SUL BLOCCO DELLE RETRIBUZIONI NEL PUBBLICO IMPIEGO ED OLTRE

SUL BLOCCO DELLE RETRIBUZIONI NEL PUBBLICO IMPIEGO ED OLTRE

La DIRIGENTI-CONFEDIR ha già prontamente stigmatizzato, siccome vessatoria ed incostituzionale, la proroga del blocco delle retribuzioni dei pubblici dipendenti sino a tutto il 2014, licenziata prima della pausa estiva da una compagine governativa che smentisce le reiterate dichiarazioni di rinnovato favore per l’istruzione e di attenzione alla valorizzazione professionale di coloro che vi operano; così ponendosi in perfetta linea di continuità con i suoi predecessori, ancorché si sia peritata di allegare le – inesorabili? – ragioni di eccezionalità, “comunque con un orizzonte temporale limitato”: se può stimarsi limitata una moratoria che, al minimo, avrà attinto la durata di un lustro!
Purtuttavia, un evento positivo – a latere di quest’infausta vicenda, che comunque sarà contrastata in tutte le sedi, inclusa quella giudiziaria – è rinvenibile nella preannunciata possibilità di avvio, in tempi brevi, della procedura di contrattazione nazionale per la parte normativa, sulla base di un nuovo contratto-quadro e contestualmente alla revisione dei meccanismi che, in anticipo sulle originali statuizioni, avranno registrato la raggiunta consistenza associativa di DIRIGENTI SCUOLA ai fini della rappresentatività, essendo stata perfezionata la sua adesione alla CONFEDIR.
Tal che nella predetta sede negoziale dovranno precostituirsi le condizioni normative da far valere quando saranno poi disponibili le risorse finanziarie.
L’obiettivo strategico – con il supporto fornito dalla Confedir, la maggiore confederazione dei dirigenti pubblici – sarà la collocazione della dirigenza scolastica nella medesima area contrattuale di tutti i dirigenti pubblici dello stesso datore di lavoro, il MIUR, dove già vi figurano la “generica” dirigenza amministrativa e l’eterea dirigenza tecnica, che poi dirigenza non è neanche sotto il duplice profilo formale e sostanziale, bensì mera attributaria di “posizioni dirigenziali” (potrebbe dirsi, dirigenza quoad pecuniam). E, di conseguenza, combatterà il tentativo, dei sindacati generalisti di comparto e di autoproclamatisi più autorevoli rappresentanti di (soli?) dirigenti scolastici, di rieditare,per prosaici calcoli di bottega sotto le suggestive formule di “dirigenti della conoscenza” o di “dirigenti delle autonomie funzionali” o di consimili baggianate, la riserva indiana di una distinta area, in omaggio ad una presunta specificità o peculiarità di cui le altre dirigenze ne fanno volentieri a meno, felici di vedersi compensata la loro banale “normalità” con un trattamento economico che supera il doppio di quanto percepito dai cirenei aggettivati.
La rottura del dogma della specificità dovrà altresì comportare la naturale ricollocazione nella comune sede contrattuale – sempre come avviene per la dirigenza “normale” – della disciplina inerente la valutazione delle prestazioni e dei comportamenti organizzativi, cui correlare la sostanziosa e non simbolica retribuzione di risultato, secondo i differenziati parametri, se positiva, della c.d. riforma Brunetta: per il tramite di un modello standard di valutazione, con eventuali opportuni adattamenti, ma sempre improntati ad essenzialità, linearità, semplicità, maneggevolezza; come avviene per tutta la dirigenza amministrativa e tecnica, di seconda e di prima fascia, sino ai capidipartimento (e le cui funzioni nessuno può sproloquiare che siano più semplici e/o meno complesse, quantomeno per quel che concerne le responsabilità, di quelle esercitate dai dirigenti delle istituzioni scolastiche ).
Sicché va mandato al macero l’ultimo (il quinto?, il sesto?) degli iperconcettuosi protocolli escogitati negli ultimi anni e tutti puntualmente abortiti sul nascere; che, sulle coordinate del recente regolamento del Sistema nazionale di valutazione, prefigura un dispositivo mutuato dalla sperimentazione nazionale VALeS, nel cui interno c’è un capitolo per la SOLA valutazione dei dirigenti scolastici; da tutti i sindacati rappresentativi, autorevoli o meno, supinamente accettata ,al di là di qualche fugace, ed ipocrito, distinguo.
Il percorso valutativo continuerebbe così ad essere pluriennale, cadenzato da incontri con il nucleo dei valutatori, da report e dalla compilazione di carte, tutt’altro che preordinato, se positivo nell’esito, alla corresponsione della retribuzione di risultato o a sviluppi di carriera, ovvero ed in negativo a sottoposizione alle sanzione previste dalla legge e dal contratto.
Insomma, più che una valutazione in senso tecnico, peraltro viziata dalla persistente confusione con la valutazione di sistema (che è ben altra cosa), resta piuttosto una sorta di permanente consulenza/assistenza a figli di un dio minore, che sembra avere il precipuo scopo di legittimare le funzioni, e la stessa esistenza, di altre figure istituzionali. Nel frattempo i dirigenti scolastici continuerebbero a percepire l’astronomica cifra fissa, parametrata sulle fasce di complessità delle sedi cui sono preposti, oscillante tra i 2000 e i 3000 euro annui, salvo dover restituire il tutto se al termine del ciclo avessero avuto l’improbabil sventura di incappare in una valutazione negativa; nel mentre i dirigenti amministrativi e tecnici, con una valutazione auto raccontata compendiata in due sole schede e senza subire molestie burocratiche, potranno mettersi mediamente in tasca ogni anno 30.000 euro ed oltre: cliccare sul sito “Trasparenza” del MIUR, aggiornato al 3 luglio u.s., per credere.
La DIRIGENTISCUOLA, in costante crescita di consensi nonostante i non pochi tentativi consumati per strozzarla nella culla da chi si è sentito minacciato nella propria rendita di posizione, continuerà pervicamente a profondere ogni umano sforzo per una categoria che voglia liberarsi da antichi legami, da tutele improprie e da inconferenti paure, per guadagnarsi l’autostima e la considerazione sociale che, in definitiva, sarà riuscita a meritare.