La scomparsa di mons Giovanni Nervo

CI HA LASCIATO MONS GIOVANNI NERVO

Ieri sera 21 Marzo , all’età di 94 anni, è scomparso mons Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas italiana e fondatore della Fondazione Emanuela Zancàn, animatore del volontariato che voleva ispirato ai valori della Costituzione   italiana ed   all’assenza di lucro per le sue attività.

L’ho conosciuto nei primi Anni Settanta quando promosse con Luciano Tavazza ed altri il convegno sui mali di Roma e con lui contribuì alla fondazione del MoVI , movimento di volontariato italiano; fu quindi primo presidente della Caritas italiana  alla quale impresse uno spirito di servizio ai poveri e di evangelizzazionebasata sui valori dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà.

Nel 1964 aveva fondato la fondazione Emanuela Zancàn che  ha visto incontrarsi uomini e donmne di tutta italia  e di differenti orientamenti culturali per discutere i più importanti ed urgenti problemi sociali del nostro Paese, dalla riforma sanitaria a quella dei servizi sociali  e degli Enti locali a quella della scuola.

Ha organizzato nel Centro Studi di Padova e di Malosco, in Trentino, numerosissimi seminari di ricerca e di formazione, molti dei quali dedicati all’inclusione sociale e scolastica delle persone con disabilità.  Ho avuto occasione in quegli incontri ed in quelli ecclesiali di apprezzare il suo pieno recepimento dei valori fondamentali del Concilio ecumenico Vaticano II col rispetto e la promozione dei laici  , l’attenzione privilegiata ai poveri ed agli ultimi, la vita liturgica  intesa come  preghiera al Padre attrabverso il servizio dei fratelli.

Amava il Vangelo e la Costituzione italiana. Ci raccontava che per lui essi erano stati come dice un Salmo “ luce ai suoi passi”.Ci raccontava infatti che da ragazzo si recava  a scuola dal paese  attraversando di mattina presto al buio terreni impervii e portava una lampada che era per lui la metafora di quello che sarebbe stato per il suo impegno ecclesiale e sociale il Vangelo e la Costituzione per i loro valori di uguaglianza fraterna, di giustizia nei diritti e di solidarietà nei reciproci doveri.

Testimonianza di questo impegno culturale e religioso è  la copiosa produzione di  monografie e di riviste della Fondazione e la sua tesi  letta in occasione della laurea ad honorem conferitagli dall’Università di Padova proprio sulla cultura povera e dei poveri.

L’Italia gli deve molto dalla configurazione dell’autonomia degli enti  locali come i Comuni, a quella delle Unità sanitarie locali a quella dell’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole comuni.

Ricordo, per averlo vissuto personalmente, che tutti gli articoli della Legge-quadro n. 104/92

Dove oggi troviamo il riferimento agli “ accordi di programma “ , c’era solo il riferimento alle convenzioni o alle intese, che sono atti giuridicamente meno vincolanti degli “accordi di programma”. Egli resosi conto della differenza dei due strumenti giuridici ai fini della tutela della dignità delle persone con disabilità e dell’esigibilità dei loro diritti, mi fece parlare con il relatore della legge , on. Armellìn, il quale sostituì  i termini meno garantisti con gli accordi di programma.

E sono certo che tanti altri operatori della vita sociale e politica potranno ricordare quanti aspetti di laica apertura egli sia riuscito a far penetrare in tante altre leggi, dalla riforma dell’assistenza   e   dei diritti dei carcerati, alla chiusura degli istituti di ricovero per minori, anziani, disabili  e  malati di mente.

Se ci rattrista il vuoto lasciato dalla sua scomparsa, ci sostiene il suo esempio di lottatore ed operatore    a servizio dei diritti dei più deboli, che ci è necessario in questi tempi di liberismo imperante e di conseguente sofferenze per i più deboli.

 

Salvatore Nocera