
Clive Staples Lewis, nel dolore della morte
di Antonio Stanca
Da Adelphi è stato riedito Diario di un dolore, ennesima ristampa di una breve opera autobiografica dello scrittore inglese C. S. Lewis. La traduzione è di Anna Ravano. Nato a Belfast nel 1898, Lewis è morto a Oxford nel 1963. Aveva sessantacinque anni e molto aveva fatto, in molti modi si era applicato, di diversi generi era stata la sua produzione. Da piccolo era vissuto e aveva studiato in collegio poiché morti erano i genitori. Poi si era laureato all’Università di Oxford e qui aveva insegnato Lingua e letteratura inglese dal 1924 al 1953. Dal 1954 era stato professore di Storia e letteratura medievale al “Magdalene College” di Cambridge. Già dagli anni degli studi universitari aveva mostrato interessi per discipline particolari quali l’Occultismo e la Filosofia Ermetica che ricompariranno in seguito nella sua produzione letteraria. A quando insegnava ad Oxford, al 1919 e dopo, risalgono le sue prime opere, saranno in versi e di carattere mitologico mentre durante la maturità si convertirà alla fede cristiana e scriverà romanzi ad essa ispirati. Diventerà noto come polemista e apologeta del Cristianesimo. Sono gli anni ’40 e saranno seguiti da un’importante attività saggistica che riuscirà molto utile alla comprensione della poesia medievale sull’amore cortese e della letteratura rinascimentale. Un medievalista di alto livello sarebbe stato Lewis, un noto docente di Storia e letteratura medievale. Un momento centrale della cultura europea sarebbe diventata nei suoi studi quell’epoca, un esempio unico di unità spirituale. Anche ad opere di fantascienza si sarebbe dedicato e tra queste rientrerà, negli anni ’50, una serie di romanzi per bambini e ragazzi nonché altri a sfondo religioso dove ricorrente sarà il tema della lotta tra bene e male. Anche riduzioni cinematografiche e televisive avrebbero avuto alcune sue opere. Conosciuto, famoso sarebbe diventato Lewis, non ci sarebbe stato momento, aspetto della cultura, dell’arte dei suoi e dei tempi passati al quale non si sarebbe interessato in qualità di scrittore, di polemista o di saggista. Sempre avrebbe avuto da dire e sempre bene sarebbe riuscito ché notevoli erano le sue qualità di produzione letteraria, artistica e di osservazione critica.
Ampia, varia risulterà la sua opera, molte traduzioni, molti riconoscimenti le saranno attribuiti. Fondamentale sarà nel contesto culturale non solo inglese poiché un punto di approdo, di verifica, un momento di analisi, di valutazione rappresenterà. Antico e nuovo, passato e presente scorrono senza sosta tra le pagine del Lewis disponendole verso gli esiti più diversi e impedendo che si riducano a pochi temi ricorrenti. Anche di genere autobiografico saranno e tra queste rientreranno le pagine del Diario di un dolore, dove lo scrittore raccoglierà tanti appunti, tante annotazioni fatte in precedenza su piccoli quaderni e le ordinerà per dire della morte prematura dell’amatissima moglie. Saranno così appassionate, così sentite, così vissute da non sembrare separate da lui ma a lui congiunte, unite quasi fossero fatte di parole dette non scritte. Tante altre, del resto, sono le somiglianze col parlato da far assomigliare l’opera ad una rivelazione, una confessione. Continue sono le pause, le riprese, le esclamazioni e tutto quanto è proprio di un discorso. Sono molte le cose che ha in mente, che vuol dire Lewis, era tanto importante quella donna per lui, lo era già prima che stessero insieme, che si sposassero. Una volta conosciuta non aveva più pensato di poter stare senza di lei e così per lei. Un processo di completamento che, però, era stato maggiore per l’uomo giacché più completa, più ricca, più sicura di sé si era rivelata la donna. Il bene, il piacere raggiunti sembravano senza fine. Erano sicuri, erano convinti che si potesse vivere di bene, solo di bene. Invece non era stato così, un’improvvisa, grave malattia e la morte di lei avevano interrotto quella che vivevano come una favola. Fino ad allora niente altro oltre a loro era rientrato in essa ma ora c’era posto per molte cose, per la fede, la religione, la divinità, la preghiera, l’oltretomba, l’eternità e soprattutto per il dolore. Saranno questi gli argomenti intorno ai quali lo scrittore si muoverà per l’intera opera. Non finirà mai di riprenderli, di tornarci, sembreranno impossibili di una definizione, di una sistemazione, di una conclusione. Mai sicuro del loro valore, del loro significato, della loro funzione, si mostrerà Lewis e così rimarrà fino alla fine dopo che tanto ha pensato, riflettuto, osservato. Niente di stabilito, di assicurato sarà raggiunto, sarà comparso né si sarà profilato un modo che lo renda possibile. Pure alla fine si starà tra le ipotesi, le domande, le incomprensioni degli inizi, tra i dubbi, i problemi di allora, pure alla fine ci si troverà in quella vita che è stata di sempre e della quale fa parte anche la morte.