
Strada non fa autobiografia
di Antonio Stanca
È uscita, a Maggio, la terza edizione di Una persona alla volta di Gino Strada, personaggio diventato molto noto in questi ultimi anni per essersi dedicato alla salvezza, alla cura, all’assistenza dei feriti, dei reduci di guerra in un mondo che di guerre ne ha tante. L’opera risale al 2022 e consiste in una raccolta di memorie, notizie, osservazioni, commenti circa le esperienze vissute dall’autore nelle diverse zone di guerra dove si è trovato. Strada si era specializzato prima in Chirurgia d’urgenza, poi in Chirurgia Cardiopolmonare, Chirurgia Traumatologica e Cura delle vittime di guerra. Durante gli anni Novanta era stato all’estero e nel 1994, insieme ad altri colleghi specialisti, aveva creato Emergency, un’Associazione Umanitaria Internazionale impegnata a fornire cure e assistenza alle vittime della guerra e della povertà che si verificavano nel mondo. Con Emergency Strada è stato in molti paesi, in tutti quelli che erano in guerra, e notate sono state la sua dedizione, la sua volontà di partecipazione ai problemi degli altri, la sua solidarietà ai casi, alle situazioni più gravi, più estreme. In un mondo di orrori è vissuto senza mai esitare di fronte al bisogno. Ha sempre agito, sempre ha operato convinto che solo così si potessero ottenere risultati positivi. Era la sua educazione religiosa che lo spingeva e che continuerà a farlo anche quando sarà diventato ateo.
Nato a Sesto San Giovanni nel 1948, Strada è morto a Rouen, Francia, nel 2021. Aveva settantatré anni. Si era laureato all’Università di Milano e al Policlinico si era specializzato. Durante gli anni Sessanta aveva fatto parte della contestazione giovanile, della quale aveva condiviso gli ideali di giustizia e libertà. Diventato medico aveva aderito alla Croce Rossa Internazionale ed era stato in tante parti del mondo, in tutte quelle che si trovavano in stato di pericolo, di allarme, di tensione, di guerra. Aveva mostrato di sapersi prodigare per aiutare quanti avevano bisogno, fossero feriti o poveri, bianchi o negri, uomini o donne, vecchi o bambini. Era sempre stato d’aiuto e riconosciuta sarebbe stata questa sua volontà di bene, di conforto, di cura. Strada non era solo il chirurgo che interveniva sulle lacerazioni del corpo ma anche l’amico che incoraggiava, consolava, consigliava. Era stata anche questa sua tendenza a convincerlo a scrivere delle sue esperienze. Una volta arrivato in certe zone si era accorto che la maggior parte dei feriti se non dei morti non erano militari ma civili e soprattutto donne e bambini, persone, cioè, rimaste nelle case, nei paesi, nelle città, sole, indifese ed esposte alle esplosioni di ordigni che gli avversari avevano disseminato e che spesso venivano scambiati per giocattoli. In tal modo i civili, le loro case, le loro strade, le loro vite erano diventate le maggiori vittime delle guerre moderne e il bisogno di denunciare questo e altri gravi comportamenti tra stati belligeranti ha mosso Strada a farne motivo di scrittura. Ha voluto protestare, dichiarare apertamente ha voluto che i civili, quelli che conducono una vita pacifica nelle loro case, nei loro posti, siano urbani o campestri o boschivi o alpini, non possono essere considerati avversari, nemici di guerra e, perciò, attaccati, assaliti, bombardati. Molto gravi ha definito queste azioni perché disumane, violente e condotte contro persone indifese. Ha invitato, pertanto, gli Organismi nazionali e internazionali, soprattutto quelli delle nazioni in guerra, a prendere i provvedimenti necessari a tutelare la salute pubblica, ad evitare che certe situazioni si verifichino, che si spari, si bombardi contro persone che in posti diversi dalle loro case, dalle loro strade non possono stare pur in tempi di guerra.
È stata l’inalterabile volontà di bene ad orientare Strada verso l’attività letteraria, verso il recupero delle sue memorie. Non ha voluto fare autobiografia, lo ha detto all’inizio di quest’opera, ha voluto richiamare l’attenzione su quanto di ingiusto, di grave succede durante una guerra, sollecitare ha voluto perché si provveda a riparare quelli che sono grossi danni e rischiano di passare inosservati. Era un uomo di azione ma anche di pensiero. Non gli sfuggiva niente di quanto gli succedeva intorno, non gli era difficile cogliere situazioni contraddittorie, contrastanti, né gli era faticoso pensare di porvi rimedio. Non sempre, però, i risultati corrispondevano alle intenzioni e a volte queste rimanevano incompiute.