“Non m’importa”
di Adriana Rumbolo
Ho letto pochi giorni fa una favola scritta, da Margot Sunderland, per aiutare i bambini a esprimere le emozioni.
Il protagonista è un bambino che si chiama “non m’importa”.
E’ una storia che molti bambini vivono per cui ,il bambino che la legge o se la sente raccontare, confrontandosi con emozioni bloccate, frustrazioni, disagi presenti nella vita di un coetaneo che si risolvono raccontandole, parlandone, piano, piano, potrebbe, anche lui, ammorbidire difese troppo rigide fino ad aprirsi e raccontare le proprie frustrazioni, le proprie incomprensioni, le rabbie, le paure e ricavandone sollievo si abituerebbe a cercare il potente aiuto di un buon dialogo.
Non solo i bambini usano difendersi cercando di negare anche a se stessi le emozioni negative con” non m’importa” ma, anche gli adolescenti nascondono disagi sociali, vergogne, rabbia per un’ingiustizia subita, violenze subite, gridando con atteggiamento di sfida “: non m’importa”.
Molti genitori, educatori cascano nella trappola e con superficialità, giudicano l’espressione, solo una provocazione o una sfida in un soggetto forte e ribelle. spesso da punire.
Attenzione, “Non m’importa” spesso specie nell’infanzia e nell’adolescenza è invece una bandiera bianca di resa, di dichiarazione che tutte le risorse ,le potenzialità stanno entrando o sono già entrate in pausa con gravi danni nell’apprendimento , nel comportamento a danno proprio e altrui e con sofferenze psicosomatiche
Come ho già scritto negare le emozioni è inutile, resteranno nell’inconscio a fare danni.
I sentimenti e le emozioni non vanno tenuti in silenzio o rimossi, perché allora si che la loro azione potrebbe diventare molto pericolosa..
Le emozioni hanno bisogno di racconto.
Lo sperimentiamo ogni giorno.