E’ sempre guerra
di Antonio Stanca
La seconda guerra mondiale aveva sconvolto l’opinione pubblica e quella degli osservatori di fenomeni sociali per i disastri che aveva provocato alle persone e alle cose in un’epoca ormai moderna, in un tempo che aveva raggiunto livelli di sviluppo politico, sociale, economico molto elevati, in una fase della storia dove la scienza, le sue scoperte, le sue conquiste, le sue applicazioni erano inarrestabili, in un momento in cui gli ambienti privati e pubblici erano stati decisamente rinnovati e il pensiero, la morale, il costume, la cultura erano divenuti partecipi di una nuova atmosfera. Quell’umanità, quella vita, quel mondo che sembravano destinati a vivere solo di bene erano stati costretti a sopportare, soffrire assurde, incredibili forme di male quali appunto gli orrori di quel conflitto. Ed è successo pure che mentre alcuni di essi sono rimasti ancora inspiegati, ingiustificati altri si sono aggiunti nei tempi seguenti e si aggiungono oggi quando lo stato di civiltà è più progredito. Il fenomeno è continuato, quegli orrori non sono stati gli ultimi e tra i più recenti rientrano quelli legati alle tristi vicende dei popoli asiatici e africani. Ai nostri giorni nei loro territori si compiono attentati, si combatte, si uccide, si fa guerra e non solo nei deserti ma anche nelle zone abitate, tra strade asfaltate, negozi, persone che svolgono il proprio lavoro quotidiano. Accanto a chi sta in casa, in ufficio c’è chi uccide e con una ferocia che non conosce precedenti. Fallita sembra quell’aspirazione, tanto perseguita in passato in ambito politico, sociale, culturale, ad una modernità capace di eliminare le rivalità e favorire la comprensione, la comunicazione, lo scambio, il progresso materiale e morale, la civiltà. In certe zone del mondo moderno non è ancora maturata la tendenza a risolvere un problema tramite il confronto, il dialogo perché non si è ancora disposti a rinunciare alle proprie ambizioni e si preferisce lo scontro. E’ una situazione difficile da spiegare, una situazione che sa di antichità e della crudeltà, della ferocia che l’hanno caratterizzata nei rapporti tra popoli o all’interno di un popolo.
Dovrebbe essere l’attuale condizione di progresso, di emancipazione vissuta da molti paesi occidentali a non ammettere simili manifestazioni, a cercare di diffondere, estendere ovunque principi, regole che le condannino e per sempre. Succede, però, che altri interessi si sovrappongano nei rapporti con quei popoli e che solo al momento della guerra, della morte si parli di pace, di vita. Soltanto quando sono alle armi si pensa ad avviare il dialogo con loro. Va pure osservato che alcuni di essi da tempo sono inseriti in contesti internazionali, che i loro territori dispongono di risorse tali che li hanno fatti partecipi di società, di gruppi economici, commerciali molto ampi e che questo ha favorito un loro ammodernamento. Ma si è trattato di un fenomeno soltanto esteriore, limitato alle strutture esterne, ai mezzi da usare, di un fenomeno che si è aggiunto a quanto esisteva e lo ha lasciato immutato, non ha interessato la condizione morale, i modi di vivere, di pensare, la cultura. Sono questi gli aspetti che devono cambiare perché si raggiunga una nuova società, una nuova vita. E’ un processo lungo, avviene lentamente ma se da parte di chi lo dovrebbe avviare si attendono particolari momenti per farlo, per ridurre le distanze, le differenze, queste rimarranno e diventeranno maggiori.
In certi posti una religione, una fede, una convinzione politica, un problema di territorio, di confine, di protettorato, un capo, i suoi fanatismi, possono indurre a commettere azioni gravissime quali attentati sanguinari, ad intraprendere guerre lunghissime anche contro i potenti, a provocare un numero incalcolabile di vittime e di conseguenze per la popolazione. Sono comportamenti molto gravi soprattutto perché rientrano nella mentalità della gente di quei posti, sono accettati, voluti, cercati da essa. Né si può pensare di correggerli, eliminarli se non s’inizia una vasta operazione volta ad incontrare quella gente, ad educarla, formarla, a creare un comune patrimonio di principi, valori, verità, idealità. E’ assurdo pensare che oggi in alcune parti del mondo si sia convinti che bisogna combattere, uccidere e in altre si viva senza problemi, che civiltà e barbarie, pace e guerra, bene e male possano stare insieme e non incontrarsi.
Inquietante è tutto questo anche perché non lascia prevedere quando finirà.
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