Caos nella scuola per i Quota 96 senza diritto alla pensione

da Corriere della Sera

Caos nella scuola per i Quota 96 senza diritto alla pensione

di Cristina Maccarrone

Immaginate di avere già tutti i requisiti per andare in pensione e che poi arrivi una legge che cambi le carte in tavola e rimandi il vostro pensionamento a data da destinarsi. Che, anzi, in alcuni casi possa arrivare a procrastinarlo di 5 o 6 anni.

Immaginate ancora che dobbiate iniziare un altro anno di lavoro usurante (così come riconosciuto anche per legge) quando avreste già tutto il diritto, da almeno un anno a questa parte, di ritirarvi. E tutto questo per un errore, riconosciuto più volte come tale e cui però non si è mai cercato davvero di ovviare.

Non è fantasia, ma la situazione ingarbugliata e che ha dell’incredibile in cui si trovano gli insegnanti e il personale ATA di Quota 96.

Ma chi sono i Quota 96? L’acronimo sintetizza la situazione di chi prima che la legge Fornero entrasse in vigore (1 gennaio 2012) aveva già maturato tutti i requisiti per ritirarsi, se lo voleva, dal lavoro. Requisiti che, stando appunto alla legge 247/2007, si ottenevano sommando l’età anagrafica e l’anzianità contributiva arrivando così alla “quota” necessaria per andare in pensione.

Ad esempio: avere compiuto 60 anni con 36 anni di contributi, averne 61 + 35 di contributi o nel caso massimo avere già prestato 40 anni di servizio. Dicevamo: un errore, dovuto al fatto che con la riforma Fornero non si è considerata l’unica finestra d’uscita dalla scuola, prima che inizi un nuovo anno scolastico (e non solare) ossia il 31 agosto, ma si è considerato il fatto che i requisiti dovevano essere ottenuti al 31 dicembre del 2011 così come appunto specificato nell’articolo 24 del decreto Salva Italia del 2012 e che così che chi li avesse maturati ,dovesse/potesse andare in pensione solo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo.

“Non si è tenuto in considerazione che per il Comparto Scuola la situazione è diversa”, precisa Nadia Marta, insegnante in un liceo classico e presidente del Comitato civico Quota 96 nato nel marzo 2012, con un direttivo molto attivo e un blog al quale sono iscritte 900 persone (anche se di fatto seguito da tutti i “Quota 96).

“La situazione” continua l’insegnante nata nel ’52 “è in stato d’impasse e rischia, se le cose dovessero essere rinviate oltre il mese di agosto, di non essere risolte. Io stessa rischio di dovere lavorare altri 5 anni. Noi vogliamo il riconoscimento di un diritto e non la concessione di un privilegio come ci è stato detto in altre situazioni facendoci notare che se si fanno eccezioni per la scuola, si dovrebbero fare per tutto il settore pubblico”.

Le fa eco anche Annamaria A., insegnante da 38 anni, che da 22 assiste suo marito disabile al 100%: “La scuola è la mia vita, mi sono aggiornata, uso il computer e vari strumenti digitali, ma ho esaurito le mie forze. È ora di fare largo ai giovani e di far valere un diritto che a noi tutti è stato negato” Annamaria, ci racconta, poi è stata doppiamente “beffata”:

“Mi sarei potuta anche avvantaggiare di quell’emendamento che prevedeva un prepensionamento a favore dei genitori dei disabili, ma oltre al fatto che nel mio caso è mio marito a non essere autosufficiente, questo emendamento era valido per chi alla data del 31 ottobre 2011 fosse in congedo straordinario in quel preciso giorno e non era il mio caso”.

Annamaria fa parte del Comitato civico 96 che ha avviato varie azioni di sensibilizzazione e tiene viva l’attenzione sulla questione Quota 96 che finora ha viaggiato su due corsie parallele, quella legislativa e quella giuridica, senza trovare una soluzione definitiva in nessuno dei due casi.

Dal punto di vista legale, l’iter non ha niente da invidiare a un poliziesco, tanto la situazione è ingarbugliata. Nel marzo 2012 sono stati avviati da parte dei Quota 96 i primi ricorsi al Tar del Lazio, sia tramite il Comitato Quota 96 che la UIL, entrambi guidati dall’avvocato Naso. Nel giugno scorso, il Tar ha dichiarato che la situazione non era di sua competenza e ha così rinviato ai vari giudici del lavoro provinciali e alle Corte dei Conti.

Anche lì matassa tutt’altro che dipanata: alcuni tribunali danno torto ai pensionandi, altri come quello di Oristano e di Venezia riconoscono il diritto ad andare in pensione il 31 agosto del 2012 e quello di Siena il 17 agosto dello scorso anno dà ragione agli insegnanti di Quota 96 e rimanda, visto che la riforma Fornero non tiene conto della specificità del sistema scolastico e c’è un difetto di costituzionalità, la palla alla Corte Costituzionale che si pronuncerà in merito il 19 novembre prossimo.

C’è anche un precedente che i membri del Comitato non si sanno spiegare “Mentre per altri ricorsi in cui i giudici del lavoro ci avevano dato ragione, il Miur e l’Inps avevano ricorso in appello c’è un caso in cui un giudice del lavoro di Roma, Baroncini, ha dato ragione al pensionando Quota 96 che si è ritirato un anno fa.

“Se la Corte Costituzionale dovesse comunque pronunciarsi a nostro favore, la situazione si risolverebbe subito, ma saremmo già a novembre” commenta Nadia Marta. “Noi speriamo più nella soluzione politica che legale”.

Dello stesso parere anche Massimo Di Menna, segretario generale UIL Scuola : “La soluzione deve arrivare da parte dei nostri politici. La maggioranza dei partiti che sosteneva il governo Monti e la legge Fornero è della stessa composizione politica che sostiene il governo Letta. Non ci serve che riconoscano che c’è il problema ma anche che trovino una soluzione che compete solo a loro e la soluzione è trovare la copertura finanziaria per questi pensionandi”.

Dal punto di vista politico, prima che il Consiglio dei Ministri chiudesse per ferie, la proposta dell’onorevole Manuela Ghizzoni e dell’onorevole Marzana di anticipare la data per andare in pensione al 31 agosto in modo da risolvere una volta per tutte la questione Quota 96, aveva ottenuto l’approvazione all’unanimità sia da parte della Commissione Lavoro che Cultura, mentre la Commissione Bilancio ha chiesto una relazione tecnica alla Ragioneria dello Stato. Il problema, infatti, è anche numerico.

Quanti sono i Quota 96? Anche qui ci sono discrepanze tra quello che dice l’Inps e quello che dice il Miur. Sarebbero 9mila per l’Istituto di previdenza e 3500 per il Miur. Più verosimile la seconda ipotesi come ci spiega meglio Di Menna:

“Non tutti quelli che hanno diritto ad andare in pensione, è detto che ci vadano. Delle circa 3mila persone che hanno fatto il ricorso con noi, ad esempio, la maggiorparte non vuole ancora lasciare il lavoro, ma ovviamente vuole che venga riconosciuto il diritto di potere ritirarsi quando vogliono. Molti insegnanti della scuola primaria addirittura preferiscono completare il ciclo dei 5 anni”.

Lo conferma anche Annamaria A: “La mia scuola è esemplificativa. Siamo 3 persone nate nel ‘52 e di queste solo io voglio andare in pensione, le altre preferiscono restare ed avere così un assegno mensile più alto”.

“La soluzione è tutta lì: nella copertura finanziaria” incalza ancora Di Menna. “È inutile che i politici riconoscano il problema, dicano di essere d’accordo, ma se poi non trovano i soldi per coprire le pensioni siamo punto e a capo. Come ho detto prima: solo la politica può trovare le soluzioni adeguate e se non riesce in questo mese, abbiamo tempo ancora fino a settembre prima che l’anno scolastico entri nel vivo”.