I genitori degli adolescenti
di Margherita Marzario
La genitorialità non è un fatto privato, ma è “politica” e richiede politiche ad hoc. Così dichiara il pedagogista Daniele Novara: “Scelte indispensabili per non tirare su bambini tirannici; per non diventare genitori urlanti; per non trovarsi con adolescenti ritirati in casa per ore e ore davanti ai videogiochi; per poter gestire le regole educative con il massimo della positività, ma anche il rigore necessario. Senza trascurare il gioco di squadra tra genitori, ossia l’importanza della condivisione tra il papà e la mamma. È necessario mettere a disposizione risorse specifiche”.
Soprattutto durante l’età adolescenziale, i figli non si controllano né si comandano, ma si guardano, si osservano, si ascoltano, si spronano, si orientano, come si ricava pure dalle indicazioni della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. La scrittrice Maria Venturi esplica: “I figli si crescono con gli occhi, nel senso che il mestiere di genitori è dominato dall’incombenza di guardare: il biberon, il termometro, il piatto, i vestiti, le pagelle, i quaderni, l’orologio, gli amici…”. Guardare non è semplicemente stare a guardare ma etimologicamente significa “vigilare, custodire, difendere, coprire”, tutto ciò che compete ai genitori e che comporta una certa “distanza” dai figli.
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai scrive: “Succede a volte che i preadolescenti invece di buttarsi in avanti e andare a lunghe falcate verso il futuro grazie alle nuove competenze di cui possono godere – ora che non sono più bambini – fanno l’esatto contrario. Ovvero, si muovono con il freno a mano, cercando di permanere il più possibile nella loro zona di sicurezza, quella che hanno abitato da bambini, in cui mamma e papà – e gli adulti in generale – si occupavano in toto di loro, assolvendoli da ogni responsabilità e proteggendoli in ogni modo. […] Vivono “iperconnessi”, appunto, ma alla fine tendono a non sviluppare mai quella muscolatura emotiva che permette loro di diventare grandi, mettendosi davvero in gioco e facendo le piccole grandi rivoluzioni che ogni preadolescente deve imparare a “combattere” per smettere di essere un pulcino “protetto” da chi gli vuole bene”. I genitori si preoccupano della muscolatura fisica dei figli ma non adeguatamente della “muscolatura emotiva”, per cui i figli crescono in altezza ma non altrettanto in vigore psicologico divenendo forti con i deboli e fragili nelle quotidiane difficoltà della vita, come se fossero infermi. In famiglia si avrebbe bisogno di “ozio”, inteso in senso etimologico come tempo privo di impegni, tempo in cui ascoltarsi, annoiarsi, guardarsi, adoperarsi in hobby e passioni comuni, in cui sperimentare il silenzio, in cui conoscersi dentro. Vari sono gli spunti normativi da cui si ricavano l’obbligo e la responsabilità dei genitori di corroborare i figli, tra cui il Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia in cui si legge che “la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e quale ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti suoi membri ed in particolare dei fanciulli debba ricevere l’assistenza e la protezione necessarie per assumere pienamente le sue responsabilità all’interno della comunità”. A questo si aggiungono la Carta di Ottawa per la promozione della salute (paragrafo “Sviluppare le abilità personali”) e gli articoli 147 e 315 bis cod. civ. dove si parla di assistenza morale nei confronti dei figli.
Ancora Daniele Novara mette in guardia: “Occorre mettersi dal punto di vista delle esigenze formative e delle competenze psicoevolutive di bambini, preadolescenti e ragazzi, chiedendosi quali siano i possibili rischi, i danni e le difficoltà di crescita o sviluppo che la tecnologia comporta e come prevenirli o evitarli”. La tecnologia favorisce lo sviluppo cognitivo ma l’eccessivo uso o abuso di essa va a discapito delle altre sfere dello sviluppo di un bambino o ragazzo. Non si deve trascurare “il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale” (art. 27 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) e la responsabilità dei genitori o delle altre persone aventi cura del fanciullo di assicurare le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo (art. 27 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Negli USA è stato rilevato (Justin W. Patchin e Sameer Hinduja, esperti dell’Università del Wisconsin, in “Digital Self-Harm Among Adolescents”, articolo pubblicato su Journal of Adolescent Health, dicembre 2017) il cosiddetto “self-cyberbullying”, definito anche “autolesionismo digitale”, che consiste nel cercarsi intenzionalmente o rivolgersi da soli gravi insulti, offese e mortificazioni verbali sul web, che hanno lo stesso effetto delle lamette sulla pelle. Ai genitori si richiedono sempre più competenze digitali che consistono nel saper mediare l’uso di strumenti digitali, vigilare, interagire con i figli per condividerne gli interessi (che non significa avere gli stessi interessi), non dare esempi sbagliati più che controllare i figli o vietarne l’uso, come si ricava da vari atti, tra cui il Rapporto Cisf 2017 “Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali”.
Il rapporto internazionale “Spotlight on adolescent health and well-being”, pubblicato nel maggio 2020 dall’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha fornito una interessante panoramica sulla salute fisica, sulle relazioni sociali e sul benessere psicologico di oltre 220mila ragazzi/e in età scolare compresa tra gli 11 e i 15 anni, dopo un’indagine svolta nel biennio 2017/2018. Il rapporto ha rilevato che la salute dei ragazzi europei, in particolare quella mentale, è peggiorata. Tra i vari aspetti il report ha evidenziato un aumento di adolescenti in ansia per motivi legati alla scuola, mentre calano quelli che la amano. Al centro dell’indagine, anche il legame tra uso della tecnologia digitale e benessere mentale: a fianco di elementi positivi si registra una «amplificazione delle vulnerabilità», unitamente a «nuove minacce, a partire dal cyberbullismo, che colpisce in modo sproporzionato le ragazze». I dati sulla salute mentale sono peggiorati, purtroppo, dopo la pandemia da covid. Genitori e adulti tutti si devono rendere conto che la salute non riguarda solo il corpo ma l’integrità della persona(identità, sessualità, personalità…) e che i ragazzi non hanno bisogno di cose e di avere tutto ma hanno bisogno di autorità, autenticità, realtà, verità (atteggiamenti e valori ormai desueti) e anche di criticità (tipiche di ogni età e in particolare di quelle di passaggio) da affrontare e per le quali approntare le proprie risorse.
Oltre all’ipertecnologia delle nuove generazioni, stile di vita indotto dagli adulti e dal mercato, un altro problema emergente è l’ipersessualizzazione. L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), il 21 giugno 2016, ha emanato due documenti, su iniziativa del deputato della delegazione moldava, Valeriu Ghiletchi: la Risoluzione 2119/2016 e la Raccomandazione 2092/2016, dall’eloquente titolo “Fighting the over-sexualisation of children”, contro l’ipersessualizzazione dei bambini e degli adolescenti, invitando gli Stati a impegnarsi per combatterla. “I bambini e specialmente le bambine che indossano graziosi vestiti e si truccano e gli adolescenti che si vestono come gli adulti, sono solo alcune delle espressioni visibili della precoce sessualizzazione dei bambini”, ha scritto Ghiletchi nel report.
Un altro aspetto interessante è quello evidenziato da uno studio anglosassone (pubblicato sulla rivista Human Reproduction nel marzo 2021) che ha esaminato le relazioni genitore-figlio degli adolescenti nati da riproduzione medicalmente assistita (MAR) e quelle degli adolescenti nati da un concepimento naturale (NC). Il campione (basato su ragazzi nati tra il 2000 e il 2002) ha mostrato che le famiglie MAR e NC hanno relazioni genitore-figlio simili in termini di vicinanza e frequenza dei conflitti, tranne per il fatto che le madri MAR riferiscono di essere più vicine ai loro figli rispetto alle madri NC. Un risultato che suggerisce che le difficoltà e lo stress a cui si sono sottoposti i genitori per concepire attraverso il MAR non si sono tradotti in relazioni genitori-figli più difficili durante l’adolescenza. Inoltre, questo studio ha avvalorato che l’adolescenza è un periodo di ansia più per i genitori che per gli adolescenti perché sono i genitori che devono “concepirli” di nuovo nelle “nuove sembianze” di crisalidi che vanno assumendo nella naturale metamorfosi della vita e che il conflitto è fisiologico per crescere e congedarsi dalla fase precedente (come quando si scalpita per venire al mondo). A conferma che i genitori sono un “mezzo di trasporto della vita”: “[…] ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita” (art. 6 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Per i genitori e ancor di più per i genitori degli adolescenti non ci sono vademecum ma si possono dare solo indicazioni di vita. Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni richiama: “Occorre che i genitori valutino attentamente le conseguenze dei “sì” troppo facili e degli atteggiamenti sostitutivi verso i figli (“Lascia stare tu, che faccio io”), che non chiedono nulla di tangibile in cambio. Occorre sostenere con forza le esperienze di serio impegno dei ragazzi, a scuola e al di fuori di essa. È un modo concreto per aiutarli a capire che i risultati nella vita dipendono da loro, nel futuro come nel presente”. Bisogna fare cordata con i giovanissimi e i giovani nella scalata della montagna e non solo far vedere loro un documentario sulla bellezza della montagna. Al punto n. 51 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si legge: “Bambini e giovani uomini e donne sono agenti critici del cambiamento e troveranno nei nuovi obiettivi una piattaforma per incanalare le loro infinite potenzialità per l’attivismo verso la creazione di un mondo migliore”.
Laddove ci sono adolescenti particolarmente turbolenti significa che gli adulti sono lenti, nell’intervenire, nell’interloquire, nell’interagire.
Per non ritrovarsi con adolescenti sconosciuti e scontrosi, inavvicinabili e incontrollabili si faccia attenzione a quello che si fa e si dice con i bambini, a cominciare dalla classica risposta che si dà senza nemmeno volgere un fugace sguardo: “Adesso non ho tempo!”. Ma cos’è il tempo? Il tempo è la vita che si riceve e che si dà, prima che un figlio adulto depresso chieda “Mamma, perché non sono felice?” (come chiede il figlio nel film “La prima cosa bella”).