Anief, i prof sono sempre più vecchi

da LaStampa.it

Anief, i prof sono sempre più vecchi

 Il 60% ha più di 50 anni
roma

«Cresce il numero di docenti ultracinquantenni: degli 11.542 nuovi docenti che verranno immessi in ruolo entro il 31 agosto, quasi il 60% ha più di 50 anni. Un numero altissimo, che andrà a invecchiare la già alta media dei docenti di ruolo: secondo il recente rapporto “Education at a glance´” già nel 2011 il 47,6% dei maestri elementari, il 61% di quelli delle medie e il 62,5% delle superiori aveva oltre 50 anni. Con il risultato che i nostri alunni si ritrovano davanti sempre più spesso insegnanti anziani, stanchi e demotivati. Mentre i giovani vengono lasciati fuori». Lo sottolinea in una nota l’Anief.

«L’aspetto paradossale di questi numeri, che non hanno bisogno di commento per quanto sono evidenti – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che le regole che l’amministrazione scolastica italiana si è data negli ultimi mesi produrranno un’ulteriore innalzamento dell’età media dei nostri docenti destinati ad essere assunti. Perché alla riforma Fornero, che costringe oltre l’80% del corpo docente italiano, composto da donne, a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi, si è aggiunta la decisione di lasciare fuori dalle Graduatorie ad esaurimento i circa 20mila neo-abilitati attraverso i Tfa ordinari. Una decisione presa, tra l’altro, nei confronti di aspiranti docenti che hanno speso tra i 3mila e i 4mila euro ciascuno. E per formare i quali lo Stato ha investito a sua volta ingenti risorse».

«La sintesi di quello che sta accadendo in Italia – sottolinea l’Anief – è rappresentata dalla storia della docente di 62 anni, di cui 33 passati a fare supplenze, chiamata in ruolo in questi giorni: a 36 anni dal conseguimento dell’abilitazione, si è recata nell’ufficio scolastico territoriale per sottoscrivere l’assunzione a tempo indeterminato nella classe di concorso A028 (educazione artistica nelle scuole medie). E non si pensi che la sua sia un’eccezione: sono decine di migliaia i supplenti della scuola che hanno iniziato la loro carriera da insegnanti nei primi anni Ottanta. E che, ormai 60enni, dopo aver collezionato titoli universitari, abilitazioni, idoneità, master e specializzazioni, sono ancora alla ricerca dell’immissione in ruolo per colpa dell’inefficienza dello Stato e dei Governi che si sono succeduti. È giunto il momento di rendere spendibili questi titoli».

«Con la giustificazione di introdurre manovre di risparmio della spesa pubblica – ricorda Pacifico – si continua a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/Ce, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell’Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell’ultimo quinquennio. Come si continua a non tenere conto del decreto legislativo 368/01, che dava seguito a questa direttiva a livello nazionale. Per non parlare dell’oltraggio che si perpetra nei confronti dell’articolo 1 della Costituzione. Per tenere i precari lontano dal ruolo si è fatto di tutto: dalle deroghe alle direttive Ue, a partire dalla Legge 106/2011, al taglio di 200mila posti solo negli ultimi sei anni; dalle classi-pollaio alla riduzione del tempo-scuola ai minimi termini, dalla soppressione incostituzionale di 4mila istituti alla sparizione di altrettanti dirigenti e Dsga».

– sottolineano – è fuori di dubbio che la scuola senza docenti precari morirebbe. Ogni sette insegnanti di ruolo vi è un supplente. Con province dove si concentra il 50 per cento di personale precario». «Ora, visto che lo Stato continua a “traccheggiare” la loro assunzione potrebbe comunque per tanti di loro diventare realtà: con ordinanza n. 207/13, la Corte Costituzionale ha infatti rinviato alla Corte di Giustizia europea la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i supplenti con oltre tre anni di servizio. Che potrebbero così entrare di ruolo – conclude il sindacalista Anief-Confedir – senza più attendere 30 anni».