Nel Salento degli spettacoli
di Antonio Stanca
Molte sono ormai le manifestazioni di carattere folcloristico-culturale che da anni vengono organizzate durante le serate di tanti comuni salentini e che attirano l’attenzione di un sempre crescente numero di spettatori. Oltre a procurare, diffondere la scoperta dei luoghi, dei tempi e delle testimonianze di un passato che si è rivelato ricco quanto quello di altre zone d’Italia esse hanno contribuito a fare della penisola salentina una delle mete più cercate da turisti italiani e stranieri. Tali manifestazioni consistono in spettacoli fatti di musiche, canti, danze, recitazioni, rappresentazioni teatrali che si propongono di offrire a chi vi assiste la conoscenza, la visione di quanto ha fatto parte delle tradizioni, delle usanze, delle credenze, dei riti, dei miti, delle leggende, della cultura, della lingua di questa terra. E’ una riscoperta che si sta verificando in questi ultimi tempi e con sempre maggiore convinzione. Anche case editrici del posto sono interessate alla pubblicazione di opere dedicate al recupero delle tante storie di tanti paesi del Salento. Molto riesce pure in tal senso il rapporto immediato che uno spettacolo pubblico crea, lo scambio diretto che instaura tra chi parla, canta, recita, suona, danza e chi ascolta, guarda.
Nell’ambito di queste manifestazioni vanno inserite alcune serate organizzate presso il Centro Studi “Chora-ma” di Sternatia (Lecce), diretto da Donato Indino ed impegnato anche in altre direzioni, a far conoscere, cioè, anche altre culture, altre tradizioni, altre lingue, a cercare rapporti tra esse e quella salentina. La sera di Mercoledì 21 Agosto è stata, infatti, dedicata al tema “Napoli: parole e musica” e sono stati sufficienti una presentatrice, signora Rita Continillo, e due interpreti, Felice De Santo e Gaetano Continillo, perché al pubblico presente venisse offerta la possibilità di ascoltare testi poetici di autori napoletani quali Raffaele Viviani, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio e di venire a conoscenza, tramite essi, di come in passato si viveva nei quartieri popolari del capoluogo campano. L’interesse di tali autori è stato quello di rappresentare, qualunque fosse il genere della loro produzione, la realtà, la vita delle persone comuni, i bisogni, i desideri di chi, uomo, donna, bambino, giovane, vecchio, vive i problemi della quotidianità, della famiglia, della casa, della strada. Questo spiega perché usino spesso il dialetto napoletano e perché riescano meglio nella poesia. Qui col dialetto raggiungono effetti che sanno di suono, di canto, che fanno di quei problemi un aspetto proprio di quella vita, un elemento ad essa connaturato. Questi effetti hanno reso le recitazioni del De Santo e le musiche, i canti, le animazioni del Continillo, entrambi napoletani, entrambi ingegneri, il Continillo docente universitario, ed entrambi impegnati in attività di questo genere. I due si sono mostrati molto esperti e meritevoli di lode dal momento che sono riusciti a far giungere ai presenti quei motivi, quei momenti della vita napoletana che rimarrebbero lontani e soltanto delle opere che li contengono. Una funzione di mediazione è la loro, una funzione sociale molto importante non solo perché avvicina il pubblico agli autori ma anche perché lo fa sentire partecipe di quanto essi scrivono, gli mostra come ogni vita sia degna di essere rappresentata.
Convinta e calorosa è stata la partecipazione degli spettatori al punto da far richiedere interpretazioni che non erano in programma.
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