Le vere priorità dell’Atto d’indirizzo di Profumo

Le vere priorità dell’Atto d’indirizzo di Profumo

Il ministro Profumo ha emanato l’Atto di indirizzo per 2013 come uno degli ultimi atti del suo dicastero e come eredità al suo successore. In esso sono contenute le 10 “priorità politiche” a cui si dovrà attenere l’attività amministrativa del Ministero nell’anno in corso.

L’Atto si delinea nell’ambito di quello che è stato il leit-motiv dell’azione de Ministro: l’innovazione tecnologica che, come abbiamo visto, si è tradotta in azioni concrete come l’adozione del plico telematico per le prove degli Esami di Stato, le iscrizioni scolastiche online e la generalizzazione a tutto il personale delle istanze di pensione, trasferimento etc…, che hanno guidato tutto il processo di “dematerializzazione” che l’amministrazione scolastica ha messo in campo con determinazione in quest’ultimo anno.
Tuttavia, nel carattere tanto generale, quanto opinabile delle indicazioni contenute, emergono alcune reali priorità politiche che nel documento non sono, a nostro avviso, evidenziate con il risalto che meritano.

I prestiti d’onore

La priorità 4, relativa alla promozione del diritto allo studio universitario tra le auspicabili, ancorchè generiche, azioni indicate, contempla al punto c) un’azione concreta che, se sostenuta, oltre a dare un orizzonte di speranza per il sostegno dello studio universitario, adeguerebbe il nostro Paese, a quelle virtuose strategie che molti altri paesi della UE e non, come gli USA, hanno da tempo messo in campo. Parliamo del sostegno e della promozione di quella Fondazione per il merito, istituita due anni fa, in cui dovrebbero convogliare sia risorse pubbliche che private, con il compito di elargire i prestiti d’onore, per favorire la libertà di scelta degli studi universitari agli studenti meritevoli e capaci.

La riduzione di un anno degli studi

Nella priorità 5, al punto c) è contemplata la prospettiva di adeguare la durata del percorso di studi italiano agli standard europei, con la riduzione di un anno: “occorre superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell’offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione”.

Questa, a nostro avviso, è una vera priorità da attuare, come abbiamo sempre fatto presente ai vari ministri in carica, anche se il ministro, evidentemente per non compromettere il già complesso clima della campagna elettorale al momento dell’emanazione dell’Atto, non gli ha dato il dovuto risalto. In effetti, l’attenzione di Profumo a questo argomento che, com’è noto, coinvolge la scuola dai tempi di Luigi Berlinguer, è dimostrata dal fatto che ha insediato nel settembre 2012 una commissione tecnica per studiare proposte fattibili per l’anticipo del diploma a 18 anni, in coerenza con la stragrande maggioranza dei Paesi europei.

Da anticipazioni sul documento della commissione, che avrebbe ultimato il suo lavoro, non divulgato data la chiusura anticipata della legislatura, si parte dall’enunciato di “Fissare a 18 anni l’età del completamento del ciclo di istruzione scolastica lasciando invariate le risorse umane e materiali attuali e mantenendo l’impegno generale al miglioramento degli esiti di apprendimento”.
Per risolvere la questione dell’uscita a 18 anni, tre sono le diverse modalità prese in considerazione in questo decennio di dibattito, riprese anche dalla commissione tecnica:

1. anticipare a cinque anni di età l’entrata nella scuola;
2. diluire la scuola media, aggregandone una parte alla scuola di base e un altro alla secondaria superiore;
3. ridurre a quattro anni la scuola secondaria di secondo grado.

Il ministro Berlinguer, dopo che la prima soluzione scatenò l’indignazione di sinistra e sindacati, optò per la seconda soluzione: 7 anni di scuola di base e 5 anni di scuola superiore, con l’inevitabile effetto collaterale, però, della famosa “onda anomala”.

Anche in questa fase i tecnici della commissione hanno addotto più o meno scientifiche controindicazioni “pedagogiche” per l’anticipo a 5 anni che, tuttavia, sarebbe “una soluzione poco invasiva” e più agibile, anche se lascerebbe invariato l’obiettivo della liberazione delle risorse economiche. Alla fine, la soluzione indicata dalla commissione si concentrerebbe sulla quadriennalizzazione delle superiori, una sorta di 2+2.

Comunque è stato calcolato che la riduzione del percorso scolastico da 13 a 12 anni comporterebbe, in linea di massima, un risparmio 1.380 milioni di euro.

Ad ogni modo, noi siamo favorevoli alla soluzione dell’anticipo non obbligatorio (come era previsto nella Legge 53/2003) a 5 anni, purchè la scuola lo accompagni con tutte quelle forme di flessibilità e personalizzazione dei percorsi che, dovrebbe finalmente risolversi a mettere in campo.

I nuovi profili del MIUR

Nell’ambito della priorità 10, che prevede la riorganizzazione del Ministero, al punto d) si ipotizza “la selezione di nuovi profili professionali sia a livello dirigenziale che di altre aree professionali, come statistici, informatici ed ingegneri gestionali che possano affiancare con specifiche competenze tecnico-scientifiche la tradizionale cultura giuridica e amministrativo- contabile del personale delle amministrazioni dello Stato…”.

Ebbene, noi siamo convinti che accanto ai nuovi profili auspicati, occorra prevedere la presenza di profili provenienti dalla professione e dal campo “d’interesse” del Ministero dell’istruzione e cioè di docenti e dirigenti scolastici che, possano scongiurare, con il valore aggiunto del loro apporto professionale, che il Ministero sia esclusivamente costituito da amministrativi e laureati in legge. Questo crea un danno evidente per quelle problematiche di cui il MIUR deve comunque avere una funzione di indirizzo ma con una dovuta cognizione di causa.

Data la riduzione massiccia (da 500 alle attuali 150) di unità di personale “non amministrativo” collocato nei Nuclei per l’Autonomia scolastica, il ruolo di “ponte” svolto da docenti e dirigenti scolastici tra Ministero e Scuole, verrebbe meno con innegabili conseguenze sulle attività connesse all’autonomia scolastica.

Il ministro Profumo indica poi, tra le altre priorità, quella di “completare l’attuazione del sistema nazionale di valutazione”, argomento sulla cui urgenza, valenza e necessità abbiamo più volte auspicato e ribadito.

 

Paola Tonna

Presidente APEF