In tempi di crisi
di Antonio Stanca
Giorgio Vasta ha quarantatre anni, è nato a Palermo nel 1970, è andato a Torino nel 1996 per studiare Tecniche della Narrazione presso la Scuola Holden e, diplomatosi nel 1998, vi è rimasto quale docente. Insegna ora Scrittura Narrativa in altri Istituti e Tecniche di Scrittura e Narrazione, Generi Letterari presso l’Istituto Europeo di Design di Torino. In tali attività è impegnato pure all’estero. Ha lavorato quale editorialista in televisione, su Internet e presso la Einaudi di Torino e la Rizzoli di Milano. Ha curato raccolte di saggi e di racconti. Col romanzo Il tempo materiale, pubblicato nel 2008 dalla Minimum Fax di Roma, ha esordito nella narrativa. Sono venuti, poi, i racconti e nel 2010 l’altro romanzo Spaesamento.
Molto ha fatto alla sua età il Vasta e molto continua a fare dal momento che il suo impegno non è limitato alla produzione propria ma esteso all’esterno, dedito a far conoscere opere di altri autori e soprattutto a far sapere, a mostrare come, di cosa, perché si deve scrivere, ad insegnare metodi, sistemi, tecniche di scrittura, a fare di questa una disciplina da apprendere. Di carattere didattico è pure il suo lavoro e per questo si è distinto negli ambienti culturali non solo italiani. Un’azione continua e varia è la sua, un’intenzione, una volontà che non si esauriscono ma in continuazione si rinnovano. Vasta scrive e insegna a scrivere, è autore e docente di scrittura.
Ultimamente si è tornato a parlare di lui perché nella Serie Tascabili delle Edizioni Minimum Fax è comparsa la ristampa del suo romanzo d’esordio, Il tempo materiale, pp. 274, € 8,00. Allora, nel 2008, quando l’opera fu pubblicata per la prima volta venne molto apprezzata, fu finalista al Premio Strega del 2009 e si segnalò in altri Premi Letterari. La lingua del romanzo è rapida, concisa, procede per piccole frasi e corre tanto tra i contenuti da rendere difficile, a volte, la loro comprensione. E’ una maniera nuova, che diventerà propria di questo autore e che è sostenuta da una notevole ricchezza e proprietà di linguaggio. Nuovo, moderno fin dall’inizio ha voluto essere Vasta nella forma e nel contenuto che ha ambientato nella sua Palermo dove, nel 1978, tre ragazzi di scuola media soffrono della mancanza di affermazione, di realizzazione e la attribuiscono alla distanza dai più noti centri urbani d’Italia, dalle grandi città del Nord.
E’ il periodo delle Brigate Rosse, è l’anno del sequestro e della morte di Aldo Moro e i tre vengono attirati dall’idea di diventare forti, potenti tramite la clandestinità e la violenza con essa collegata. Pensano di combattere la società, di punirla per le sue colpe e formano un piccolo gruppo terroristico, si attribuiscono nomi diversi dai propri, si travestono e senza essere scoperti cominciano a compiere azioni ai danni della loro scuola. Queste diventano sempre più gravi e violente, giungono a far morire un compagno di classe, che i tre avevano rapito e tenuto nascosto, ma quando stanno per tradursi in un’altra crudeltà uno di loro, Nimbo, che sempre incerto si era mostrato circa la situazione che stava vivendo e che può essere considerato il protagonista dell’opera tanto insiste l’autore sulla sua figura, sui suoi pensieri, sulle sue riflessioni, si pente e cerca di porre rimedio a quanto avveniva. Il bene, alla fine, vince il male anche se molto tempo c’è voluto perché lo facesse, circostanze gravi ha lasciato che succedessero.
Un’esplorazione vasta, completa dello spirito dei nuovi adolescenti ed anche un documento della realtà che essi stanno vivendo in una nazione come quella italiana, in un periodo che assiste alla crisi di ogni valore, è il romanzo. Continuo è in esso l’atteggiamento critico verso la situazione politica, economica, sociale, morale dell’Italia dei tempi moderni nonché l’intento di vederla riflessa nell’animo di un ragazzo rimasto lontano, escluso dai grossi avvenimenti che si stanno verificando. Il pubblico e il privato, il sociale e l’individuale sono i termini tra i quali si muove la narrazione del Vasta evidenziando quanto tra essi non ha possibilità di combinarsi e sfocia nel conflitto, nella lotta. Manca la soluzione del contrasto, estraneo rimane l’ambiente alla vita, alle speranze dei più giovani e ad altri tempi, altri ambienti, altri giovani viene rimandato il problema. Si conclude, infatti, l’opera col protagonista che neanche dopo il pentimento mostra di essere pervenuto ad una qualche certezza, di aver eliminato i tanti dubbi, le tante confusioni che avevano segnato la sua vita.
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