Il TAR Lazio riconosce il diritto alla cittadinanza italiana delle persone con disabilità intellettiva

Il TAR Lazio riconosce il diritto alla cittadinanza italiana delle persone con disabilità intellettiva (TAR Lazio 5568/13)

di Salvatore Nocera

Dopo il caso di una persona con sindrome di Down nata Italia da madre straniera cui era stato negato il diritto alla cittadinanza, poi risolto politicamente grazie all’intervento dell’AIPD, nello stesso giugno 2013 è stata depositata l’importante sentenza del TAR Lazio n° 5568/13 con la quale viene annullato per difetto di istruttoria il Decreto del Ministero dell’Interno che negava il diritto alla cittadinanza Italiana di una persona con disabilità intellettiva nata in Italia da genitori stranieri.

 

Il caso è assai interessante perché complesso. Infatti la persona interessata aveva l’amministratore di sostegno, il quale ha personalmente presentato la richiesta di cittadinanza.

Il TAR ha rigettato le obiezioni del Ministero circa la necessità che le istanze debbano essere personalmente sottoscritte dai richiedenti. Il TAR, basandosi sulla L. n° 6/06 sull’amministrazione di sostegno, ha ritenuto che l’amministratore di sostegno avesse il potere di sottoscrivere per l’interessato, il quale comunque non aveva perduto la capacità di agire a differenza dell’ipotesi in cui fosse stato interdetto.

 

Superato il primo scoglio il TAR ha affrontato nel merito il divieto posto dal Ministero dell’Interno alla concessione di cittadinanza Italiana, secondo il quale l’impossibilità di esprimersi verbalmente costituisce impedimento alla concessione della stessa poichè la normativa prevede che l’interessato debba dimostrare di conoscere la lingua Italiana e debba esprimere personalmente a voce il giuramento di fedeltà alla Repubblica.

 

Sul primo aspetto così si esprime il TAR:

“Ritiene il collegio che la carenza del linguaggio verbale non può essere motivo per ritenere una persona incapace di manifestare la propria volontà né per sostenere che essa non possa in altro modo dimostrare di quanto meno comprendere la lingua italiana.

Infatti, la capacità della XXXXXXXX di comprendere la lingua italiana, pur senza sapersi esprimere, può – con le opportune cautele e gli adeguati strumenti – essere valutata, con l’ausilio di personale specializzato, ad esempio rivolgendole semplici ordini e verificando se essi vengono eseguiti, o comunque osservando le sue reazioni alle frasi che si pronunciano in lingua italiana.”

 

E così il TAR si esprime sul secondo aspetto:

“Più arduo è invece certamente il procedimento di accertamento della volontà della disabile di diventare cittadina italiana alla luce delle sue limitazioni espressive e cognitive. Anche in questo caso, tuttavia, prima di giungere alla conclusione della impossibilità per la disabile di manifestare una tale volontà, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare in concreto, all’esito di un accertamento approfondito e condotto con l’ausilio di personale specializzato, se una tale impossibilità effettivamente sussista, pur non essendo stata la disabile privata giuridicamente della capacità di agire. Nell’ambito di tali accertamenti potranno, eventualmente, essere presi in esame anche elementi indiziari, quali la permanenza in Italia, la comprensione della lingua e della cultura italiana, lo stile di vita, ecc.

Non risulta, invece, che tale istruttoria sia stata effettuata in quanto l’amministrazione – come si è detto – si è limitata al dato della impossibilità della disabile di sottoscrivere l’istanza e di esprimersi nella lingua italiana.”

 

 

OSSERVAZIONI

 

La Sentenza si fonda sul rispetto della Dichiarazione ONU dei diritti delle persone con ritardo mentale del 1971, la Dichiarazione ONU dei diritti delle persone con disabilità del 1975, gli art. 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea di Nizza resa vincolante dal Trattato di Lisbona del 2009, la L. n° 67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità, nonché  l’art. 18 della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata dall’Italia con la L. n° 18/09 secondo il quale:

“1. Gli Stati Parti riconoscono alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, il diritto alla libertà di movimento, alla libertà di scelta della propria residenza e il diritto alla cittadinanza, anche assicurando che le persone con disabilità:

(a) abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità”.

 

La Sentenza costituisce un’importante precedente, non solo per le successive pronunce della magistratura, ma anche per orientare la prassi del Ministero dell’Interno e delle Questure.

Si dà atto allo Studio Amoroso-Cardona  per l’importante risultato innovativo ottenuto.