E. Keret, All’improvviso bussano alla porta

print

Un riso di riflessione

di Antonio Stanca

fotoDa Feltrinelli, nella serie “I Narratori” e con la traduzione di Alessandra Shomroni, è stata pubblicata la raccolta di racconti All’improvviso bussano alla porta dello scrittore israeliano Etgar Keret (pp. 187, € 15,00). E’ l’ottava raccolta del Keret che compare in Italia, è la più recente dello scrittore e come le altre rientra nella corrente della letteratura surreale, della narrativa dell’assurdo definitasi in Israele verso la fine degli anni Novanta e durata fino ai giorni nostri.

Keret è nato a Tel Aviv nel 1967, ha cominciato a scrivere durante i tre anni del servizio militare che in Israele sono obbligatori, la sua tendenza è per il racconto breve, è anche l’autore di un libro a fumetti e molto si è impegnato per la televisione e il cinema, a volte i lavori di scrittura e sceneggiatura sono stati svolti in collaborazione con altri autori. Molto tradotte sono le sue opere di narrativa e molti riconoscimenti hanno ottenuto in patria e all’estero insieme a quelle di cinematografia. Ora, a quarantasei anni, vive con la famiglia, la moglie attrice e il figlio, a Tel Aviv e qui insegna nella Facoltà di Cinema e Televisione dell’Università.

Come scrittore Keret fa parte della nuova generazione di scrittori ebrei, alcuni critici lo ritengono il creatore della suddetta nuova corrente letteraria, quella dell’assurdo, che con lui accoglie pure l’ironia poiché convinto è Keret che essa sia il mezzo migliore per combattere i gravi problemi che attraversano la realtà soprattutto nei tempi moderni. Durante la sua vita ai disagi, alle incertezze, alle paure che aveva provato da giovane aveva reagito con l’umorismo, non si era lasciato superare né si era rifugiato nella condizione dello sconfitto. Aveva mirato a sollevarsi dalle cadute, aveva aspirato a risolvere i problemi per quanto difficili si presentassero. E ironia fa pure dei problemi dei tanti, infiniti personaggi dei suoi racconti compresi quelli di quest’ultima raccolta. Anche qui i protagonisti sono persone di ogni età, ragazzi, giovani, adulti, anziani, uomini, donne, di ogni condizione sociale, di ogni luogo e sono alle prese con le difficili situazioni che oggi si presentano all’interno o all’esterno della casa, della famiglia, con problemi di residenza, di lavoro, di formazione, di comunicazione, di scambio, con contraddizioni, assurdità, paradossi, imprevisti, strane combinazioni. E’ l’uomo di ogni parte del mondo, è l’umanità, quella rappresentata dal Keret di questo libro, di fronte a casi diventati tanto difficili da sembrare di non potersi risolvere. Non rinuncia, però, egli ad intravedere una luce tra tante tenebre, a sperare in una conversione, in una modifica. Mai manca, nelle sue narrazioni, anche se spesso ridotta alla sola parte finale o ai pochi righi della conclusione, la speranza di un riscatto, di una salvezza dal pericolo incombente. Come ha fatto per la sua vita così  fa Keret per i suoi personaggi, non si rassegna a vederli finiti, sconfitti, vuole liberarli dalla condizione nella quale sono precipitati. Per questo essa viene sdrammatizzata, colta negli aspetti curiosi, comici che può assumere nonostante la sua gravità. E’ capace Keret di divertire, di far ridere anche di un problema, di un dramma perché non si arrende completamente ad essi.

La sua scrittura è un documento di vita, di storia, i racconti di All’improvviso bussano alla porta dicono di persone non solo d’Israele ma che ovunque hanno problemi, soffrono e per tutte lo scrittore interviene a rappresentarle, a ridurre l’intensità, la gravità delle loro situazioni, a credere in un risvolto, a far apparire comiche le loro storie.

Una finalità umanitaria è quella del Keret, uno spirito di partecipazione, di collaborazione è il suo, un intento esortativo lo muove: vuole far sapere cosa succede, quanto è difficile vivere oggi e vuole pure essere vicino a chi soffre affinché non si arrenda alle difficoltà. E perché la sua esortazione riesca a convincere, perché giunga in modo immediato oltre a quello della comicità usa il mezzo del racconto breve. Con esso quell’esortazione diventa naturale, spontanea, simile alla sollecitazione che proviene da un amico in un momento particolare. Brevi sono i suoi racconti, rapida, veloce è la sua lingua come le immagini dei suoi fumetti, della sua televisione, del suo cinema. Lo considera il miglior modo per arrivare subito agli altri. Difficile sarebbe, secondo Keret, ottenere simili risultati tramite un lungo romanzo. Vi andrebbe ridotta l’immediatezza, la spontaneità del messaggio da trasmettere, perderebbe di forza il sentimento che lo vuole, l’anima che lo nutre. Vero, autentico vuole essere lo scrittore Keret. Non vuole scomparire dietro le sue pagine ma mostrarsi ad ogni passo,  farsi notare, sentire.

La sua scrittura è stata apprezzata, premiata perché diverte mentre coglie quanto si agita nella vita, individuale e collettiva, dell’uomo moderno, fa ridere ma pure riflettere, veramente nuovo rende il suo autore.