19 dicembre Edilizia scolastica in 7a Camera

Si svolgono, nella 7a Commissione della Camera, le audizioni di:

  • 19 dicembre: dottor Raffaele Guariniello, sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Torino, in qualità di esperto del settore
  • 3 dicembre: Sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università e la ricerca, Gian Luca Galletti, e Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Erasmo D’Angelis
  • 20 novembre: Esperti del settore
  • 13 novembre: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM), Unione delle Province Italiane (UPI) e Conferenza delle regioni e delle province autonome
  • 18 settembre: Cittadinanzattiva Onlus; Legambiente; Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE)
  • 17 luglio: rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel quadro dell’indagine conoscitiva sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia
  • 9 luglio: rappresentanti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel quadro dell’indagine conoscitiva sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia

Il 4 luglio la 7a Commissione della Camera delibera sullo svolgimento di un’indagine conoscitiva sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia

Indagine conoscitiva sulla situazione dell’edilizia scolastica in Italia.

PROGRAMMA

  La situazione dell’edilizia scolastica nel nostro Paese è grave. Oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti. A titolo di esempio, basti ricordare la situazione delle Province che ad oggi gestiscono 5179 edifici scolastici che accolgono circa 2.600.000 alunni. Per il 2013 le amministrazioni provinciali avevano definito impegni di spesa per investimenti pari a 727.894.744 euro, ma a causa dei tagli imposti e degli obiettivi previsti dal Patto di stabilità interno sono state costrette a ridurre i medesimi impegni per una cifra pari a 513.272.984 euro, residuando solo un terzo delle spese programmate. Ne è derivata così l’impossibilità di fare le opere di manutenzione previste, compromettendo l’apertura di ben 400 istituti superiori nel nuovo anno scolastico.
Tali disposizioni, attuate nel quadro di un sistema nazionale di edifici scolastici vetusti – spesso non a norma in termini di sicurezza – ha determinato il sovraffollamento degli alunni in classi non idonee ad ospitarli.
Peraltro, la situazione ha rilievi di vera emergenza alla luce della politica scolastica assunta negli ultimi anni con l’aumento del rapporto alunni/docenti. Se il profilo della sicurezza desta inquietudine e impone interventi urgenti, va anche considerato che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull’efficacia dell’attività didattica e sui livelli di apprendimento. Ricordiamo a tal proposito il vero obiettivo al quale si dovrebbe puntare, ossia quello di una: «scuola del futuro aperta al territorio e fatta di luoghi polifunzionali e di arredi flessibili; l’aula con i confini smaterializzati, che si amplia verso gli spazi connettivi, formata da pareti trasparenti, per condividere le attività che si svolgono al suo interno; che si adatta al lavoro di gruppo ma che non è il principale spazio per la didattica. In micro-ambienti, tutti di pari dignità, si devono svolgere le attività più diversificate, anche solo deputate al relax, allo studio individuale o alle grandi riunioni.», così come recitano le linee guida interministeriali di aprile 2013, a cui si farà riferimento specifico nel programma dell’indagine che la VII Commissione cultura, scienza e istruzione ha deliberato di svolgere.
È nella consapevolezza della fragilità strutturale e dispositiva degli edifici scolastici e del disagio vissuto quotidianamente da chi studia e lavora in questi edifici, che nel corso della passata legislatura è stata costantemente esercitata la funzione di sindacato ispettivo per avere esatta contezza – in ordine alle risorse investite e agli esiti raggiunti – delle politiche in materia di edilizia scolastica. Purtroppo, alle circostanziate interrogazioni sono giunte risposte lacunose e reticenti. Occorre, pertanto, un’accurata indagine conoscitiva, in grado di mettere a nudo le difficoltà di programmazione dei finanziamenti da stanziare, la capacità di spesa dei soggetti coinvolti, il monitoraggio sui risultati ottenuti.
Per favorire l’individuazione delle linee guida e degli obiettivi di lavoro di tale indagine si ritiene opportuno delineare, innanzitutto, una ricostruzione delle politiche sinora adottate. A partire dal 1974 e per circa un ventennio, il Parlamento e i Governi italiani si sono disinteressati dell’edilizia scolastica, sia sul piano normativo sia su quello finanziario. Solo nel 1996 fu approvata la legge 11 gennaio 1996, n. 23 (cosiddetta legge Masini), che consentì di predisporre e attuare piani triennali e annuali di intervento in edilizia scolastica, grazie alla previsione di ammortamenti statali dei mutui che Comuni e Province potevano accendere per la realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria e di nuove edificazioni. Alle regioni competeva l’attività programmatoria dei suddetti piani (in base all’articolo 4 della predetta legge). Il sistema di pianificazione previsto dalla citata legge n. 23 ha ben funzionato per i primi due piani triennali (1996-98 e 1999-2001) e ha consentito di finanziare oltre 12.000 interventi in sei piani annuali, per un investimento totale di circa 3000 miliardi di vecchie lire, grazie a mutui a totale carico dello Stato.
Tra gli anni 2001-2006, tale sistema è stato progressivamente accantonato. Infatti, dopo il 2005, i mutui sono stati in linea generale sostituiti da finanziamenti erogati direttamente dal CIPE e dai ministeri dell’istruzione o delle infrastrutture, distribuiti con una ripartizione regionale. Più recentemente (2010) si è scavalcato il ruolo programmatorio assegnato dalla legge n. 23 alle regioni, e attribuito direttamente dei finanziamenti agli enti locali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite la sottoscrizione di apposite convenzioni. Precedentemente, la legge finanziaria 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289), all’articolo 80, comma 21, aveva disposto un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico, nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (la cosiddetta legge obiettivo). La norma, invero, ignorava le competenze programmatorie che la legge n. 23 del 1996 aveva attribuito a regioni, comuni e province e non indicava alcuna entità dello stanziamento. A tale «svista», ha posto rimedio la successiva legge finanziaria 2004 (articolo 3, comma 91 della legge 24 dicembre 2003, n. 350) con la quale al piano straordinario è stato destinato un importo non inferiore al 10 per cento delle risorse disponibili per investimenti infrastrutturali (previsti dall’articolo 13, comma 1, della legge 1o agosto 2002, n. 166) al 1o gennaio 2004. Si trattava di una somma pari a circa 500 milioni di euro. L’intervento prende avvio con un «primo programma stralcio» per circa 193,8 milioni di euro, destinati a 738 interventi, scelti dal Ministero esautorando le competenze regionali. Il piano è approvato dal CIPE con la deliberazione 20 dicembre 2004, n. 102 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 dell’11 agosto 2005. Si rileva che solo alla fine del 2006, sono stati realmente impegnati i finanziamenti relativi al suddetto «primo programma stralcio».
Il «secondo programma stralcio», di 295 milioni di euro per circa 900 interventi (sempre derivante dalla disposizione della legge finanziaria del 2004), è adottato con le stesse modalità del precedente (deliberazione CIPE 17 novembre 2006, n. 143) e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 2007, n. 83 (Supplemento Ordinario n. 100). Il CIPE, con la delibera n. 15 del 13 maggio 2010 (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 192 del 18 agosto 2010), ha verificato lo stato di avanzamento del primo e del secondo programma stralcio (avviati dalla legge finanziaria 2004) e ha avanzato la richiesta di verifica dello stato di predisposizione di un «terzo» programma, di cui il medesimo CIPE aveva previsto la copertura finanziaria nel 2008. L’esito di questa verifica, effettuato sulla base della nota 5 ottobre 2009, prot. n. 0012242, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rende noto che per il «primo programma stralcio» risulterebbero non avviati interventi per un importo pari a 31 milioni di euro (il 16 per cento dell’importo del programma), così come per il «secondo programma stralcio» si sono riscontrate situazioni di ritardo del tutto analoghe, con interventi non avviati per un ammontare di ben 147 milioni di euro (50 per cento del totale del programma). Inoltre, il CIPE rileva che per il Ministero delle infrastrutture «l’attuazione dei programmi è stata ostacolata dalle difficoltà di coordinamento tra i molti enti interessati – anche relativamente alla procedura di sottoscrizione dei contratti di mutuo – e negativamente influenzata dalla strutturale carenza di una progettazione «di base», che il più delle volte «insegue» le disponibilità finanziarie piuttosto che orientarne la programmazione.»
Tra il 2006 e il 2008 si torna al rispetto dell’azione programmatoria da parte di regioni, province e comuni, stabilita dalla legge n. 23 del 1996, che – come si è visto – ha avuto un’attuazione «a singhiozzo». «Saltato» il piano per l’anno 2002, finanziati in misura inferiore al passato i piani 2003 e 2004 (per un importo complessivo di circa 460 milioni di euro), «saltati» anche i piani 2005 e 2006, gli enti locali si sono trovati nell’impossibilità di rispettare la scadenza del 30 giugno 2006, stabilita dalla legge sulla sicurezza edilizia, per la conclusione delle attività di messa a norma degli edifici. Per questo motivo, la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha previsto il rifinanziamento della legge n. 23 del 1996 per gli anni 2007, 2008 e 2009, rispettivamente con 50, 100 e 100 milioni di euro, destinando il 50 per cento delle somme alla messa in sicurezza e alla messa a norma delle scuole e prevedendo la compartecipazione in parti eguali di regioni ed enti locali. Con successiva intesa stipulata in Conferenza Stato – Regioni, si è poi convenuto che anche il restante 50 per cento avrebbe dovuto essere destinato alle medesime finalità. Con la medesima intesa, sono stati programmati quindi nel triennio 2007-2009 investimenti per circa 940 milioni di euro.
La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 626, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha inoltre previsto che il Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell’INAIL definisse, per il triennio 2007-2009, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento per l’abbattimento delle barriere architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro in istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore. Ciò ha prodotto la stipula di un protocollo d’intesa fra Ministero della pubblica istruzione e INAIL, che ha erogato ulteriori 100 milioni di euro per il triennio 2007-2009, di cui 30 milioni sono stati impegnati per il 2007. Purtroppo, con il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, il cosiddetto taglia ICI, si sono ridotte – tra le altre – le disponibilità finanziarie per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a fini di copertura di tale decreto.
Nel 2008 viene approvato – in sede di conversione – l’articolo 7-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, che prevede varie misure, così sintetizzabili:
rifinanzia il piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici disposto dalla citata disposizione della legge finanziaria 2003, (articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), a cui è destinato un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche (si ricorda che precedentemente la percentuale di risorse destinate era il 10 per cento). In attuazione di tale disposizione, il CIPE (deliberazione n. 3 del 6 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2009) delibera di stanziare un miliardo di euro, per la messa in sicurezza delle scuole, come prima quota di tale finanziamento che impone una procedura di spesa lunga, tortuosa e discrezionale e che si sta dimostrando insostenibile rispetto all’urgenza degli interventi;
dispone un recupero di somme destinate nel passato a favore delle Regioni per l’edilizia scolastica e per vari motivi non spese. La somma ipotizzata da recuperare era superiore ai 100 milioni di euro;
prescrive 100 manutenzioni di altrettanti edifici scolastici da effettuare con una procedura straordinaria. La indeterminatezza circa la natura del «soggetto attuatore» e la individuazione dei 100 istituti da ristrutturare ha evidentemente complicato i problemi connessi alla progettazione e al coinvolgimento operativo degli enti locali titolari della materia e responsabili della sicurezza.
Rispetto al miliardo di euro assegnato dal CIPE con la delibera n. 3 del 6 marzo 2009, da destinare alla messa in sicurezza delle scuole, fino ad oggi risultano impegnati: 226,4 milioni assegnati all’Abruzzo per la ricostruzione a seguito dell’evento sismico dell’aprile 2009; 358,4 milioni assegnati dal CIPE nel maggio 2010 (delibera n.32 del 30 maggio 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 14 settembre 2010) per finanziare un totale di 1552 interventi; tali fondi dopo un complesso trasferimento dal Ministero dell’economia a quello delle Infrastrutture sono in corso di assegnazione con modalità e tempi non definiti. Manca, allo stato degli atti, ogni notizia sui restanti 426 milioni di euro.
Il primo piano stralcio di 358,4 milioni di euro del miliardo di euro deliberato dal CIPE nel maggio 2010, contiene l’indicazione dei 1552 istituti scolastici su cui intervenire, che sono stati individuati, con una procedura che ha sottratto alle competenze regionali la selezione degli interventi e con la predisposizione di convenzioni che possono portare fino all’esproprio delle competenze di progettazione, di esecuzione e di controllo dei lavori da parte degli enti locali proprietari degli edifici scolastici selezionati. In merito ai criteri di ripartizione delle risorse regione per regione, si rileva facilmente che è stato perpetuato il meccanismo di riparto in vigore da molti anni, basato sul numero di studenti e su quello degli edifici esistenti. In sostanza, si è agito in modo estraneo alle emergenze edilizie che si sarebbero dovute affrontare. Risulta così che, in testa, figura la Lombardia con 49,7 milioni e che chiude in coda il Molise con 2,17 milioni. Sino ad oggi, poi, non è noto l’esito conclusivo dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica (prevista dall’articolo 7 della legge n. 23 del 1996) e l’intesa raggiunta nella Conferenza Unificata del 28 gennaio 2009 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2009), che prevedeva la costituzione – presso ciascuna Regione e Provincia Autonoma – di gruppi di lavoro (composti da rappresentanze degli Uffici scolastici regionali, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNCEM) con il compito di costituire apposite squadre tecniche incaricate di effettuare i sopralluoghi negli edifici scolastici del rispettivo territorio e di compilarne delle schede, da far confluire nell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica. In relazione ai suddetti esiti, appare opportuno verificare l’opportunità di coinvolgere nell’ambito dell’indagine conoscitiva associazioni di cittadini che abbiano già dimostrato di poter dare un importante contributo all’elaborazione di questi temi.
L’articolo 53 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, ha previsto l’approvazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, di un «Piano nazionale di edilizia scolastica» e, nelle more dell’approvazione di tale Piano, di un «Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici», nonché l’adozione di misure per il miglioramento dell’efficienza degli usi finali di energia negli edifici adibiti a istituzioni scolastiche, università ed enti di ricerca entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto sulla base di linee guida (di recente approvazione). Inoltre, la legge demanda a un decreto interministeriale la definizione delle norme tecniche-quadro con gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica, allo scopo di adeguare la normativa tecnica vigente agli standard europei e alle più moderne concezioni di impiego degli edifici scolastici.
L’indagine conoscitiva ha l’obiettivo quindi di sciogliere innanzitutto il nodo dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica. Dopo diciassette anni dalla legge n. 23 del 1996, l’Anagrafe stenta non solo a partire ma anche ad essere completata. Ciò è confermato anche dai primi dati forniti, resi pubblici a partire dal 2012 dal Ministero dell’istruzione, dati che evidenziano ancora molte lacune e molte manchevolezze. Il completamento dell’Anagrafe dovrebbe essere invece il primo passo per evidenziare le emergenze, quantificare in maniera ragionata le risorse e razionalizzarne l’erogazione. È da segnalare che la Onlus «Cittadinanzattiva» ha già avviato un monitoraggio di circa 250 edifici scolastici in tutta Italia per valutarne il livello di sicurezza, qualità e comfort, nonché la presenza di barriere architettoniche e non solo. Ma il compito di monitorare e mappare dovrebbe essere di matrice istituzionale. Anche se non si conoscono ancora i risultati dell’anagrafe dell’edilizia scolastica e del lavoro dei gruppi tecnici regionali, si può affermare che il patrimonio edilizio scolastico, costituito per lo più da edifici risalenti al secolo scorso – molti alla prima metà dello stesso – ed anche al XIX secolo – alcuni dei quali rivestono interesse storico-artistico – caratterizzati da tipologie e sistemi costruttivi, non offrono adeguati criteri di sicurezza e non rispondono alle nuove esigenze didattiche. Se da un lato, quindi, vi è l’urgenza di intervenire con un piano di riqualificazione, adeguamento normativo – anche antisismico – e miglioramento energetico per gran parte del patrimonio esistente, va valutata anche la necessità di arrivare alla creazione di strutture adeguate alle nuove esigenze didattiche, considerato anche che l’intervento sull’esistente può essere insufficiente ed alle volte antieconomico.
In questo senso, sembra utile citare i contenuti delle recenti linee guide ministeriali di aprile 2013 relative alle norme tecniche atte a garantire indirizzi progettuali adeguati ed omogenei per il territorio nazionale, nelle quali emerge la necessità di vedere la scuola come uno spazio integrato dove scompare la centralità dell’aula rispetto ad altri ambienti polifunzionali e flessibili in grado di offrire pari dignità alle diverse attività, comfort e benessere. Le scelte architettoniche e dei materiali devono garantire, quindi, alta specializzazione e alta flessibilità in grado di garantire l’integrazione, la complementarietà e interoperatività degli spazi. L’adattabilità degli spazi permette di aumentare la vivibilità della scuola, il tempo di utilizzo e il risparmio economico in caso di riconversione, tendendo a configurare la scuola come civic center, in grado di valorizzare istanze sociali, formative e culturali. La localizzazione, l’orientamento dell’edificio, la qualità ambientale dell’area, l’accessibilità, la cura degli impianti, dei materiali di costruzioni e di finitura e gli arredi determinano il livello di qualità dell’edificio e risultano fondamentali alla determinazione funzionale ed estetica dell’edificio stesso influenzando in questo modo positivamente la percezione di comfort dei fruitori. Una visione d’insieme permetterebbe inoltre una reale mappatura non solo degli edifici scolastici, ma anche di ciò che sta intorno ad essi, con particolare controllo del rischio ambientale. Sono praticamente prive di monitoraggio le scuole ubicate vicino a fonti d’inquinamento. Se, ad esempio, è aumentato il controllo sulla presenza di amianto negli edifici scolastici, sono ancora pochi i casi di reale bonifica (1).
Sicurezza, vivibilità e sostenibilità in ogni scuola di ogni ordine e grado sono dunque le parole d’ordine dalle quali muovere una indagine conoscitiva che si pone, quindi, nell’ottica di:
1. verificare lo stato di attuazione e i tempi di completamento dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica prevista dalla legge n. 23 del 1996; valutarne l’efficacia con particolare riferimento al rischio ambientale (ad esempio alla eventuale presenza di amianto negli istituti scolastici);
2. valutare le competenze a livello locale e centrale in merito ai processi decisionali di programmazione e gestione dell’edilizia scolastica al fine anche di predisporre una bozza di Piano decennale per l’edilizia scolastica, concertato tra Stato e Enti locali, anche prevedendo la destinazione dell’8 per mille per la parte di competenza statale e l’affidamento degli interventi di piccola manutenzione direttamente agli istituti scolastici;
3. individuare apposite procedure semplificate e straordinarie che consentano di attivare in tempi rapidi il Piano per l’edilizia scolastica;
4. individuare un meccanismo amministrativo e finanziario che faciliti i comuni e le province ad adoperare nelle scuole sistemi energetici da fonti rinnovabili;
5. individuare le misure normative adeguate e procedure speciali atte ad affrontare l’emergenza;
6. definire misure che consentano di adeguare le strutture scolastiche alle nuove esigenze didattiche nell’ottica di configurare la scuola come civic center in grado di valorizzare istanze sociali, formative e culturali ed individuare dei protocolli standard per la definizione dei capitolati delle gare d’appalto per gli edifici scolastici, al fine di garantire una effettiva attenzione alla qualità ambientale e alla sicurezza delle strutture e della trasparenza;
7. verificare gli interventi scolastici realizzati nei territorio colpiti dal sisma dell’aprile 2009 (L’Aquila e Regione Abruzzo) e del maggio 2012 (province di Bologna, Mantova, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Rovigo) al fine di valutarne l’efficacia e la possibilità di utilizzarli come buone prassi a livello nazionale;
8. verificare lo stato di realizzazione e valutare gli esiti raggiunti e l’efficacia di intervento:
    a) dei primi «due programmi stralcio» del Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici (avviato dalla legge finanziaria 2003), con particolare riferimento alla scarsa capacità di avvio dei lavori, al fine di completare i programmi e di fornire indicazione sui tempi necessari;
    b) dello stato di realizzazione del piano triennale (2007-2009) di 250 milioni approvato dal Governo Prodi con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), che grazie alle compartecipazioni regionali, provinciali e comunali ha messo in campo 900 milioni di euro;
    c) dello stanziamento annuo di 20 milioni di euro messo a disposizione annualmente dalla legge finanziaria 2008 per la messa in sicurezza delle scuole (articolo 2, comma 276, della legge 24 dicembre 2007, n. 244);
    d) del «terzo programma stralcio» e fornirne una previsione sui tempi di attuazione, dato che il CIPE ha già accantonato le relative risorse (delibera 18 dicembre 2008, n. 114) e tenuto anche conto della risoluzione n. 8-00099 approvata dalle Commissioni Cultura e Bilancio il 25 novembre 2010, in attuazione della legge finanziaria 2010 (articolo 2, comma 239, della legge 23 dicembre 2009, n. 191), che individua interventi per 115 milioni di euro;
    e) delle altre iniziative in atto in materia di edilizia scolastica a valere sulle risorse assegnate dal citato articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 2008 e su tutti gli altri canali di finanziamento previsti;
    f) del piano stralcio di 358,4 milioni, quota parte dei mille milioni di euro provenienti dalle risorse FAS, deliberato dal CIPE nel maggio 2010 (deliberazione n. 32/2010), del quale dovranno essere conosciute il numero delle convenzioni stipulate in ogni regione, e l’entità degli stanziamenti effettivamente disponibili ed erogati per l’anno 2010 e per gli anni successivi;
    g) della programmazione degli ulteriori 460 milioni di euro, quota parte dei suddetti 1000 milioni;
    h) dei 220 milioni di euro stanziati con l’Avviso congiunto MIUR – MATTM (Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) del 15 giugno 2010 per l’edilizia scolastica nelle quattro Regioni dell’Obiettivo Convergenza, nell’ambito della Programmazione 2007-2013 del Fondo europeo di sviluppo regionale;
    i) degli interventi in seguito allo stanziamento di 226,4 milioni assegnati all’Abruzzo per la ricostruzione a seguito dell’evento sismico dell’aprile 2009 assegnati con delibera del CIPE n. 18/2013 dell’8 marzo 2013, concernente «Regione Abruzzo» – Ricostruzione post-sisma dell’aprile 2009 – Riprogrammazione delle risorse assegnate con delibera CIPE n. 47/2009 per la messa in sicurezza degli edifici scolastici danneggiati dal sisma (articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 39 del 2009 – alla V Commissione Bilancio, alla VII Commissione Cultura e alla VIII Commissione Ambiente.
Per l’acquisizione di informazioni utili ai temi evidenziati, la Commissione intende quindi audire i seguenti soggetti: Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca; Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; Ministro per la coesione territoriale; Ministro per i beni e le attività culturali; rappresentanti di Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM), Unione delle province italiane (UPI), Conferenza delle regioni e delle province autonome; rappresentanti di organizzazioni sindacali e associazioni dei lavoratori della scuola, associazioni del settore, tra i quali «Cittadinanzattiva» e Legambiente, Associazione nazionale costruttori edili (ANCE); Architetti esperti di edilizia scolastica, bioedilizia, efficientazione energetica; esperti di finanziamenti europei.
L’indagine conoscitiva potrà, altresì, prevedere lo svolgimento di incontri e sopralluoghi, con particolare riferimento alle questioni che la Commissione riterrà di maggiore interesse, anche alla luce degli elementi informativi acquisiti nel corso dell’indagine stessa. In tal caso, saranno avviate le necessarie procedure per l’autorizzazione di eventuali missioni.
Il termine per la conclusione dell’indagine conoscitiva è fissato per il 30 settembre 2013. Il termine indicato – che può sembrare troppo breve – è da ritenersi invero adeguato a svolgere un’indagine che ha l’ambizione di affrontare un problema urgente e che coinvolge milioni di studenti e di lavoratori della scuola. Molto lavoro è stato già fatto dagli enti locali e dalle regioni, ma alcune scadenze istituzionali – quale il futuro delle Province – e l’urgenza degli interventi richiedono la massima rapidità.

(1) Per i dati, vedere rapporto Legambiente 2012.

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