Clil, la “rete” fa acqua da tutte le parti

da www.ilsussidiario.net

SCUOLA/ Clil, la “rete” fa acqua da tutte le parti

Silvia Ballabio

lunedì 19 agosto 2013

L’anno scolastico 2012/13 ha visto, in fase di chiusura, l’attivazione di reti regionali di Licei linguistici a supporto della metodologia Clil (Content and Language Integrated Learning); sarebbe interessante poter dare lo stato dell’arte per tutte le regioni, ma il caso della Lombardia può essere ritenuto sufficientemente esemplificativo. In merito alla creazione delle reti regionali, l’Ufficio scolastico regionale della Regione Lombardia ha redatto, in un protocollo del 3 luglio 2013, una bozza d’intesa, a fronte della mappatura dei licei linguistici della regione in quattro sottoaree per un totale di 135 licei linguistici, di cui 46 paritari, circa un terzo del totale, e l’individuazione di una scuola capofila per la regione. La bozza d’intesa indica anche gli obbiettivi delle nascenti reti e il protocollo segnala che entro il 30 agosto va comunicato alle autorità competenti se le aggregazioni “ipotizzate” siano state realizzate, con elenco delle scuole effettivamente aderenti e l’indicazione dell’istituto capofila per le sottoreti ragionali. Si evince dalla tempistica della bozza che a inizio del prossimo anno scolastico le reti in Lombardia dovrebbero essere già costituite, in modo da affiancarsi al processo di formazione dei docenti Dnl (di discipline non linguistiche) partecipanti ai corsi metodologici gestiti dall’Università statale e cattolica di Milano, iniziati a fine aprile, essendo in tutta Italia le università gli unici enti autorizzati a rilasciare, a fronte del corso di formazione metodologico completato con successo, quella che può ritenersi una “abilitazione Clil”. Continuano le attività di formazione linguistica, anche attraverso i programmi dedicati quali Llp Comenius, che permettono ai docenti di partecipare, con parziale copertura dei costi, al Lifelong Learning Programme, attraverso varie modalità. Tutto questo andrà a coesistere in Lombardia con altre reti sorte spontaneamente in passato come risultato della libera aggregazione di numerosi istituti, generalmente non linguistici, ed esperienze di moduli/percorsi Clil realizzate in ordini di scuola non interessati dall’obbligo di legge, anche a partire dalla primaria, e numerosi momenti di formazione a carattere seminariale. Si tenga inoltre conto che la Regione Lombardia non è nemmeno fra le più “attive” in questo ambito, in quanto le regioni a Statuto speciale hanno, per tradizione culturale e collocazione geografica, una storia molto più consistente e articolata sia di costruzione di reti che di singole esperienze Clil. Ma anche in altre regioni si possono rintracciare esperienze significative di collaborazione fra vari istituti e con il mondo universitario. Una mappatura completa di tutte le reti e, soprattutto, delle singole esperienze richiederebbe uno sforzo notevole, ben superiore a quello pur ampio e articolato fatto ad esempio in Lombardia con il rapporto Ali-Clil del 2001-2006, all’interno del Progetto Lingue; il monitoraggio aveva riguardato 105 scuole della regione, di ogni ordine e grado, e il dato ancora interessante, pur a distanza di sei anni dalla chiusura del rapporto, è la crescita rapidissima del Clil che si era registrata nel quinquennio esaminato, come numero di istituti e classi coinvolte. È una tendenza confermata dalla nascita di reti Clil in regione Lombardia, aggreganti numerosi istituti in maniera spontanea, molti dei quali non linguistici, e quindi presumibilmente interessati al Clil per una sua qualche intrinseca validità, e non per l’adempimento di un obbligo di legge che per taluni istituti si prospettava, al momento della creazione delle esperienze, ancora ben lontano. Tutto questo fervore di iniziative ha sicuramente svolto in Lombardia un’efficace opera di sensibilizzazione docenti, implicitamente riconosciuta come valida se si considerano alcuni degli obiettivi indicati nella bozza d’intesa di cui sopra, proposta alle nascenti reti dei licei linguistici, in particolare il punto che sottolinea la necessità di “promuovere attività di formazione sia linguistico-comunicative, sia didattico-metodologiche del personale scolastico, nonché momenti seminariali finalizzati alla condivisione di buone pratiche, attività, progetti e processi messi in campo dalle scuole in seguito all’implementazione della metodologia Clil all’interno del curricolo e all’innovazione metodologica e didattica, in particolare attenzione all’uso delle tecnologie multimediali”. Quanto qui proposto potrebbe assegnare agli istituti in rete un ruolo attivo nel processo di formazione dei docenti stessi, anche se i termini usati, “promuovere”, “condivisione”, alla luce della situazione della formazione metodologica Clil per i docenti Dnl sopra descritta, non lascia realisticamente intravedere altre possibilità se non  quella della sensibilizzazione e dell’erogazione di corsi di formazione linguistica (il docente Dnl deve infatti conseguire il livello C1 di competenza linguistica). Il dettaglio analitico del protocollo, se ben esaminato, fa emergere una serie di punti irrisolti; le nascenti reti dei linguistici si rapporteranno alle realtà di reti già esistenti, e se sì, come? Il modello verticistico delineato dal protocollo stesso, con la creazione di sottoaree in regione Lombardia i cui istituti capofila sono già noti per passaparola prima che le reti stessi siano costituite, verrà replicato per ulteriori future reti di istituti non linguistici, nel momento in cui anche per essi scatterà l’obbligo dell’erogazione del Clil nell’anno scolastico 2014/15? Le reti comprenderanno anche i licei linguistici paritari, ovviamente su libera adesione degli stessi, ma i docenti in servizio nelle paritarie non hanno avuto accesso ai corsi di formazione metodologica, e quindi a che titolo possono/potranno erogare moduli o percorsi Clil non avendo, diciamo, le qualifiche necessarie? La stessa situazione di “irregolarità” (docenti che erogano per obbligo di legge moduli/percorsi Clil ma non hanno accesso alla formazione, a meno che non si “organizzino in proprio”) si ripeterà per i docenti dei licei non linguistici paritari? In che modo si pensa di ovviare a questa situazione? È certamente cosa lodevole che gli istituti, statali o paritari che siano, si attivino, anzi, si siano attivati, coinvolgendosi anche con le università e le associazioni presenti nel variegato mondo delle lingue, ma quando comincerà a prevalere, per il Clil così come per altre situazioni, una logica diversa, in cui i docenti seriamente impegnati con se stessi e la propria professione, magari di lungo corso o ricchi di nuove esperienze legate alla formazione all’estero, diventino protagonisti non più solo informali del processo di Lifelong Learning? Una simile prospettiva richiederebbe ovviamente una revisione della figura del docente a livello normativo di portata rivoluzionaria per la scuola italiana, ma sicuramente favorirebbe il processo di motivazione dei docenti stessi, protagonisti con altri soggetti del processo di formazione di se medesimi.