La metamorfosi: da preside a dirigente scolastico

da Tecnica della Scuola

La metamorfosi: da preside a dirigente scolastico
di Lucio Ficara
Venti anni fa era riconosciuto come un uomo di cultura. Ma con l’avvento delle norme sull’autonomia scolastica sono cambiate molte cose.
È importante ricordare che, quando i concorsi a preside si svolgevano a Roma, la selezione veniva meno contestata e si riconosceva ai vincitori del concorso una dichiarata e riconosciuta leadership culturale. Si valutavano le competenze del ruolo di preside sulle conoscenze culturali del candidato che veniva sottoposto ad una prova scritta e ad una orale. I candidati venivano chiamati, come accadde nel concorso a preside del 1985, a svolgere temi in cui la centralità della cultura era evidente ed importante per la valutazione dello stesso concorso. Il titolo del tema di quel concorso, “Il preside come uomo di cultura”, è da considerarsi molto sintomatico, quasi a voler presagire, il profondo cambiamento del ruolo di preside che da uomo di cultura si sarebbe trasformato in dirigente della burocrazia. Un cambiamento che è assimilabile ad una vera e propria metamorfosi, che il sistema scolastico ha mal digerito e non è riuscito a metabolizzare. In un decennio tutto è mutato ed il vecchio preside, riferimento culturale per l’intero collegio dei docenti, si è lentamente tramutato in dirigente scolastico. Come è cambiata la professione di preside in questi ultimi anni? La nuova figura di dirigente scolastico è diventata una figura disconnessa e lontana dalle funzioni didattiche, ma responsabile di tutti quei processi amministrativi-burocratici. Questo mutamento di ruolo ha creato un gigantesco solco tra i docenti, totalmente lontani da competenze normative e burocratiche e i dirigenti, costretti invece a convivere con una pletorica macchina, fatta di moltissime procedure burocratiche, e con delle complicatissime procedure, che necessitano di una approfondita conoscenza della normativa scolastica. Il dirigente scolastico si deve occupare, rispondendone in prima persona, di norme sulla sicurezza, di norme contrattuali e di tanti altri rituali burocratici, che con la cultura e la didattica nulla hanno a che spartire. Il dirigente scolastico non viene più riconosciuto come leadership culturale della scuola, come per esempio veniva riconosciuto il vecchio preside, ma sta anche perdendo la sua autonomia di azione tipicamente manageriale. L’effetto devastante dei tagli attuati, negli ultimi dieci anni, sulla scuola ha affossato l’autonomia scolastica e con essa il ruolo della sua dirigenza. Molti docenti rimpiangono il vecchio preside, che a volte entrava nelle classi a fare lezione in sostituzione del docente assente, perché vedevano in quella figura un punto di riferimento per la didattica e per la valutazione, mentre oggi il dirigente scolastico è sentito dai docenti, lontano, chiuso nel bunker della dirigenza con le sue carte e pronto ad applicare la norma del momento. La domanda che in tanti si pongono è: “cui prodest?”. A chi ha giovato la metamorfosi da preside a dirigente scolastico? La risposta più diffusa, tra i docenti, è che non ha giovato a nessuno, e soprattutto non ha giovato alla scuola italiana, che ha perso contemporaneamente la leadership culturale e l’autonomia scolastica reale.