W. Irving, La leggenda di Sleepy Hollow

Irving, alla scoperta della vita

di Antonio Stanca

   Due racconti dell’americano Washington Irving, vissuto nell’Ottocento e noto viaggiatore oltre che abile narratore, sono comparsi di recente nella serie settimanale “Piccoli Tesori della lettura” della RBA Italia. S’intitolano La leggenda di Sleepy Hollow e Rip Van Winkle, la traduzione è di Chiara Vatteroni.

   Irving è nato a New York nel 1783 e qui è morto nel 1859. Aveva settantasei anni e molto noto era diventato sia in America sia in Europa. Molto letti erano i racconti ai quali dai primi dell’Ottocento aveva cominciato a dedicarsi una volta abbandonati gli studi giuridici. Molti riconoscimenti gli erano stati attribuiti. Era stato anche autore di opere storiche quali Storia di New York e Vita di Washington. Viaggerà molto, in Inghilterra soggiornerà molti anni durante i quali farà continue incursioni in Europa nonché in Italia. Ovunque trarrà alimento per le sue narrazioni o meglio per quei racconti che lo renderanno celebre dal momento che procedendo tra passato e presente, storia e leggenda, verità e fantasia, veglia e sogno, cielo e terra, offriranno a chi legge la possibilità di venire a conoscenza di tanti luoghi, eventi, personaggi dei quali era rimasto all’oscuro poiché trascurati dalla cultura ufficiale. Susciteranno la sua curiosità, stimoleranno la sua fantasia, gli faranno scoprire segreti ovunque, anche in posti che non aveva sospettato. Ad attirarlo sarà pure la forma espressiva tanto chiara, tanto facile da coinvolgerlo fin dall’inizio.

   È un processo che di solito avviene con questo scrittore, con lui è come se ci si trovasse con un imbonitore che ha sempre da farci sapere, da farci contenti. Così succede pure nei suddetti due racconti ambientati nella provincia di New York, quella che ispirava maggiormente l’Irving poiché qui, accanto alle rive dell’Hudson, erano rimaste più a lungo quelle prime comunità di olandesi formatesi al tempo degli inglesi e continuatesi insieme ai loro costumi, alle loro credenze, alle loro favole. Due favole sono quella di Sleepy Hollow, la valle solitaria dove avviene la triste esperienza del maestro Ichabod Crane prima della sua affermazione, e l’altra di Rip Van Winkle, che solo un lungo sonno riscatterà da una condizione di grave disagio personale e sociale.     Sono antiche storie giunte allo scrittore per le vie più diverse, viaggi, vie orali, letture, ma che lui ha saputo sistemare, comporre in modo da farle pervenire ad un significato, da ricavarne un messaggio. Vuole evitare, Irving, che si perda, svanisca quanto c’è stato, vuole salvarlo perché traccia, parte, segno di vita, di umanità. Di natura morale, quasi religiosa, è questo intento. I suoi viaggi, le sue ricerche su quanto anticamente accaduto finiscono di essere casuali e diventano le intenzioni di un programma ben preciso, gli elementi di un’aspirazione ben definita. Si vuole scoprire ogni vita, anche la più remota, la si vuole salvare, portare alla luce perché della luce ha fatto parte prima che finisse nel buio.