolastico e formativo a diciott’anni, altro che il diritto all’istruzione per tutti.
Ce n’è abbastanza per pensare all’anno scolastico che comincia, come anno di rivendicazione: del diritto allo studio, del rispetto della Costituzione, della qualità dell’istruzione. Con tutte le componenti, docenti, genitori, cittadini e soprattutto studenti, i quali diventano consapevoli del rischio che corrono con queste sciagurate politiche scolastiche, e sono pronti a tornare in campo per conquistarsi il proprio futuro.