Regolamento della valutazione

da tuttoscuola.com

Regolamento della valutazione

Si stanno prendendo in questi giorni, se non ore, decisioni importanti per quanto riguarda il nuovo regolamento della valutazione, predisposto dall’esecutivo in attuazione della  legge 10 del 26 febbraio 2011 che definiva il sistema nazionale di valutazione in tutte le sue componenti (Invalsi, Indire, Ispettorato).

Un folto gruppo di associazioni professionali e di altre organizzazioni (tra cui Aimc, Cidi, Fnism, Legambiente Scuola e Formazione, MCE, Proteo Fare Sapere, Per la Scuola della Repubblica, Cgd, Uds, Rete Studenti Medi) ha preso l’iniziativa, nei giorni scorsi, di chiedere con forza all’attuale governo di rinviare ogni decisione

Nell’appello, come riferito da Tuttoscuola, si giudica “inaccettabile che il Governo, che è in carica solo per l’ordinaria amministrazione, possa emanare in queste condizioni un decreto di questa importanza e procedere alle nomine dei Cda di Indire e Invalsi” e si chiede al ministro Profumo di “intervenire perché la definizione delle linee della valutazione scolastica sia affidata al prossimo Parlamento e al prossimo Governo previa consultazione delle Istituzioni scolastiche”.

Insomma una vera e propria richiesta di rinvio non solo del regolamento ma in pratica di tutta la partita della valutazione: un ennesimo rinvio dopo i molti che si sono succeduti negli ultimi 15 anni.

In direzione diametralmente opposta si muovono due associazioni, l’Apef, che ricorda gli impegni presi in materia di valutazione dal nostro Paese con l’Unione europea e le sollecitazioni giunte in proposito dall’Ocse proprio in questi giorni, e l’ADi, che in una nota accusa “un gruppo di associazioni professionali e sindacali, storicamente riconducibili al mondo cattolico ed a parti significative della sinistra” di far parte di un “establishment molto datato” che “si oppone al varo del Regolamento sulla valutazione” pensando di “rappresentare il parere del mondo della scuola, che avrebbe timore di essere valutato”.

In discussione, ancora una volta, è una questione solo apparentemente tecnica: se la valutazione debba essere universalistica, coinvolgere cioè tutte le scuole, oppure debba investirne soltanto alcune, scelte su base campionaria. Nella prima direzione si sta muovendo da qualche anno l’Invalsi, con l’obiettivo primario di fornire alle singole scuole un insieme di informazioni (non solo sui livelli di apprendimento degli alunni) che le possa aiutare a migliorare l’efficacia dell’azione formativa.

Se questa impostazione fosse rovesciata in favore dell’approccio campionario (che è quello già utilizzato per le rilevazioni internazionali) si avrebbero informazioni certamente attendibili per quanto riguarda le scuole campionate (relativamente poche, meglio seguite e controllate), ma nessuna informazioni per le altre, la grande maggioranza. I dati ricavati dalle scuole campione sarebbero certamente utili per orientare le scelte di politica scolastica di livello nazionale e forse regionale, ma poco utili se non del tutto inutili per il resto delle scuole, dove ci si limiterebbe a blande forme di autovalutazione-autoassoluzione.

Le obiezioni al modello universalistico sono anche altre, dal rischio che esso induca un generalizzato fenomeno di teaching to the test alla riduzione della libertà di insegnamento, dal privilegiamento di un modello di intelligenza schematico e adattivo piuttosto che critico e creativo, per non parlare del rischio di una deriva neocentralistica e tecnocratica delle politiche nazionali. Ma certamente di tutto questo si potrebbe parlare con maggiore concretezza in presenza, e non in assenza, di processi valutativi di sistema che tocchino capillarmente tutte le scuole, tutti gli studenti e tutti gli insegnanti.

Se il rinvio del regolamento significa rinviare a chissà quando la valutazione di sistema intesa in quest’ultima accezione, cioè in dimensione universalistica, non resta che augurarsi che il governo faccia quel che deve. Poi avvenga quel che può.