Dal qualunquismo al populismo: un male endemico e ricorrente

Dal qualunquismo al populismo: un male endemico e ricorrente

di Maurizio Tiriticco

Alla fine del 1944 Guglielmo Giannini, giornalista e sceneggiatore, fondò un movimento e un giornale, “L’Uomo Qualunque”. La guerra era ancora in corso e il Nord del nostro Paese era sotto l’occupazione tedesca. Lo status costituzionale era ancora quello della monarchia in quanto, tra gli accordi intercorsi tra il Re, il Governo italiano, espresso dal Comitato di Liberazione Nazionale, il CLN, e gli alleati, si prevedeva che tale questione si sarebbe risolta solo a guerra finita. Del CNL facevano parte sei partiti, quelli che nel ventennio fascista si erano adoperati per liberare il nostro Paese dalla dittatura: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano, il Partito Socialista di Unità Proletaria, il Partito liberale, il Partito d’azione e la Democrazia del lavoro.

Erano anni difficili, ovviamente! La guerra in corso, la lotta partigiana, i rapporti non sempre facili con gli alleati, una miseria ancora diffusa e un mondo del lavoro in serie difficoltà non costituivano davvero i migliori ingredienti perché il gruppo dirigente godesse del più alto credito. Chi aveva pensato che liberarsi del fascismo e dell’alleanza con i tedeschi fosse sufficiente per una soluzione rapida di tutti i problemi un cui versavamo ovviamente aveva la vista corta, ma non tanto da non sollecitare nel diffuso malessere soluzioni palingenetiche! Era molto facile “dare la colpa” di tutto al regime dell’”esarcato”, i sei partiti del CNL, all’apparenza preoccupati più delle loro beghe interne che degli interessi di un intero popolo in difficoltà.

Soffiare su una malessere diffuso e sul disagio derivante da una difficile situazione economica era molto facile! Fare incetta di risentimenti antigovernativi e antipartito, che poi avevano origini antiche – quando mai le nostre popolazioni, da secoli divise e offese, avevano mai potuto vantare di avere gruppi dirigenti affidabili? – era molto facile. E il Movimento dell’Uomo Qualunque ebbe discreti se non lusinghieri successi fino al 1948 quando con le elezioni del 18 aprile – le prime per eleggere il nuovo Parlamento sancito dalla Costituzione repubblicana – la nostra vita parlamentare e politica cominciò a stabilizzarsi. E dell’UQ rimase soltanto il termine di nuovo conio, il qualunquismo! Vennero poi quegli anni Cinquanta e Sessanta che, pur se caratterizzati da aspre lotte politiche e sociali – e non mancarono i morti! – furono quelli del boom e del miracolo economico italiano! Da Paese agricolo a Paese industriale! Le ragioni dei malumori e dei risentimenti erano cadute e L’UQ scomparve, ma il fenomeno di un diffuso qualunquismo sotto traccia di fatto non è stato mai cancellato dal profondo delle coscienze del nostro Paese.

Forse il qualunquismo è una costante dei Paesi di non matura democrazia? Al sociologo la risposta, ma quel che è certo è che nel fondo delle nostre coscienze il qualunquismo è sempre presente e sempre pronto a manifestarsi proprio nei periodi in cui i fattori di criticità minacciano la stabilità socioeconomica e lo stesso tessuto democratico del Paese E ciò che più caratterizza il nostro qualunquismo di fondo è quella sorta della pericolosa simbiosi tra malaffare e rifiuto delle democrazia, tipica dei tanti Cetto La Qualunque di cui il nostro Paese sembra offrire esempi sempre più numerosi. Purtroppo un Cetto si nasconde sempre in tanti politici da strapazzo che vedono nella politica, appunto, la strada più beve per raggiungere successo e danaro… qualunquemente! E di esempi in questi ultimi anni ne abbiamo a iosa!

Nei periodi di crisi la costante del qualunquismo sembra sempre riapparire ed oggi con una particolare pervicacia e veemenza. Ma, se il qualunquismo è una sorta di escrescenza in negativo della democrazia, destinata poi a rientrare quando quel particolare periodo di crisi si supera, il populismo assume invece toni e forme pericolose: come se il qualunquismo di sempre diventasse invece il grimaldello per distruggere il tessuto democratico di cui non si ha più alcuna fiducia. Nella ideologia populista non vi è una democrazia malata, in una data situazione di criticità, ma è la stessa democrazia che è il male! E sono gli stessi governi democraticamente eletti che sono il male! Quando poi ci si mette anche una legge elettorale ignobile! Di qui la pericolosità di un neoqualunquismo, o meglio di un vero e proprio populismo in chiave grillesca! Gli eletti grillini sono… gli eletti! Gli altri eletti sono il Male da estirpare!

Ruoli e competenze che la nostra Carta costituzionale, grazie ai nostri Padri del ‘46/’47, ha così sapientemente costruito – e nulla vieta di pensare che certi principi della seconda parte relativa all’organizzazione dello Stato possa essere rivista, ovviamente con il concorso di tutti – vengono dileggiati: il Parlamento è un’accolta di banditi, il Presidente della Repubblica è un burattino o un burattinaio, e via dicendo. Dove possono condurre atteggiamenti e convinzioni di questo genere? Già un altro Cetto La Qualunque disse che avrebbe potuto fare di “quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli”. Cosa faranno i grillini? Andranno a bivaccare nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama? E il loro Cetto rifiuterà di incontrasi con Bersani o con altri e lancerà parolacce contro Napolitano? E rifiuterà di prendere atto che il voto popolare di cui è portatore lo obbliga, invece, ad assumere responsabilità in merito alle consultazioni che condurranno alla formazione del nuovo governo?

Il drappello dei neopopulisti sarà un cavallo di Troia al’interno dei nostri Palazzi? Che non sono i Palazzi del Potere ma della nostra Democrazia! E se troppi cosiddetti onorevoli hanno disonorato i nostri Palazzi, questi Palazzi sono da onorare nuovamente, non da dileggiare e distruggere! Voglio solo sperare che la coscienza dei grillini eletti abbia il sopravvento su quella del loro vate… anzi dei loro vati, perché sembra che siano due… uno pensa e l‘altro parla!

Ma… qualcuno sa scrivere?