Ascolta, clicca e guarda ecco la nuova formula per insegnare ai ragazzi

da la Repubblica

Ascolta, clicca e guarda ecco la nuova formula per insegnare ai ragazzi

Dai testi di carta ai software: leggere non basta più

Maria Novella De Luca

ROMA — La sfida è catturare la loro attenzione, le loro menti che hanno spie sempre accese e tablet, pc e cellulari sincronizzati giorno e notte. Studenti 2.0 che imparano facendo mille cose insieme, in una rivoluzione multitasking dove il libro di testo non basta più, perché il sapere arriva da mille fonti e la generazione web le mescola tutte. Così la scuola prova a diventare interattiva: la parola più il video, più l’audio, cercando un ponte con quella tribù digitale che sta riscrivendo, sembra, i meccanismi dell’apprendere e del conoscere. Nasce il libro che entra nella Rete, e la Rete che rimanda al libro, e addirittura You-Tube può servire ad approfondire temi considerati “intoccabili”, la Divina Commedia o la poesia del Trecento, ambiti fino a ieri impermeabili a ogni contaminazione. Del resto l’80 per cento dei ragazzi lo confessa apertamente: studiamo connessi a Internet, la musica di sottofondo e il cellulare che vibra, la concentrazione si frammenta sì, ma si moltiplica anche. In tutto il mondo si stanno diffondendo “piattaforme” di studio multimediali, una sorta di laboratori dove si passa dal libro di testo al web e viceversa, attraverso una password data in dotazione a ogni studente. E cercando di catturare l’irrequieta attenzione dei nativi digitali i materiali diventano interattivi, grafici, video, audio. In Italia queste piattaforme sono da tempo diffuse da Pearson, casa editrice specializzata in materiali didattici che, dopo aver lanciato laboratori per imparare la matematica e l’inglese (MyLabMath e EnglishMy-Lab), adesso, con una versione tutta made in Italy, ha costruito MyLabLetteratura e MyLabStoria, entrando nel cuore del sapere umanistico. L’idea è quella di creare un percorso guidato e facilitato, basato sul concetto, ancora poco noto in Italia, del learning by doing,imparare facendo, che secondo la piramide dell’apprendimento dello psicologo americano Edgar Dale farebbe raggiungere i migliori livelli nello studio. «L’universo della scuola», spiega Matteo Lancini, che insegna Psicologia all’università Bicocca di Milano, «è oggi alla ricerca continua di strumenti che possano andare incontro ai nativi digitali, ormai impermeabili alle modalità di insegnamento tradizionali. Parliamo di bambini e ragazzi iperstimolati, che mal sopportano la solitudine del libro. Poter invece interagire con il testo, partecipando alla costruzione del sapere, può certamente favorire la loro attenzione». Imparare facendo. Nella piramide di Dale si riesce a conservare il 90 per cento delle informazioni ricevute, contro il 10 acquisito leggendo soltanto. Navigando nel V canto dell’Inferno nella piattaforma di My-LabLetteratura, collegata a un manuale scolastico cartaceo, ecco la voce di Gassman che recita la passione di Paolo e Francesca,mentre una “linea del tempo” sottolinea le date fondamentali della vita del poeta. E, sullo sfondo, scorrono i quadri ispirati al canto più celebre della Divina Commedia. Sapere multitasking. Andrea Moro, professore di Linguistica allo Iuss di Pavia, è scettico. «Non credo alle piramidi dell’apprendimento,anche se sono cosciente che l’attenzione dei ragazzi è sempre più breve. Dopo mezz’ora di lezione capisci che sono altrove, ma l’unico modo che conosco per catturarli è appassionarli. Non occorrono percorsi semplificati: penso, invece, che ogni ragazzo possa creare un metodo di studio autonomo faticando tra un libro, un dizionario, anche on line, perché no, ma facendo da sé uno schema di ciò che ha appreso ». In realtà le piattaforme sono contenitori aperti, in cui “coabitano” insegnanti e studenti, libri e web. E la multimedialità secondo le statistiche migliorerebbe del 25 per cento il profitto. Ma siamo soltanto all’inizio, aggiunge Paolo Inghilleri, ordinario di Psicologia sociale all’università di Milano. «I ragazzi vivono il loro mondo digitale come qualcosa di separato dalla scuola, e gli insegnanti faticano ad aprirsi alle tecnologie. È indubbio comunque che questi materiali “adattati” riescano a catturare l’attenzione degli studenti. E dall’unione di più linguaggi nasce sempre qualcosa di buono. Ma bisogna stimolare anche passione e spirito critico».